Il carattere internazionale di questo seminario coincide pienamente con la struttura della nostra associazione, la (Women ‘s International League for Peace and Freedom ): sono presenti infatti molte donne del Medio Oriente che immaginiamo assoggettate in più casi al potere tradizionale maschile…. Storie di donne raccolte dalla nostra associazione internazionale a partire dalla fondazione nel 1919.
I convegni triennali hanno avuto sempre un carattere internazionale , anzi mondiale, poi globale , essendosi allargato l’orizzonte dai Paesi nord-occidentali dell’ Unione Europea e dagli Stati Uniti, a Paesi extracontinentali che sempre più attraevano la nostra ricerca per l’attuazione del secondo obiettivo della WILPF: la Pace.
Il sogno della Pace era stato partorito in nuce nel cuore dell’orrida Prima Guerra Mondiale. Fu la pace il fondamento stesso dell’internazionalismo della nostra associazione . Dal concetto di pace, al di là del nulla rappresentato da un fazzoletto bianco o da un foulard iridato, si sono aperti come sbocchi logici – direi quasi naturali – almeno tre percorsi:
1. Il rifiuto delle armi. Se le guerre sono alimentate da armi sempre più sofisticate, grazie all’accaparramento da parte dei singoli Stati di beni e di potere, armi di piccolo taglio sono sempre più a portata di mano di soggetti assetati di odio. È questa la situazione in cui ci troviamo oggi e sulla quale è bene riflettere prima di compiere scelte decisive. I resti della Guerra Fredda hanno lasciato sul tappeto due fronti contrapposti: due nemici rispondenti a due ideologie derivanti dal secolo scorso coi contributi immessi dalle forze politiche più recentemente formatesi. Oggi la frantumazione dei partiti, la presunzione dei singoli, l’opera di invasione delle nuove tecnologie e dei media hanno creato un’enorme confusione col risultato di una grande diminuzione del numero dei votanti e del riaffiorare di immagini di odio tra i due nemici, riferite a fascismo e antifascismo, comunismo, capitalismo , cambiamenti climatici… La lotta all’acquisto e al commercio delle armi è e deve avvenire _mediante il lavoro dei contatti in reti internazionali nelle quali la WILPF è impegnata..
2. Dal commercio delle armi passiamo al secondo punto di importanza vitale, che investe, oltre alle armi, settori relativi all’uso e agli investimenti del nucleare. Da vari decenni dopo i disastri di Hiroshima, Nagasaki, Chernobyl, la nostra attività si è sviluppata sullo studio sostenuto da validi fisici sulla natura del nucleare, in particolare sulla distinzione tra nucleare civile e nucleare militare. Il nucleare militare contiene la distruzione del mondo, mentre il nucleare civile può essere un grande aiuto per l’umanità con l’insediamento di centrali nucleari che produrrebbero energia “pulita”, Con questo tipo di soluzioni l’uso del nucleare verrebbe però incoraggiato; ricordiamo a questo proposito un forte appello di scienziati e politici italiani contro l’impiego del nucleare nelle energie rinnovabili.
Riteniamo grave il silenzio dell’Italia sul TPAN, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari firmato all’ ONU nel 2017 che ha superato il numero di 155 ratifiche da parte di tanti Paesi della terra. In Italia con una carovana promossa da WILPF sono state raccolte 10.000 firme che sono state consegnate al presidente Mattarella per l’adesione italiana e la ratifica del Parlamento. Ciò non è ancora avvenuto, per la sudditanza alla Nato…. Questa è una battaglia che non si arresta. Le armi nucleari in forza di questo Trattato devono essere bandite così da salvare il pianeta da totale distruzione. Per questo dobbiamo continuare la nostra battaglia contro i Paesi filoatlantisti che ritengono necessario farsi proteggere dalla presenza di bombe nucleari sui loro territori.
3. Quali altri provvedimenti adottare per superare lo stato di crisi dovuto alla pandemia, ai previsti cambiamenti climatici, agli interventi economici e finanziari per posti di lavoro, annunciati ma non attuati? Come proposta conclusiva penso a una sola che racchiude quanto fin qui espresso: una formazione critica rivolta alle giovani generazioni, in ogni Paese. Formazione critica presuppone alla base uno studio della Storia con visite guidate, dibattiti e riflessioni, incontri con migranti e con le loro storie. Qui l’opera dei docenti è fondamentale e va incoraggiata in ogni Paese.
Altro aspetto è rappresentato dallo studio delle materie scientifiche. Si tratta di uno sforzo indispensabile. Oggi tutto poggia sui contributi offerti alla scienza dalla produzione tecnologica, ma soprattutto è indispensabile l’approfondimento delle nozioni relative all’atomo, ai danni causati alla natura dall’inquinamento, dagli squilibri climatici ….Tutto ciò configura un quadro comprendente strumenti estranei all’istruzione scolastica per guidare a settori fino a poco fa ignoti a studenti e docenti, a partire dagli Accordi di Parigi, dall’Orologio dell’Apocalisse, dall’ecosistema, dal soqquadro degli sconvolgimenti climatici che oggi, fuori dallo spavento delle magie religiose o diaboliche, trovano spiegazioni offerte nell’ambito di scienze innovative che possono trovare un collegamento con l’istruzione scolastica anche locale. È possibile cercare questo rapporto tra tali materie e la ricchezza degli stimoli, i contatti con i rifugiati, le loro storie, la difesa dei diritti, uniche vie che ci possono portare verso un mondo di pace animato da una reciproca comprensione e dall’ impegno generalizzato da parte nostra di proporsi come educatrici delle future generazioni.
Antonia Sani
Roma, 23 ottobre 2021
Uccidere senza intervento umano
Amnesty International e la Campagna Stop Killer Robots – di cui fanno parte oltre 180 organizzazioni di 66 stati (in Italia la Rete Pace Disarmo) – stanno conducendo una campagna globale per l’adozione di norme internazionali per vietare i sistemi d’arma autonomi, molti dei quali sono già in fase di avanzato sviluppo ivi compresi il riconoscimento facciale, i sensori di movimento e la possibilità di lanciare attacchi contro obiettivi determinati senza alcun significativo controllo umano.
Diversi Stati stanno destinando ingenti investimenti a tali sistemi d’arma autonomi, nonostante le devastanti implicazioni per i diritti umani derivanti dall’affidare a delle macchine la gestione dell’uso della forza. Sono gli stessi Stati che per dieci anni hanno bloccato ogni discussione sull’argomento.
Il 2 dicembre il Gruppo degli esperti governativi della Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali si riunirà per decidere se avviare negoziati su una nuova normativa internazionale su questi sistemi d’arma autonomi. Amnesty International e Stop Killer Robots hanno lanciato una petizione che chiede a tutti i Governi di sostenere questa necessità.
“Abbiamo avuto un decennio di colloqui alle Nazioni Unite per discutere delle armi autonome e dei loro pericoli, ma questi scambi diplomatici sono sempre stati bloccati dagli stessi Stati che stanno sviluppando le armi letali autonome. Ora è il tempo di agire, prima che il pericolo si concretizzi”, ha dichiarato Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo che fa parte di Stop Killer Robots.
“Rischiamo di finire in uno scenario da incubo, in cui droni e altre armi avanzate potranno individuare e attaccare obiettivi senza controllo umano. Permettere a delle macchine di prendere decisioni in materia di vita o di morte potrebbe causare violazioni gravissime delle leggi di guerra e dei diritti umani e intensificare la de-umanizzazione digitale della società, riducendo le persone a dati da processare”, ha aggiunto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Comitato internazionale della Croce Rossa, vari Nobel per la pace, 66 stati e migliaia di scienziati chiedono l’adozione di un trattato per impedire questi sistemi d’arma. Contrari alla proposta, giudicata prematura, sono Russia, Israele e Stati Uniti che insieme a Cina, Corea del Sud, Australia, India, Turchia e Regno Unito stanno investendo molte risorse nello sviluppo di sistemi d’arma autonomi.
Il Regno Unito, ad esempio, sta sviluppando un drone privo di guida che può volare in modo autonomo e identificare un bersaglio all’interno di un’area di bersagli precedentemente programmata. La Cina sta creando droni di piccole dimensioni programmati per attaccare qualsiasi obiettivo che emetta temperatura corporea. La Russia ha costruito un carro-armato robot che può essere dotato di mitragliatrici e lanciagranate.
Secondo Amnesty International e la campagna Stop Killer Robots, sostituire le truppe con le macchine incentiverà le decisioni di entrare in guerra. La cosa più grave è che le macchine non possono fare scelte di tipo etico in situazioni imprevedibili sul piano bellico. Impiegarle in guerra così come in operazioni di polizia o nel controllo delle frontiere potrebbe avere conseguenze disastrose.
L’Italia allo shopping di droni kamikaze in Israele
di Antonio Mazzeo
Le forze armate italiane fanno shopping di micidiali droni kamikaze in Israele. Entro un paio di giorni il Parlamento italiano darà l’ok all’acquisizione di velivoli senza pilota di ridotte dimensioni che al posto di telecamere e visori imbarcano bombe ed esplosivi. Avvistato l’obiettivo da colpire, distruggere e uccidere, i droni si lanciano in picchiata e si fanno esplodere al momento dell’impatto.
La notizia sull’ennesimo folle progetto bellicista del governo e delle autorità militari è stata data da Milex, l’Osservatorio sulle spese militari promosso dal giornalista Enrico Piovesana e dal coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo, Francesco Vignarca. Il costo complessivo del programma è stimato in 3,878 milioni di euro in cinque anni, ma il ministero della Difesa ha voluto precisare che in sede di negoziazione del contratto “sarà ritenuta ammissibile una deviazione negli oneri del 10%”. Come dire che alla fine, se tutto andrà bene, i contribuenti italiani si faranno carico di 4,266 milioni di euro.
Il decreto ministeriale di approvazione del piano di acquisizione dei droni kamikaze è stato assegnato alle due Camere lo scorso 22 settembre; il termine massimo per ottenere il parere da parte delle Commissioni difesa di Camera e Senato è stato fissato per lunedì 15 novembre. Nell’atto di governo, si è scelto di indicare il nuovo sistema d’arma con il termine tecnico di munizioni a guida remota (Loitering Ammunitions), ma come spiega Milex, si tratta nei fatti di “piccoli droni armati, dotati di una testata esplosiva, che possono essere teleguidati contro l’obiettivo, anche a decine di chilometri di distanza”.
“Sono letali, precisi, rapidi e sicuri come i droni armati normali perché possono centrare bersagli fissi o anche in rapido movimento senza la necessità di truppe a terra e senza bisogno di aspettare il supporto aereo di elicotteri da attacco o cacciabombardieri esposti al fuoco nemico”, aggiunge l’Osservatorio sulle spese militari. “Questi droni, tuttavia, sono decisamente più versatili perché possono essere trasportati, lanciati e manovrati direttamente da piccole unità isolate di incursori. Ecco dunque perché vengono ritenuti un vero e proprio game changer per imprimere una svolta nella tattica militare e soprattutto abbassare di molto l’asticella delle remore all’uso della forza letale. Tanto più se viene fornita a forze speciali che conducono operazioni segrete”.
E’ lo Stato Maggiore della Difesa a specificare a quali reparti saranno affidati i nuovi droni kamikaze. Si tratta delle Forze speciali di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri: rispettivamente il 9° Reggimento d’Assalto paracadutisti “Col Moschin”, il Gruppo Operativo Incursori del COMSUBIN, il 17° Stormo Incursori e il GIS – Gruppo Intervento Speciale. Dipendono tutti dal Cofs, il Comando interforze per le operazioni delle Forze speciali, costituito il 1° dicembre 2004 all’interno dell’aeroporto di Centocelle, Roma.
“Il programma di acquisizione in esame è da porre in relazione al particolare scenario nel quale sono chiamate ad operare le Unità del Comparto Operazioni Speciali della Difesa, caratterizzato dalla presenza di minacce spesso di natura fugace ed evasiva, difficili da localizzare ed ingaggiare”, scrive lo Stato Maggiore nella nota allegata allo schema di decreto sottoposto al Parlamento. “Al riguardo si fa presente che in tale scenario operativo risulta di primaria importanza equipaggiare le Forze speciali con munizioni a guida remota in grado di assicurare la necessaria capacità di Sorveglianza, Ricognizione ed Ingaggio. Qualora le Unità di Forze Speciali si trovino sotto attacco ed il relativo personale risulti impossibilitato a reagire, le loitering ammunitions consentono di ingaggiare la minaccia senza costringere gli operatori ad esporsi ad essa (…) La finalità operativa del programma è dunque quella di garantire l’autodifesa delle unità di Forze Speciali isolate in teatri operativi, considerato anche il mutato scenario operativo in Iraq (Operazione Prima Parthica) e l’impiego delle unità in operazioni di intelligence”.
L’esplicito riferimento alla missione anti-ISIS per giustificare la costosissima commessa dei droni kamikaze ha giustamente allarmato i ricercatori di Milex. “Il mutato scenario operativo in Iraq è riferito all’escalation di attacchi contro le truppe della Coalizione anti-Daesh e alla preannunciata revisione della missione con il suo passaggio sotto l’egida della Nato e che sulla carta resta non-combat ma che evidentemente non lo è più, almeno per le nostre forze speciali”, spiega l’Osservatorio. “Per quanto riguarda invece le operazioni di intelligence, il pensiero va alla nuova missione anti-terrorismo Task Force Takuba in Mali, anche se si tratta di informazioni che solo il Copasir, il comitato parlamentare che controlla l’operato dei servizi segreti, potrebbe richiedere e possedere”.
Nella scheda tecnica lo Stato Maggiore indica il modello di munizioni a guida remota da acquisire: il sistema “Hero-30”, sviluppato dalla società israeliana UVision. “Hero-30 è costituito da un tubo che all’interno contiene un drone azionato e interamente comandato da un solo uomo”, spiega la Difesa. “La versione originale ha un peso 3 Kg circa con un range operativo che varia dai 5 ai 40 km, con una autonomia di volo di 30 minuti e azionato da un motore elettrico posteriore. Al riguardo si precisa che rispetto alle munizioni LA di classe superiore (definite anche strategiche), il modello UVision Hero-30, pur conservando le caratteristiche di facilità di utilizzo e minima manutenzione, è dotato di maggior flessibilità operativa esprimibile in termini di distanza d’impiego, maggiore play time sul target, maggiore qualità nei sensori, impostazione dell’angolo di attacco e ritardo della detonazione variabili in tempo reale anche durante il volo”.
Sempre secondo lo Stato Maggiore il sistema d’arma israeliano “soddisfa le caratteristiche di bassa emissività acustica, bassa visibilità e facilità di trasporto (in appositi zaini e velocemente assemblabili e smontabili), e possibilità di operare di giorno e di notte”. A seconda delle dimensioni e della missione da svolgere, le munizioni “Hero-30” di UVision potranno essere impiegate direttamente dalle forze speciali sul campo oppure operate da unità di supporto schierate a distanza, in una base o in uno specifico avamposto. “Grazie al sistema in esame – aggiunge la Difesa – sarà possibile effettuare la sorveglianza e mantenere la Situational Awareness in tutte le fasi che prevedano un intervento cinetico su un obiettivo; fornire supporto di fuoco mantenendo la consapevolezza della situazione e l’opportuna distanza di sicurezza; verificare il campo di battaglia rimanendo dietro la linea del fronte; garantire una cornice di sicurezza intorno ad una base operativa avanzata all’interno di un territorio ostile individuando una minaccia a distanza e conseguentemente ingaggiarla”.
Le forze armate italiane intendono acquisire nello specifico le munizioni israeliane “Hero-30” complete di testate esplosive e tubo lanciatore; gli inerti di UVision da addestramento, con paracadute di recupero; i relativi sistemi di controllo GCS. Prevedono inoltre di avvalersi di un pacchetto addestrativo completo per sei operatori, della durata di tre settimane, “da svolgersi in Israele presso la sede di UVision ubicata nella città di Tzur Igal, con 12 sortite con munizionamento inerte”, nonché di un pacchetto d’addestramento avanzato per quattro operatori della durata di due settimane, anch’esso da effettuarsi in Israele. L’azienda UVision fornirà inoltre il supporto logistico integrato, comprensivo di manutenzione basica e gestione/sostituzione di alcune parti di ricambio di consumo. “Trattandosi di munizioni, la manutenzione è prevista principalmente per la versione da addestramento a causa del ripetuto utilizzo in fase di simulazione”, specifica lo Stato Maggiore. L’intero programma si concluderà nel 2025.
“Non si presentano specifiche attività d’interazione con l’industria nazionale”, avverte in conclusione la Difesa. “Tuttavia vi sarà il coinvolgimento di una società appaltata per la manutenzione e riparazione di parti non funzionali del sistema e pertanto il settore industriale particolarmente interessato al programma è quello dell’elettronica e componentistica al dettaglio. L’impatto occupazionale viene pertanto limitato alla PMI nazionale coinvolta (…) ma ciò potrebbero fungere in prospettiva da stimolo iniziale per l’industria italiana ad occupare quote di mercato in un settore, quello delle Loitering Ammunition, di elevato interesse operativo”. Come rileva ancora Milex, è probabile che sarà l’azienda RWM Italia di Domusnovas (Sardegna) a svolgere le attività di manutenzione. “Pochi mesi fa l’amministratore delegato di RWM, Fabio Sgarzi, ha annunciato che stava concludendo un accordo con la UVision per il co-sviluppo e la co-produzione in Italia dei suoi droni kamikaze”, spiega l’Osservatorio sulle spese militari. “La RWM è l’azienda che produceva bombe aeree per la guerra di sauditi ed emirati arabi in Yemen e che ora, dopo il divieto di esportazione decretato dal governo Conte, è alla ricerca di nuovi business”.
Lo sviluppo e l’impiego nei teatri di guerra di questi nuovi sistemi di morte deve tanto al complesso militare-industriale israeliano. “I droni kamikaze o munizioni erranti, possono essere definite come sistemi d’arma a metà strada fra i droni armati e i missili da crociera, di cui mutuano alcune caratteristiche: peculiarità numero uno delle loitering munitions è la loro insistenza sull’obiettivo, inferiore a quella dei droni, ma di gran lunga superiore a quella dei missili”, scrive il ricercatore Francesco Palmas che a queste munizioni ha dedicato un documentato articolo pubblicato da Analisi Difesa il 19 febbraio 2021. “Le loitering munitions hanno mosso i primi passi negli anni ’80 del secolo scorso, nell’ambito delle missioni SEAD, la soppressione delle difese aeree nemiche. Sono un concetto israeliano, maturato nel corso dell’operazione Drugstore contro il Libano, nella valle della Bekaa, nel giugno 1982”.
“Sono il frutto delle lezioni apprese dall’impiego dei droni come esche per attivare i radar delle batterie di difesa aerea siriane e fornire bersagli paganti ai missili antiradiazione degli aerei israeliani (…) Volevano eliminare l’OLP, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, dal Libano. Così il 9 giugno 1982, Israele lanciò l’operazione Artzav-19, inviando droni Mastiff per ingannare i radar siriani”, aggiunge l’analista. Dopo fu scatenato un attacco massiccio da parte dei cacciabombardieri israeliani che in poche ore annientarono tutte le batterie SAM e numerosi jet siriani.
“Pochi anni dopo, nel 1990, Israel Aerospace Industries (IAI) svelò al pubblico l’Harpy, una loitering munition capace di circuitare sei ore di seguito su una zona d’interesse”, spiega Francesco Palmas. “Regina dei droni-kamikaze e non solo, Israele pullula di aziende hi-tech. UVision Air Ltd. è una referenza del settore con la serie delle munizioni circuitanti Hero-30, 70, 120, 250, 400EC, 900 e 1250, molto diffuse anche fra alcuni eserciti di punta della NATO”.
L’azienda israeliana con cui il governo italiano firmerà il contratto di 4 milioni di euro ha il proprio quartier generale nel “Sapir Industrial Park” di Zur Igal. Oltre alle loitering munition, enfatizzate dai manager di UVision come “soluzioni letali che rispondo alle richieste nei nuovi scenari di guerra”, vengono pure progettati e prodotti sistemi di guida e navigazione aerea, munizioni per “attacchi ad alta precisione” e stazioni C4 integrate con link e centri di telecomunicazione.
Presidente del Consiglio d’amministrazione di UVision Air Ltd. è l’ex generale Avi Mizrachi, già capo del Comando centrale delle forze armate israeliane e, dopo aver lasciato la divisa, responsabile vendite per l’area del sud-est asiatico di una delle aziende leader del complesso militare-industriale israeliano, Elbit Systems Ltd.. Vicepresidente è l’ingegnere Shlomo Hakim “con un’esperienza ventennale nel settore dei velivoli senza pilota e maggiore contribuente allo sviluppo della famiglia delle Hero loitering munition”, come riporta la sua biografia aziendale. Del Cda fa pure parte l’ex pilota colonnello dell’Aeronautica militare Zvika Alon, poi responsabile operative di RADA Electronic Industries Ltd. e direttore del settore ingegneria aeronautica di Israel Aerospace Industries per cui ha curato, tra l’altro il progetto “Lavi”, il caccia multiruolo operativo dal 1987 e utilizzato in tutte le operazioni di strike a Gaza, in Libano e in Siria.
Presidente del board dei direttori della società è l’ingegnere Yair Ramati, in precedenza responsabile dell’agenzia del governo israeliano preposta allo sviluppo e alla realizzazione dei sistemi di difesa missilistica e poi vicepresidente del gruppo aerospaziale IAI. Vicepresidente è invece il generale (in pensione) Agay Yehezkel, già a capo della Divisione pianificazione dello Stato maggiore israeliano. Nel board compare anche l’ingegnere Joseph Weiss, “esperto di sistemi missilistici e spaziali”, già capitano della Marina militare e presidente del Cda di Israel Aerospace Industries dal 2012 al 2018. Dulcis in fundo, tra i direttori di UVision c’è pure Yair Dubester, già manager generale IAI nella divisione droni, la più rinomata a livello mondiale per la produzione di velivoli da guerra a pilotaggio remoto.
Lascia un commento