DA ISTANBUL A GERUSALEMME

Mentre Erdogan voleva espellere gli ambasciatori occidentali per le critiche sui diritti umani violati, in Israele tutti coloro che lottano per la difesa di tali diritti, se palestinesi, vengono qualificati come terroristi
Domenico Gallo

Mentre Erdogan voleva espellere gli ambasciatori occidentali per le critiche sui diritti umani violati, in Israele tutti coloro che lottano per la difesa di tali diritti, se palestinesi, vengono qualificati come terroristi

Domenico Gallo

La sottile linea rossa è un film del regista americano Terrence Malick, girato nel 1998, che, uscendo fuori da ogni retorica, ci mette di fronte all’orrore della guerra del Pacifico come metafora della follia di ogni guerra. Gli eventi di questa settimana ci mettono di fronte ad altri disastri, per fortuna meno sanguinosi, ma gravidi di conseguenze negative e fanno emergere un filo diretto, una sottile linea nera, che collega Istambul a Gerusalemme.
Ha suscitato clamore lo schiaffo che il nuovo sultano della Turchia ha inferto ai principali Paesi occidentali dichiarando di voler espellere gli ambasciatori di Stati Uniti, Francia e Germania. Canada, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia che avevano firmato un appello per la liberazione del filantropo Osman Kavala, detenuto da oltre 4 anni. Il dissidente aveva fondato l’organizzazione Anadolu Kultur, da sempre impegnata nella promozione di arte, cultura e nella lotta alla violazione dei diritti dell’uomo.
Non c’è dubbio che in Turchia tutti coloro che lottano contro la violazione dei diritti umani si trovano in serio pericolo, tanto che vengono qualificati come terroristi e sottoposti a persecuzione. La Corte europea dei diritti dell’Uomo, con una sentenza del 10/12/2019 aveva condannato la Turchia e ordinato l’immediato rilascio di Kavala, bollando come illegale la privazione della libertà del dissidente. La Turchia ha aderito alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo nel 1950, tuttavia Erdogan, non solo non ha dato corso alla sentenza della CEDU, ma addirittura ha avuto l’impudenza di rivoltarsi contro gli ambasciatori dei principali paesi occidentali che lo richiamavano al rispetto degli obblighi internazionali, invocando l’indipendenza della magistratura.
Senonchè proprio l’indipendenza della magistratura è stato il primo ed immediato bersaglio del controgolpe attuato da Erdogan nel luglio del 2016. Con l’arresto di 2745 giudici e pubblici ministeri, il licenziamento di 4.560 magistrati, le purghe di massa nell’Università e nelle scuole, l’arresto di migliaia di avvocati, Erdogan ha trasformato la Turchia da Repubblica laica in una sorta di emirato islamico.
Il fatto che, dopo il crollo della lira, Erdogan abbia fatto marcia indietro, revocando l’espulsione dei diplomatici, non cambia la sostanza del problema che consiste in una orgogliosa rivendicazione di indipendenza dalle regole di civiltà che governano le comunità umane.
Negli stessi giorni in cui esplodeva il caso Turchia, Israele assestava impunemente un colpo durissimo alla società civile palestinese. Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz, ai sensi della legge nazionale antiterrorismo israeliana del 2016, ha dichiarato “organizzazioni terroristiche” sei associazioni della società civile palestinese attive nel campo della protezione dei diritti umani: Al-Haq, Addameer, Defense for Children-International, Union of Palestinian Women’s Committees, the Bisan Research and Advocacy Center e Union Of Agricultural Work Committees.
Con questa dichiarazione Gantz ha autorizzato l’esercito a chiudere i loro uffici, a sequestrare i loro beni e ad arrestare e incarcerare il loro personale. Fra le associazioni messe al bando la più importante è AL HAQ, che da oltre trent’anni documenta le massicce violazioni dei diritti umani commesse da Israele nei territori occupati, collaborando con l’ONU. Secondo il suo Direttore Shawan Jabarin non sarebbe una coincidenza «che le misure punitive contro Al Haq e altre organizzazioni sia arrivata subito dopo l’apertura di un’indagine della Corte penale internazionale sui crimini di Israele in Palestina». Human Rights Watch e Amnesty International, hanno espresso la loro ferma condanna della “fatwa” di Gantz in un comunicato congiunto nel quale affermano che continueranno a collaborare con i partner palestinesi. Ma la condanna più dura è quella del centro israeliano per i diritti umani B’Tselem che, senza peli sulla lingua, ha dichiarato: «è una mossa che caratterizza i regimi totalitari».
Come in Turchia adesso anche in Israele tutti coloro che lottano contro la violazione dei diritti umani, se palestinesi, vengono qualificati come terroristi e sottoposti a persecuzione. Sono questi gli esempi ultimi è più gravi di un’onda nera che dalla Polonia, all’Ungheria, alla Turchia a Israele, sta travolgendo la democrazia, rinnegando quelle conquiste di civiltà scritte nelle Carte dei diritti, che sono il frutto più prezioso della lezione della Storia.
Sono tornate d’attualità le parole scritta da Thomas Mann nella prefazione alle lettere dei condannati a morte della resistenza europea (1954): “Viviamo in un mondo di perfida regressione, in cui un odio superstizioso e avido di persecuzione si accoppia al terror panico (.) Una costellazione fatale sovverte la democrazia e la spinge nelle braccia del fascismo, che essa ha appena abbattuto, solo per aiutarlo, non appena a terra, a risollevarsi in piedi per calpestare, ovunque li trovasse, i germi del meglio e macchiarsi con ignobili alleanze”. Oggi una nuova costellazione fatale sta sovvertendo la democrazia e si sta estendendo in diversi paesi e con varie forme. Ma noi non possiamo rassegnarci e continueremo a denunziare con Kavala, con Al Haq e tanti altri, le violenze e gli abusi che corrompono la democrazia e oscurano il futuro.

Domenico Gallo

La critica degli esperti delle Nazioni Unite

GINEVRA (25 ottobre 2021) – Gli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani hanno condannato oggi la decisione del ministro della Difesa israeliano Benny Gantz di definire organizzazioni terroristiche sei associazioni palestinesi per i diritti umani e a favore della società civile.
“Questa definizione è un attacco frontale al movimento per i diritti umani palestinese e ai diritti umani ovunque”, hanno affermato gli esperti. “Mettere a tacere le loro voci non è ciò che farebbe una democrazia rispettosa di diritti umani e norme umanitarie universalmente accettate. Chiediamo alla comunità internazionale di sostenere i difensori”.
Gli esperti hanno affermato che le leggi antiterrorismo sono progettate per uno scopo specifico e ristretto e non devono essere utilizzate per minare ingiustificatamente le libertà civili o per limitare il lavoro legittimo delle organizzazioni per i diritti umani. Essi hanno aggiunto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Assemblea Generale e il Consiglio per i Diritti Umani sono stati tutti chiari sulla necessità di applicare misure antiterrorismo in modo coerente con il diritto internazionale e di non violare gli obblighi internazionali degli Stati.
“Tale uso improprio delle misure antiterrorismo da parte del governo israeliano mette in pericolo la sicurezza di tutti”, hanno dichiarato gli esperti. “Le libertà di associazione e di espressione devono essere pienamente rispettate al fine di consentire alla società civile di svolgere il proprio indispensabile lavoro e non possono essere compromesse dall’abuso manifestamente eclatante della legislazione antiterrorismo e sulla sicurezza”.
Le sei organizzazioni palestinesi sono Addameer, Al-Haq, Defense for Children International – Palestine [Difesa internazionale dei bambini – Palestina, ndtr.], Union of Agricultural Work Committees [Unione dei comitati del lavoro agricolo, ndtr.], Bisan Center for Research and Development [Centro Bisan per la ricerca e lo sviluppo, ndtr.] e Union of Palestine Women Committees [Unione dei comitati delle donne palestinesi, ndtr.]. All’interno delle comunità con cui lavorano ci sono donne e ragazze palestinesi, bambini, famiglie di contadini, prigionieri e attivisti della società civile, ognuno dei quali esposto ad una crescita del grado di discriminazione e persino di violenza.
“Queste organizzazioni parlano il linguaggio dei diritti umani universali”, hanno affermato gli esperti. “Affrontano il loro lavoro basandosi sui diritti, inclusa un’analisi di genere, per documentare violazioni dei diritti umani di ogni tipo in Palestina, comprese quelle connesse alle imprese”.
Questa definizione vieterebbe di fatto a questi difensori dei diritti umani di svolgere il loro lavoro e consentirebbe ai militari israeliani di arrestare il loro personale, chiudere i loro uffici, confiscare i loro beni e proibire le loro attività e l’impegno a favore dei diritti umani. Gli esperti sottolineano la loro preoccupazione che almeno per una di queste organizzazioni questa decisione possa essere stata presa come una forma di rappresaglia nei confronti della cooperazione con gli organismi delle Nazioni Unite.
“Negli ultimi anni l’esercito israeliano ha spesso preso di mira i difensori dei diritti umani, mentre intensificava il suo intervento di occupazione, proseguiva la sua sfida al diritto internazionale e aggravava il suo primato di violazioni dei diritti umani”, hanno affermato gli esperti. “Mentre le organizzazioni internazionali e israeliane per i diritti umani hanno dovuto affrontare pesanti critiche, restrizioni legislative e persino espulsioni, i difensori dei diritti umani palestinesi hanno dovuto sempre subire le costrizioni più severe”.
Gli esperti sui diritti umani hanno invitato la comunità internazionale a far uso della sua gamma completa di strumenti politici e diplomatici per chiedere a Israele di rivedere e revocare questa decisione. “Queste organizzazioni della società civile sono i canarini nella miniera di carbone dei diritti umani, che ci mettono in guardia sui modelli di violazioni, ricordando alla comunità internazionale i suoi obblighi di garantire l’attribuzione di responsabilità e fornendo voce a coloro che non ne hanno”, hanno affermato gli esperti.
Michael Lynk, Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967; Mary Lawlor, Relatrice Speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani; Sig.ra Fionnuala Ní Aoláin, Relatrice Speciale sulla promozione e la protezione dei diritti umani nella lotta al terrorismo; Irene Khan, Relatrice Speciale per la promozione e la tutela del diritto alla libertà di opinione e di espressione; Melissa Upreti (presidente), Dorothy Estrada Tanck (vicepresidente), Elizabeth Broderick, Ivana Radačić e Meskerem Geset Techane, gruppo di lavoro sulla discriminazione contro le donne e le ragazze; Reem Alsalem, Relatrice Speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze; Clément N. Voule Relatore Speciale dell’ONU sul diritto di riunione e associazione pacifica; Surya Deva (presidente), Elżbieta Karska (vicepresidente), Githu Muigai, Dante Pesce e Anita Ramasastry del gruppo di lavoro su imprese e diritti umani: Siobhán Mullally, Relatrice Speciale sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini;
I Relatori Speciali fanno parte delle cosiddette Procedure Speciali del Consiglio dei Diritti Umani. Procedure speciali, il più importante organismo di esperti indipendenti all’interno dell’istituzione sui diritti umani delle Nazioni Unite, è la denominazione generica dei sistemi indipendenti di indagine e monitoraggio conoscitivi del Consiglio che affrontano situazioni specifiche di un Paese o questioni tematiche in tutte le parti del mondo. Gli esperti delle Procedure Speciali lavorano su base volontaria; non sono dipendenti delle Nazioni Unite e non ricevono uno stipendio per il loro lavoro. Sono indipendenti da qualsiasi governo o organizzazione e prestano servizio a titolo individuale.

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