Schiavo, servo, operaio, artigiano. Sono i nomi evocati dalla festa del lavoro. Lo schiavo in latino servus, poi slavus (slavo); il servo e la serva al ‘servizio’ delle famiglie nobili e borghesi; l’operaio, il lavoratore della fabbrica. Non affrontiamo la delicata storia del movimento operaio con le sue conquiste e sconfitte che ha dato origine alla festa del primo maggio.
Oggi, voglio ricordare l’artigiano. L’artifex, colui che faceva qualcosa di artistico, inventava, produceva un manufatto: lo scultore, il falegname, il fabbro, la sarta, la cuoca ecc. Era una situazione privilegiata la sua, disponeva di una bottega, non dipendeva da un padrone, non era ‘sfruttato’. Il bravo artigiano era rispettato, richiesto, andava a testa alta tra i primi cittadini del paese. Di lui c’era bisogno. Anche il contadino in certo modo, era un artigiano, quando non era un ‘servo della gleba’ senza terra e schiavo del signor padrone. L’artigiano e il contadino possedevano un mestiere, un’arte, cioè la sapienza intellettuale e manuale tramandata attraverso gli anziani e i maestri che conoscevano i segreti del lavoro e lo tramandavano agli apprendisti. Erano inventori e creatori. Come dio che dopo aver fatto la luce, la terra, le piante, gli animali e Adamàh, l’uomo/donna, si compiaceva dei suoi capolavori, così l’artigiano è contento del suo opus che è utile, fatto a regola d’arte e bello, bonum, verum et pulchrum; lo contempla soddisfatto e se ne priva con fatica. Nel libro pubblicato dalla Gazzetta di Modena sui sindaci italiani del dopoguerra, (Piccoli, grandi, sindaci d’Italia Sogni idee che hanno fatto la storia del ‘900), viene ricordato Alfeo Corassori partigiano, comunista (posso dirlo?) sindaco di Modena dal 1945. Nel 1950 mise a disposizione cento lotti di terreno agricolo serviti da strade, rete elettrica, fognature ecc. Li consegnò a cento artigiani: ‘Ecco la terra, io vi anticipo il denaro per costruirvi la vostra bottega’ disse. Operai licenziati dalle grandi fabbriche, ex contadini, piccoli artigiani che lavoravano in garage o in una stalla, diedero inizio ad una gloriosa avventura tutta modenese: la meccanica nata al Villaggio Artigiano di Modena. Impararono alla scuola serale Corni a leggere i disegni e a conoscere i materiali. Costruirono attrezzature, inventarono macchine, crearono un mercato, fondarono grandi aziende: la fortuna della città.
Nelle sculture e pergamene del duomo di Modena e dell’Abbazia di Nonantola, il lavoro viene nobilitato, quasi una redenzione dalla maledizione primeva dopo la colpa dei progenitori. Ecco i mestieri del contadino nei 12 mesi dell’anno nella Porta di Pescheria. E poi in altre sculture di Wiligelmo, Adamo ed Eva che lavorano insieme la terra, lo scalpellino, il falegname, il fabbro, il muratore ma anche (a Nonantola), lo scrivano e il pastore che rappresentano il laborioso popolo modenese. )
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