LE RESPONSABILITÀ AMERICANE PER LA GUERRA IN UCRAINA

“Gli Stati Uniti sono più riluttanti della Russia nella ricerca di una pace negoziata. Negli anni Novanta l’America sbagliò a negare gli aiuti a Mosca”. La responsabilità di Bush padre e di Clinton. Putin criminale di guerra?

“Gli Stati Uniti sono più riluttanti della Russia nella ricerca di una pace negoziata. Negli anni Novanta l’America sbagliò a negare gli aiuti a Mosca”. La responsabilità di Bush padre e di Clinton. Putin criminale di guerra?

Jeffrey Sachs, direttore dello Earth Institute della Columbia University, nominato nel 2021 da papa Francesco all’Accademia Pontificia, ha rilasciato questa intervista sulle responsabilità degli Stati Uniti e dell’Occidente che hanno determinato la guerra in Ucraina. Sachs fu consigliere economico del Cremlino fra il 1990 e il 1993. Questa l’intervista:

Imporre sanzioni sempre più dure sulla Russia è la linea giusta?
«Accanto alle sanzioni abbiamo bisogno di una via diplomatica. Negoziare la pace è possibile, sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina e escludendo che aderisca alla Nato. Il grande errore degli americani è credere che la Nato sconfiggerà la Russia: tipica arroganza e miopia americana. È difficile capire cosa significhi “sconfiggere la Russia”, dato che Vladimir Putin controlla migliaia di testate nucleari. I politici americani hanno un desiderio di morte? Conosco bene il mio Paese. I leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Sarebbe molto meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della “sconfitta” di Putin».

Ma Putin non vuole la pace. Ha dimostrato che non gli interessa negoziare e va avanti con una guerra totale all’Ucraina, senza distinguere fra militari e civili. Come crede che funzionino dei negoziati in una situazione del genere?
«La mia ipotesi è che gli Stati Uniti siano più riluttanti della Russia a una pace negoziata. La Russia vuole un’Ucraina neutrale e l’accesso ai suoi mercati e alle sue risorse. Alcuni di questi obiettivi sono inaccettabili, ma sono comunque chiari in vista di un negoziato. Gli Stati Uniti e l’Ucraina invece non hanno mai dichiarato i loro termini per trattare. Gli Stati Uniti vogliono un’Ucraina nel campo euro-americano, in termini militari, politici ed economici. Qui si trova la ragione principale di questa guerra. Gli Stati Uniti non hanno mai mostrato un segno di compromesso, né prima che la guerra scoppiasse, né dopo».

Può fornire elementi concreti di ciò che lei dice?
«Quando Zelensky ha lanciato l’idea della neutralità, l’amministrazione americana ha mantenuto un silenzio di tomba. Ora, stanno convincendo gli ucraini che possono realmente sconfiggere Putin. Ma, appunto, anche solo l’idea di sconfiggere un Paese con così tante armi atomiche è una follia. Ogni giorno setaccio i media per trovare almeno un caso di un esponente statunitense che approvi l’obiettivo di negoziare un accordo. Non ho visto di una sola dichiarazione su questo».

Stati Uniti e Europa devono discutere con Putin per arrivare a una pace o dovrebbero aspettare la fine del suo regime, perché è un criminale di guerra?
«Discutere, sicuramente. Se vogliono processare Putin per crimini di guerra, allora devono aggiungere alla lista degli imputati George W. Bush e Richard Cheney per l’Iraq, Barack Obama per la Siria e la Libia, Joe Biden per aver sequestrato le riserve in valuta estera di Kabul, alimentando così la fame in Afghanistan. E l’elenco non finisce qui. Non intendo scagionare Putin. Voglio sottolineare che bisogna fare la pace, ammettendo che siamo nel pieno di una guerra per procura tra due potenze espansioniste: la Russia e gli Stati Uniti. Non per nulla al di fuori degli Stati Uniti e dell’Europa, pochi Paesi sono schierati con l’Occidente su questo. Giusto gli alleati degli Stati Uniti come il Giappone e la Corea del Sud. Gli altri vedono all’opera la dinamica delle grandi potenze».

La Russia però qui l’aggressore, che neanche aveva subito provocazioni. Non trova?
«La Russia ha iniziato questa guerra, certo, ma in buona parte perché ha visto gli Stati Uniti entrare in modo irreversibile in Ucraina. Nel 2021, mentre Putin chiedeva agli Stati Uniti di negoziare l’allargamento della Nato all’Ucraina, Biden ha raddoppiato la scommessa diplomatica e militare. Non solo ha rifiutato di discutere con Mosca l’allargamento della Nato, ma ha fatto sì che l’impegno della Nato in questo senso fosse rinnovato al vertice del 2021, e poi ha firmato due accordi con l’Ucraina sul tema. Gli Stati Uniti hanno anche continuato le esercitazioni militari e le spedizioni di armi su larga scala. Tra l’altro è interessante vedere come gli Stati Uniti e l’Australia si stiano strappando i capelli per un patto di sicurezza tra la Cina e le piccole Isole Salomone, a 3.000 chilometri dall’Australia. Questo accordo viene visto come una terribile minaccia alla sicurezza dall’Occidente. Come si deve sentire allora la Russia riguardo all’allargamento della Nato all’Ucraina?».

Dunque lei cosa suggerisce?
«Per salvare l’Ucraina dobbiamo porre fine alla guerra, e per porre fine alla guerra abbiamo bisogno di un compromesso in cui la Russia si ritira e la Nato non si allarga. Non è difficile, eppure gli Stati Uniti non accennano neanche all’idea, perché sono contrari. Gli Stati Uniti vogliono che l’Ucraina combatta per proteggere le prerogative della Nato. Già questo è un disastro ma, senza una soluzione ragionevole e razionale, ci aspettano rischi molto più grandi».

L’argomento dell’allargamento della Nato può non convincere, professore. Prima della guerra l’Ucraina non aveva nemmeno un Membership Action Plan (una «roadmap») per l’adesione. E il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato al Cremlino, davanti a Putin, che l’Ucraina non sarebbe entrata nella Nato «finché noi due saremo in carica» (cioè almeno fino al 2036). Non sembra proprio una ragione sufficiente per invadere…
«Dire che l’Ucraina non entrerà sembra proprio un espediente americano. In realtà, gli Stati Uniti si stavano già impegnando molto per arrivare all’interoperabilità militare dell’Ucraina con la Nato, in modo che a un certo punto l’allargamento sarebbe diventato sostanzialmente un fatto compiuto. Come il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov stesso ha detto di recente, il ministero della Difesa dell’Ucraina brulicava già di consiglieri dell’Alleanza atlantica. L’idea che l’allargamento non avrebbe avuto luogo è in realtà più un’operazione di pubbliche relazioni che una verità. È la strada scelta dagli Stati Uniti, come mostra in ogni politica di oggi. Il punto fondamentale è che gli Stati Uniti si rifiutano di discutere la questione. Questo è già un indizio».

Le sanzioni devono essere a oltranza o vanno vincolate a risultati tangibili: magari prevedendo che alcune saltano se la Russia accetta un cessate il fuoco o si ritira dall’Ucraina?
«Le sanzioni andrebbero revocate come parte di un accordo di pace. La guerra in Ucraina è terribile, crudele e illegale, ma non è la prima guerra del genere. Gli Stati Uniti sono stati anche coinvolti in innumerevoli avventure irresponsabili: Vietnam, Laos, Cambogia, Afghanistan, Iran (golpe e dittatura del 1953), Cile, Iraq, Siria, Libia, Yemen. Questo solo per citarne alcune, perché ce ne sarebbero molte altre. Eppure gli Stati Uniti non sono stati banditi in permanenza dalla comunità delle nazioni. Neanche la Russia dovrebbe esserlo. Invece gli Stati Uniti parlano di isolare la Russia in permanenza. Di nuovo, è la tipica arroganza statunitense».

Che pensa delle sanzioni sul petrolio e il gas russi in discussione in Europa, per paralizzare finanziariamente la macchina militare di Putin?

«L’Unione europea dovrebbe muoversi in modo molto più deciso per favorire un accordo di pace. Un embargo totale su petrolio e gas probabilmente getterebbe l’Europa in una recessione. Non lo consiglio. Non cambierebbe in modo decisivo l’esito della guerra e non influirebbe molto su un accordo di pace, ma danneggerebbe l’Europa pesantemente».

La preoccupa che l’inflazione possa alimentare il populismo in Occidente, dato che gli elettori ne danno la colpa alle sanzioni e non alla guerra scatenata da Putin?
«Sì, la guerra e le sanzioni stanno già creando difficoltà politiche in molti Paesi e un forte aumento della fame nei Paesi più poveri, in particolare in Africa, che dipendono molto dai cereali importati. Anche Biden pagherà un prezzo politico al carovita alle elezioni di novembre. Si noti che questi shock dal lato dell’offerta si stanno verificando dopo un lungo periodo di espansione monetaria, quindi c’è ampio spazio perché l’inflazione corra. Ci aspetta un periodo difficile sul piano macroeconomico».

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