L’Italia ripudia la guerra, l’Italia sposa la Terra

Relazione del Presidente al Comitato Direttivo di Costituente Terra sul conflitto in Ucraina

Pubblichiamo la relazione sul conflitto in Ucraina tenuta il 3 marzo 2022 da Raniero La Valle al Comitato Direttivo di “Costituente Terra” dal titolo “Guerra e Costituzioni”

NOI ABBIAMO SBAGLIATO quando prendendo posizione nelle newsletter e nei nostri siti non abbiamo creduto alla guerra che ogni giorno i dirigenti politici e la stampa di tutto il mondo davano per imminente o già iniziata. La domenica davano la guerra per martedì, come se avessero fretta di vedere confermate le proprie previsioni.
NOI ABBIAMO SBAGLIATO e ce ne scusiamo con coloro che abbiamo criticato e deplorato.
Abbiamo sbagliato perché ritenevamo inverosimile che la Russia, conoscendo la protervia dei propri antagonisti, avrebbe assunto il rischio di provocare una guerra che poteva degenerare in una guerra mondiale.
Abbiamo sbagliato nonostante che tutte le motivazioni della guerra fossero già note, e non perché questa notitia criminis fosse ossessivamente amplificata dai Servizi segreti, ma perché bastava leggere i giornali.
Né esiste per noi l’alibi che la politica internazionale sia di difficile interpretazione. Lo aveva detto proprio Putin nella lunga intervista del 2015 al regista americano Olivier Stone: “la logica che guida le dinamiche del mondo sono sotto gli occhi di tutti. Non è necessario accedere a documenti segreti. Se la gente seguisse regolarmente quanto succede nel mondo – aveva aggiunto – non sarebbe facile manipolarla e confonderla”.
E poiché i giornali, e non solo, hanno personalizzato questa guerra facendone la guerra di Putin, additandolo come il nuovo Hitler, sarebbe bastato tenere conto della psicologia di Putin per sapere come si sarebbe comportato. Lui stesso l’aveva rivelato in quell’intervista a Olivier Stone, quando aveva raccontato la storia del topo. Aveva detto che quando era ragazzo aveva attaccato un topo con un bastone, e quello aveva cercato di saltargli addosso. Allora lui era scappato, e benché fosse piccolo correva più veloce del topo. Allora scese la scale, il pianerottolo e ancora scale. E il topo cosa fece? Saltò dritto da una rampa di scale all’altra. L’aveva fatto proprio arrabbiare, commentò Stone. Ma la morale che lui ne ha tratto è che non bisogna mai intrappolare un topo in un angolo. Ed è esattamente – ha detto Putin – quello che avevo fatto io. Ed ha concluso: nessuno deve essere messo all’angolo. Nessuno deve essere portato fino al punto in cui non ha più vie d’uscita.
Ora, nella valutazione di Putin la NATO, estendendosi fino comprendere l’Ucraina, aveva messo la Russia nell’angolo. I missili nucleari schierati in Ucraina sarebbero a 30 secondi da Mosca, e da Mosca l’Ucraina è considerata la porta di casa della Russia, e anzi la Russia stessa, così come da Washington l’America Latina è considerata il cortile di casa degli Stati Uniti, se non gli Stati Uniti stessi.
Con la NATO in Ucraina si sarebbe chiuso l’accerchiamento della Russia perché a Ovest la NATO si era già allargata inglobando la Romania, la Bulgaria, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia, l’Ungheria, l’Albania, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, oltre naturalmente l’ex Germania dell’Est, Paesi tutti che erano stati membri del Patto di Varsavia; a Nord e ad Est incrociano poi le flotte nucleari, sottomarine e di superfice, dell’Oceano Artico e del Pacifico; solo a Sud il cerchio non si chiude. Lo ha fatto vedere nella trasmissione “Atlantide” Andrea Purgatori che aveva preso l’iniziativa di riproporre, sia pure con la precauzione di prenderne le dovute distanze, l’intervista di Putin a Stone, offrendo elementi di giudizio pur nel quadro dell’unanime condanna senza se e senza ma indirizzate alla Russia da tutta la classe politica e dalla stampa italiane.
Indubbiamente essa si merita questa condanna senza se e senza ma, condanna che non deve trovare eccezione per alcuna guerra, che in nessun modo può essere considerata giusta. Semplicemente la Russia di Putin non avrebbe dovuto ricorrere alla guerra per farsi giustizia da sé; è “fuori della ragione”, come aveva detto Giovanni XXIII nella “Pacem in Terris” (n. 67), che “in questa età, che si gloria della potenza atomica (vi atomica gloriatur), la guerra sia atta a risarcire i diritti violati”. Abbandonando il sistema di sicurezza collettiva e tornando al vecchio sistema della sicurezza degli uni al prezzo della rovina degli altri, la Russia è uscita dalla legalità internazionale. Come ha scritto subito Domenico Gallo “l’intervento militare della Russia contro l’Ucraina non costituisce un’azione legittima di difesa delle due Repubbliche del Donbass” (questa ne è stata solo la motivazione formale) “ma costituisce una violazione del divieto dell’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, interdetta dall’art. 2 comma 4 della Carta dell’ONU. Quali che siano le controversie tra gli Stati, e quali che siano le ragioni dell’uno o dell’altro, queste non possono essere risolte affidandosi al giudizio delle armi”.
Ma invadendo l’Ucraina Putin oltre che un crimine di diritto internazionale ha commesso un gravissimo errore, passando dalla parte del torto e cambiando nemico, non più identificato con la NATO ma divenuto l’Ucraina. Ma se la NATO era un nemico plausibile, non così l’Ucraina, ridotta dagli uni e dagli altri al rango di vittima.
La NATO non è una semplice entità politica, ma è una forza militare sovrana, Ferrajoli la chiamerebbe una persona artificiale, che ha infatti direttamente condotto la guerra contro la Jugoslavia a sostegno del Kossovo, riuscendo a disgregarla e distruggerla. È una cosa che ho vissuto personalmente quando, con una delegazione del “Ponte per” (l’antico “Ponte per Bagdad”) con cui mi ero recato a Belgrado per portarvi degli aiuti, siamo scampati per miracolo al bombardamento degli aerei della NATO la notte in cui distrussero la torre della televisione jugoslava (in tutte le guerre si distruggono le torri della TV) e investirono con i missili l’ambasciata cinese e l’albergo Jugoslavia che avevamo appena lasciato. Fu la povertà che allora ci salvò, perché avevamo trovato che l’albergo Jugoslavia era troppo caro per noi ed eravamo andati a dormire altrove. Ma la Russia non è la Jugoslavia e avrebbe meritato una diversa considerazione strategica, almeno nell’interesse dello stesso Occidente.
Ciò detto si deve però anche dire, contro l’opinione comune, che i “se” possono essere invocati riguardo ai precedenti e allo scoppio stesso della guerra, ed i “ma” riguardo a quanto ne è seguito e ai modi con cui ad essa si è dato risposta.
Quanto ai “se”, non ci sarebbe stata guerra se non si fosse negata qualsiasi alternativa all’ingresso dell’Ucraina nella NATO. In effetti non erano in gioco gli interessi vitali di nessuno, perciò sarebbe bastato un accordo sulla sicurezza senza far entrare la NATO in Ucraina. Se poi questo era, come suonano le accuse, solo un pretesto colto da Putin per assecondare le sue pulsioni neoimperiali, sfogare la sua fobia antiamericana, ricostituire l’Unione Sovietica e restaurare addirittura il millenario impero di Pietro il grande e di san Pietroburgo, allora perché non metterlo alla prova togliendogli tale pretesto?
Quanto ai “ma”, gli Stati Uniti prima hanno spinto l’Ucraina fino alla linea del fuoco, e poi dichiarato che nemmeno un soldato americano sarebbe andato sul suo suolo per difenderla nella guerra da loro provocata, come del resto era prevedibile già prima.
La decisione americana di non intervento è stata naturalmente giustissima sia per il rischio estremo di una guerra mondiale e addirittura nucleare che sarebbe stato provocato da uno scontro dei grandi eserciti nel cuore dell’Europa, sia per lo spettro delle precedenti guerre sbagliate e perdute.
Questo però ha fatto sì che l’Ucraina si sentisse tradita e abbandonata dal principale alleato e perciò in credito verso di esso, mentre nel contempo veniva attaccata dalla sua ex madrepatria da cui veniva usata come ultimo baluardo e messa alla prova della propria sicurezza.
In tal modo l’Ucraina è stata presa dagli uni e dagli altri come vittima sacrificale, e come spesso accade con la vittima sacrificale, almeno secondo l’analisi di René Girard (fatta eccezione di Gesù che ne ha smascherato il meccanismo) l’Ucraina stessa ha provocato il suo sacrificio attraverso l’insensata e letale politica della sua classe dirigente golpista.
Poi alla Russia sono state irrogate sanzioni capaci di provocare al suo popolo il massimo dolore, di metterla fuori del sistema monetario e del commercio mondiale, e in sintesi di precipitarla nella condizione di paria. Tutto ciò letteralmente annunciato da Biden, e poi fatto proprio dal corteggio dell’Europa e di tutto l’Occidente.
Ora, a parte l’efficacia e l’autolesionismo di queste sanzioni, sottrarre a qualcuno l’uso del denaro e del commercio può sembrare una misura non bellicosa e moderna, ma è in realtà una misura apocalittica ed antica. Nell’apocalisse di Giovanni si descrive infatti la guerra finale nella quale la bestia che raffigura i poteri mondani mette sulle mani e sulla fronte di tutti, “piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi” un marchio che per così dire li accredita, in modo che nessuno che non abbia tale marchio possa “comprare e vendere”, cioè possa vivere. Dunque se la guerra è una realtà apocalittica (si ricordi il film di Coppola sulla guerra del Vietnam, non a caso intitolato “Apocalypse now) la messa al bando e l’esclusione dal circuito del denaro è l’altra faccia della violenza apocalittica. Il messaggio che in tal modo era mandato alla Russia, insieme alla cacciata dal Consiglio d’Europa, dalle competizione sportive e tutto il resto era che la Russia deve sparire dalla faccia della terra, sicché non ci si può meravigliare che dalla Russia sia poi arrivato il messaggio uguale e contrario della messa in allerta dell’arma nucleare, monito però tanto poco plausibile che nessuno, a cominciare dal Pentagono, l’ha preso sul serio.
Quanto alla riduzione della Russia alla condizione di paria, promessa da Biden, basti ricordare che non si può essere paria se non in una società divisa in caste, di cui quella dei paria è la casta inferiore, ed è singolare che la democratica America concepisca la comunità mondiale come una società divisa in caste, di cui evidentemente essa è la casta superiore. D’altronde dare ai russi la patente di paria significa volerne fare degli intoccabili, che sono quelli che in India devono camminare al centro della strada, in modo che nemmeno la loro ombra possa sfiorare la casa dei ricchi.
Ma la cosa più maldestra e paradossale di queste sanzioni è che esse offrono a posteriori una legittimazione e una conferma proprio delle motivazioni per cui la Russia aveva dato mano alla guerra. All’origine di queste motivazioni c’erano tutte le iniziative prese dall’America per isolare la Russia. Questa aveva stipulato con gli Stati Uniti un accordo di reciproca sicurezza riguardante il nuovo sistema antimissilistico spaziale, in modo che nessuno dei due Paesi fosse in condizioni di squilibrio rispetto all’altro; inoltre la Russia aveva messo a disposizione degli Stati Uniti una sua base in Asia per le loro esigenze nella guerra in Afghanistan, e aveva perfino chiesto, essendo venute meno le ragioni di difesa del Patto di Varsavia, di entrare anch’essa nella NATO, cosa che non era per niente una fanfaluca, come ha detto in Televisione un esperto, se perfino Berlinguer, alla fine, aveva detto di gradire la nostra appartenenza alla NATO.
Senonché gli Stati Uniti si sono ritirati unilateralmente dal trattato antimissile spaziale e hanno esteso la NATO ad est in funzione antirussa. Inoltre, si è lamentato Putin nell’intervista a Olivier Stone, la Russia ha dovuto negoziare per 17 anni per accedere all’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’ha ottenuto solo nel 2011, ma con una serie di importanti limiti e discriminazioni, mentre sanzioni ed embargo le sono stati comminati dopo l’annessione della Crimea, quando l’Ucraina è stata ammessa tranquillamente nel WTO fin dal 2008 senza condizioni capestro. Dunque l’ingresso dell’Ucraina nella NATO non poteva che esacerbare il vittimismo della Russia e spingerla alla guerra.
Comunque al di là della disputa bilaterale, è tutto il sistema mondiale che subisce un pauroso arretramento a causa di questo convergere degli uni e degli altri verso la guerra.
Ero arrivato a questo punto della stesura di questa relazione, quando la guerra era giunta al suo acme, i russi erano arrivati alle porte di Kiev, i capi ucraini distribuivano fucili e bombe molotov agli uomini dai 18 ai 60 anni, il mondo intero condannava l’invasione e non faceva altro che promettere ostracismi, esclusioni, sanzioni, punizioni, i giornali e tutti i media non facevano altro che informare della imminente caduta di Kiev, mentre invece era il mondo che cadeva, anzi era già caduto, nel trionfo dell’odio, però narcisista e tutto concentrato sul denaro e sul gas. È stato allora che sono partite, anche in Russia, contro quelli che irridevano alla loro assenza, le manifestazioni per la pace, e si è visto il papa su una piccola macchina utilitaria, segno dell’abbandono di ogni simbolo del potere, che umilmente andava dall’ambasciatore russo, cioè dal rappresentante ufficiale del Paese messo al bando, per chiedere “per favore” di far cessare la guerra e fare la pace.
È stato allora che ho capito che tutti avevamo sbagliato tutto, e che davvero non si poteva uscire da questa guerra, ben più di come non si potesse uscire dalla pandemia, restando tutti tali e quali come ci eravamo entrati. Ci voleva invece un grande, radicale cambiamento. Il problema era però di chiedersi quale dovesse essere questo cambiamento, il cambiamento veramente necessario perché il mondo sia salvo e la storia continui.
Che cosa infatti era successo? Era successo che la crisi aveva convalidato il mondo com’era, anzi lo aveva riportato indietro di decenni, al culmine di quell’ordine internazionale fondato sulle alleanze militari, sulla divisione in blocchi, sulla cortina di ferro, sul muro di Berlino, sulla universale sovranità del denaro, dove l’unica cosa veramente sensata si era rivelata essere l’equilibrio del terrore, ovvero la reciproca distruzione assicurata, cioè la bomba che aveva impedito ai due campi opposti di ruere ad arma, cioè di fare la guerra mondiale.
Anche questa volta era avvenuta la stessa cosa, ma senza la copertura della lotta al comunismo, nonostante che a Roma ci fosse papa Francesco, tra le alleanze militari non ci fosse più il Patto di Varsavia e come nuovo protagonista fosse comparsa la Cina; anche questa volta era stato il terrore nucleare, cioè i missili e la bomba che avevano impedito di passare dalle sanzioni fondate sull’universale dittatura delle borse e del denaro alla guerra vera e propria, convalidando così e rilanciando quella geniale invenzione della modernità che è la bomba e l’apocalisse laicamente messa nelle mani dell’uomo. Anzi proprio questa guerra mancata, questo tirarsi indietro dell’America pur tra tante roboanti minacce, questa paradossale neutralità della NATO mentre tutti lavoravano per lei, che avevano preservato il mondo, anche se non l’Ucraina, dalla catastrofe.
Benissimo. Allora o continuiamo così, ma ormai prevedibilmente solo per qualche decennio, oppure ci vuole un vero cambiamento.
Questo cambiamento riguarda anche noi. Noi proponiamo una Costituzione mondiale, cioè un costituzionalismo oltre gli Stati, la sovranità del diritto, la garanzia dei diritti fondamentali, lo scioglimento degli eserciti, una sicurezza collettiva. Abbiamo conseguito importanti risultati portando questa ipotesi alla luce del sole, legandola alla Vallicelliana, proponendola a un primo dibattito pubblico, aprendo due siti web di rango professionale, mandando newsletter, pubblicando libri e rivolgendoci alle scuole; e abbiamo persino la proposta di un testo di Costituzione che gode di tutta l’autorevolezza con cui è stata scritta dal prof. Ferrajoli, che dovrà essere discussa ma intanto dimostra che una Costituzione della Terra può essere concepita, può essere avanzata come la risposta più razionale alla crisi. Abbiamo pensato che ci fossero le condizioni per portarla avanti, sulla scia delle conquiste già fatte, in continuità con il costituzionalismo esistente, a partire dal livello di civiltà già conseguito, nella convinzione che essa potesse interporsi tra l’utopia e la realtà, e che di grado in grado si potesse procedere fino all’assemblea dell’ONU, fino al risultato finale che magari potesse essere raggiunto se non in questa, nella prossima generazione.
Ma questa crisi ci ha fatto precipitare all’indietro, ci ha riportato indietro di 33 anni, alla rimozione del muro di Berlino, quando l’umanità si era trovata di fronte ad un bivio, di restaurazione o di innovazione. Purtroppo ha scelto la prima strada, che è quella che ci ha portato alla rovina di oggi. Per prima cosa è stata ripristinata la guerra, rimessa nella cultura comune, adornata come una sposa con la prima guerra del Golfo e quelle umanitarie. La destra americana ha addirittura identificato la fine della storia con “il nuovo secolo americano”; la nuova dottrina della sicurezza nazionale adottata ufficialmente dagli Stati Uniti consisteva nel dominio del mondo, nella imposizione del loro modello globale.
Quel sistema di Stati che dovrebbe evolversi instaurando una Costituzione della Terra ci ha gettato nella notte più buia, cancellando le condizioni che rendevano realistica la nostra proposta.
Si è creata un’unanimità violenta, che mette fuori gioco quell’alternativa pacifica e nonviolenta che si sarebbe potuto e si potrebbe ancora costruire facendo la scelta alternativa ed opposta a quella che si fece dopo l’89. Anche il nostro Stato, l’Italia, che già aveva millantato come operazioni di pace le sue missioni in diversi teatri di guerra si è allineata con gli altri e messa in un campo belligerante contro l’altro. Con la Germania e la Svezia fornirà armi “letali” all’Ucraina, e perciò è considerata “cobelligerante” dalla Russia. Per la Germania si tratta di un cambiamento di stato e di un aumento delle spese militari oltre il limite stabilito del 2 per cento del PIL, per l’Italia si tratta di una gravissima violazione del ripudio della guerra sancito dall’art.11 della Costituzione.
Se poi dal sistema degli Stati si passa a guardare alle opinioni pubbliche, si trova la meravigliosa, generale solidarietà che si è manifestata nei riguardi dell’Ucraina, in quanto nazione vittima di un’invasione, ma questa solidarietà si è fatta egemonizzare dai gestori dell’opinione e officianti del pensiero unico, cadendo anch’essa in un’unanimità violenta che si è costruito il nemico ed è tutta protesa a distruggerlo. E infine il nemico è stato identificato non con un’istituzione o uno Stato ma con una persona, che è Vladimir Putin, e tutto quello che in questi giorni si dice contro Vladimir Putin nei giornali, nelle trasmissioni televisive e spesso anche nelle piazze suona come parafrasi di un’autorizzazione ad ucciderlo, come è stato fatto con altri nemici dell’umanità, con Saddam Hussein, Gheddafi, Milosevic, Big Laden, per non parlare delle uccisioni ad personam dei nemici politici con i droni. La tragica scelta che così è stata fatta dall’Ucraina e dall’Occidente è stata di non lasciare a Putin altra via d’uscita che “vincere” la guerra.
Ora, se non si esce dall’ideologia del nemico una Costituzione della Terra non si può fare.
Ma c’è un’altra ragione per la quale la solidarietà con l’Ucraina deve essere interrogata e purificata per poter diventare la base di una riscossa costituzionale e pacifista. E la ragione è che essa, in quanto così estesa e visibile, è stata esaltata e celebrata come inedita. Ma proprio questo è il problema spirituale e politico che essa fa emergere: se è inedita vuol dire che mai analoga solidarietà è stata espressa nei riguardi di altri popoli perseguitati ed oppressi, quando, come sostiene in questi giorni uno scrittore catalano, Rafael Poch, sulla rivista “Contexto” (CTVT), settimanale spagnolo di analisi, altri Imperi, ben prima della Russia, hanno costellato il loro declino imperiale e la perdita del loro status di potenze coloniali di crimini che hanno provocato milioni di vittime. La Francia in Algeria ha lasciato un milione di morti, in Indocina 350.000, l’Inghilterra ha chiuso il suo dominio in India con un milione di morti e 15 milioni di sfollati alla separazione tra India e Pakistan, in Kenya la decolonizzazione ha causato 300mila morti e un milione e mezzo di prigionieri, l’Olanda ha riconosciuto il conto di 100.000 morti causato nei suoi quattro anni di guerra coloniale in Indonesia, e gli Stati Uniti, per non parlare delle guerre degli anni 90 del Novecento, dall’11 settembre 2001 hanno causato la distruzione di intere società, 38 milioni di sfollati e 900.000 morti, secondo un conteggio piuttosto benigno. Naturalmente si tratta rigorosamente di adulti maggiori di 18 anni, perché le Potenze buone in guerra non uccidono i bambini iracheni o siriani come invece fa Putin in Ucraina.
Se si continua su questa strada, come si sta facendo dopo averla imboccata al momento della rimozione del muro di Berlino, la Costituzione della Terra rischia di uscire dall’orizzonte di un mondo possibile e diventare – questa sì, per dirla con Freud – l’avvenire di un’illusione, il cuore lanciato oltre l’ostacolo da una minoranza di intellettuali.
Personalmente a 91 anni io non sono disposto a scambiare la politica con un’illusione. Ma a questo punto la politica vuol dire avere l’umiltà e il coraggio di entrare nella concretezza della politica italiana, come del resto era nelle nostre intenzioni iniziali, quando parlavamo di un partito della Terra.
La mia proposta, naturalmente da sottoporre all’Assemblea, è di continuare pure a tenere lì il cuore, anche aggiornando e rilanciando i nostri siti in cui far crescere il pensiero politico nuovo, ma dichiarando una drammatica crisi dell’esperienza di Costituente Terra. Ben più di quanto si è detto per la pandemia, tutto non può continuare come prima mentre si combatte in Europa, l’Italia entra in guerra contro la Russia, assumendo quello status di cobelligeranza che le è stato imputato dal vecchio Nemico e sovverte dopo 75 anni l’art.11 della Costituzione, e mentre è in corso il Truman show nel quale il presidente dell’Ucraina chiama alle armi il Parlamento europeo, respinge ogni proposta negoziale e nella commozione generale manda il suo popolo alla rovina.
Si tratta dunque di dare nuova linfa alla nostra iniziativa, riconoscendo a questo punto che non può nascere un mondo diverso senza una riforma civile, spirituale e morale che coinvolga tutte le culture, le ideologie e le fedi, una specie di grande Riforma dal cuore dell’Europa nei confronti del mondo com’è, ma una Riforma fatta questa volta non per separare e dividere, ma per associarsi ed unire.
Contro ogni astrattezza questa riforma dovrebbe avere come punto di partenza e sua condizione una scelta politica che impegni la stessa Costituzione italiana e tutte le forze politiche italiane a dare seguito al ripudio della guerra sposando, in sua vece, la Terra.
È pronta per la discussione una proposta specifica in tal senso che sarà aperta alla riflessione comune in seguito a un’ulteriore elaborazione.

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