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Newsletter n. 131 del 13 settembre 2023 – Invece della ragione

Cari amici,
è sempre più difficile dire come potremo uscire dalla tragedia universale che stiamo vivendo, perché siamo vittime non solo della protervia dei potenti che si sono arrogati il diritto di decidere della nostra sorte e della stessa vita del mondo, ma della loro condotta del tutto irrazionale, e per conseguenza incoerente e ingannevole. Nel nostro orgoglio di occidentali nipotini di Kant, credevamo che la ragione ci avrebbe salvato, e invece è proprio l’eclissi della ragione che ci sta perdendo.
Il primo esempio di questo agire senza ragione sta nell’origine stessa della guerra d’Ucraina;  ora sappiamo perché essa è scoppiata, e come sarebbe stato facile, e addirittura ovvio, evitarla. Ci ha spiegato perché non l’hanno fatto il segretario generale della NATO, Stoltenberg, parlando in una sede istituzionale e ufficiale come la Commissione Affari Esteri del Parlamento europeo. È forse per la sua genialità che egli è stato confermato per un altro anno alla testa della Forza Armata dell’Occidente.
“Nell’autunno del 2021 – ha rivelato –  il presidente russo Vladimir Putin ci inviò una bozza di trattato: voleva che la NATO firmasse l’impegno a non allargarsi più”.  Bisogna notare che a quella data la NATO aveva già inglobato, dopo il fatidico ’89,  la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la Bulgaria, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, la Romania, la Slovacchia, la Slovenia, l’Albania, la Croazia, il Montenegro, la Macedonia del Nord, Paesi  non tanto lontani dai confini della Russia, su cui pertanto la NATO poteva già abbaiare a suo piacere. “Inoltre – ha aggiunto Stoltenberg – voleva che rimuovessimo le infrastrutture militari  in tutti i Paesi  entrati dal 1997, il che voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la NATO dall’Europa centrale e Orientale, introducendo una membership di seconda classe. Ovviamente non abbiamo firmato, e lui è andato alla guerra per evitare di avere confini più vicini alla NATO,  ottenendo l’esatto contrario».
Commentando queste dichiarazioni su “Il Fatto Quotidiano”, Salvatore Cannavò fornisce altri particolari su quel tentativo di accordo fallito: Il documento con le “proposte concrete” di Putin, presentato il 15 dicembre 2021 “fu accolto in Occidente come un diktat, anche se gli uomini di Putin lo consideravano comunque una bozza su cui avviare la trattativa. I nove articoli muovevano da un preambolo che citava vari trattati, da quello di Helsinki del 1975 sino alla Carta per la sicurezza europea del 1999 per poi sostenere l’impegno delle parti a “non partecipare o sostenere attività che incidano sulla sicurezza dell’altra parte “, a “non usare il territorio di altri Stati per preparare o effettuare un attacco armato” o ad azioni che ledano “la sicurezza essenziale” reciproca facendo in modo che le alleanze militari o le coalizioni di cui fanno parte rispettino “i principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite”. Propositi a nostro parere sacrosanti.
L’articolo 4 era quello tendente a escludere l’ulteriore espansione della NATO ad Est, e l’ammissione ad essa degli Stati che facevano parte dell’Unione Sovietica; gli Stati Uniti non avrebbero dovuto installare basi militari sul territorio degli Stati già membri dell’URSS né avrebbero dovuto stabilire con loro una cooperazione militare bilaterale. Tale  proposta non metteva in discussione tutto l’Est europeo ma i soli Paesi baltici, Estonia Lettonia e Lituania entrati nell’alleanza nel 2004. La Russia chiedeva poi di non schierare missili terrestri a raggio corto e intermedio se questi minacciassero l’altra parte e di “evitare il dispiegamento di armi nucleari”. C’era poi l’impegno che le parti non avrebbero dovuto creare “condizioni o situazioni che costituiscano o possano essere percepite come una minaccia alla sicurezza nazionale di altre parti”, con una certa “moderazione” nell’organizzazione delle esercitazioni. Per la risoluzione delle controversie si rimandava ai rapporti bilaterali e al consiglio Nato-Russia, con la richiesta di creare hotline di emergenza. Per quanto in particolare riguardava l’Ucraina la richiesta era che tutti gli Stati membri della NATO si astenessero dal suo ulteriore allargamento compresa l’adesione dell’Ucraina e di altri Stati, e non conducessero alcuna attività militare sul territorio dell’Ucraina e di altri Stati dell’Europa orientale,  del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale”. Il rifiuto di queste proposte arrivò subito, già il giorno dopo, il 16 dicembre, in una conferenza stampa  di Stoltenberg con il presidente ucraino Zelenski. La posizione degli Stati Uniti, di Biden, di Stoltenberg, ribadita in più sedi, era che “è la NATO che decide chi aderisce all’Alleanza e non la Russia”, e l’Europa tacque del tutto.
Un altro esempio di un comportamento “alienum a ratione”, per dirla con papa Giovanni XXIII, ossia “fuori della ragione” se non di follia, sta nella posizione assunta dall’Ucraina come l’ha enunciata il portavoce ufficiale di Zelenski, Mikhailo Podolyak. Egli prima ha liquidato papa Francesco, dicendo: “Non ha senso parlare di un mediatore chiamato papa, se questi assume una posizione filorussa… Se una persona promuove chiaramente il diritto della Russia di uccidere i cittadini di un altro Paese…sta promuovendo la guerra… Il Vaticano non può avere alcuna funzione di mediazione: ingannerebbe l’Ucraina o la giustizia”. Marco Politi ha definito  queste dichiarazioni “uno schiaffo pesante” al papa,  paragonandolo  allo “schiaffo di Anagni”. Poi Podolyak ha descritto il mondo come l’Ucraina di Zelensky se lo immagina oggi e dopo la vittoria sulla Russia: “Smettetela di assecondare i mostri” (rivolto a Lula che aveva detto che non avrebbe fatto arrestare Putin se andrà al prossimo G20 del 2024 a Rio de Janeiro), “Smettetela di flirtare con i maniaci ignorando le loro vere intenzioni. Smettetela di pensare che sia possibile negoziare con la Russia e che sia importante. La decisione sulla Russia deve ancora essere presa: isolamento geopolitico, status di terrorista, sospensione dall’appartenenza a istituzioni globali, mandati di arresto individuali per alti funzionari. E soprattutto la sconfitta nella guerra seguita dalla trasformazione interna” (dal Corriere della Sera dell’11 settembre). Povera Ucraina e poveri noi in un mondo così.
La terza performance insensata è quella di Biden che è andato in Vietnam, teatro di quella guerra che gli Stati Uniti non hanno accettato di concludere con un negoziato cercando invece la vittoria, e ne sono usciti sconfitti fuggendo da Saigon, per proporre una qualche partnership nell’Indopacifico, ignorando forse che il Vietnam, dopo la dura esperienza da cui è uscito, è ora il Paese “dei quattro NO”: no alle alleanze militari, no a schierarsi con un Paese contro un altro, no alle basi militari straniere, no all’uso della forza nei rapporti internazionali. Fossimo anche noi come il Vietnam! E a Pechino Biden ha detto: “Non voglio il contenimento della Cina. Voglio solo assicurare che ci sia una relazione onesta e chiara”. Peccato che nella “Strategia della sicurezza nazionale americana”, da lui firmata nell’ottobre scorso, c’è scritto che il maggiore “competitore strategico” degli Stati Uniti è la Cina, che rappresenta la “sfida culminante” (pacing challenge) nel prossimo decennio e nei decenni successivi, a causa della sua intenzione e capacità di “rimodellare l’ordine internazionale a favore di un ordine che inclini il campo di gioco globale a suo vantaggio, e sempre più spesso ha il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per perseguire tale obiettivo”.
Sulla scia di questa “damnatio” pronunciata da Biden il documento operativo sulla “Strategia della Difesa Nazionale degli Stati Uniti” pubblicato dal Segretario alla Difesa Lloyd Austin, specificava che “la Repubblica Popolare Cinese ha ampliato e modernizzato quasi ogni aspetto dell’Esercito Popolare di Liberazione, concentrandosi sullo sforzo di riequilibrare le superiorità militari statunitensi. La Cina è quindi la sfida suprema per  il Dipartimento della Difesa”. Lloyd Austin illustrava  poi come l’immenso potenziale americano sarebbe stato predisposto a sostenere con la  deterrenza questa sfida con la Repubblica Popolare Cinese e a “scoraggiare l’aggressione”; egli sosteneva bensì che il conflitto con la Cina non è “né inevitabile né auspicabile” ma anche che gli Stati Uniti sono pronti, se la deterrenza fallisce,  “a prevalere nel conflitto”. Nonostante tutti i processi alle intenzioni, decisive motivazioni sul perché si debba fare della Cina l’ultimo Nemico in una guerra finale con lei, non erano date. Sono queste alcune delle ragioni che stanno alla base dell’Appello “Terra, Pace Dignità”, rivolto anche ai destinatari di questa newsletter, appello che pubblichiamo nel sito e di cui si potranno poi seguire gli sviluppi. Si tratta di dare una rappresentanza politica a tre soggetti ideali, tre ordinamenti,  che non l’hanno o l’hanno perduta: la Terra, la Pace e la Dignità di tutte le creature; è la via, che non elude la dura prova della politica, per giungere infine, ripudiata sul piano mondiale la guerra,  a quel costituzionalismo mondiale che è il nostro obiettivo e la ragione del nostro impegno.

Nel sito, nel giorno (12 settembre) in cui si sono registrati 5112 sbarchi di migranti sulle coste di Lampedusa pubblichiamo anche una drammatica lettera di don Mattia Ferrari, che assiste quanti sono impegnati nella salvezza dei profughi con la nave “Mediterranea”. Pubblichiamo inoltre l’articolo di Marco Politi sullo “schiaffo ucraino” al Papa, e un altro sulla carneficina in atto in Ucraina.

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