Archivio delle Newsletter di Costituente Terra

Newsletter n. 79 del 18 maggio 2022 – Guerre preventive

Cari Amici,
con grande affetto e rimpianto dobbiamo ricordare Valerio Onida, i cui funerali si sono celebrati ieri a Milano. Questo ricordo è indissolubilmente legato alla nostra Costituzione, oggi tanto in pericolo per il rovesciamento del principio pacifista su cui è fondata; egli  non solo è stato presidente della Corte che ne garantisce l’autorità sulle leggi e sull’ordinamento, ma l’ha sempre sostenuta e difesa, anche attraverso i Comitati Dossetti per la Costituzione e nella battaglia per respingerne lo stravolgimento voluto da Matteo Renzi nel referendum del 2016. Quella di Valerio Onida è una perdita che colpisce in modo particolare “Costituente Terra” perché pensavamo che potesse essere lui a  presiedere la Commissione redigente del testo finale di Costituzione della Terra da proporre all’ONU al termine del processo costituente che abbiamo avviato a partire dal progetto formulato dal prof. Ferrajoli.
Oggi purtroppo è  l’idea stessa di un costituzionalismo mondiale e di una Costituzione della Terra che è messa in questione e devastata dalla regressione della situazione mondiale e della cultura politica all’apologia della guerra e alla lotta per il dominio, quali sono state scatenate dalla guerra in Ucraina.
È chiaro che il presupposto del luminoso progetto di una Costituzione della terra è che i popoli e gli Stati si riconoscano come membri di un’unica comunità mondiale e intendano vivere in pace –  come sembrava possibile dopo la fine dello scontro tra i blocchi – e a questo scopo vogliano dotarsi di istituzioni adeguate, di un diritto sovraordinato alle legislazioni nazionali e fornito di corrispondenti efficaci  garanzie. Questo è il progetto a cui stiamo lavorando e che dobbiamo perseguire con ancora maggiore decisione ed impegno essendone aumentata l’urgenza insieme alle difficoltà e alle condizioni ostative dovute al ritorno dei rapporti internazionali allo stato selvaggio.
Oggi non solo è riproposta la vecchia guerra come connaturata all’uomo e come strumento per rimodellare l’intero assetto mondiale, ma viene apertamente rivendicata e legittimata la guerra preventiva; ciò fa venir meno perfino i vecchi travestimenti della “guerra giusta”, difensiva o “umanitaria” che fosse,  mentre ne viene  millantata  la legittimità sulla base di valutazioni del tutto opinabili.
Sulla Piazza Rossa il 9 maggio Putin per giustificare la sua guerra all’Ucraina ha detto che “la Russia ha reagito preventivamente contro l’aggressione”: si riferiva a un attacco della NATO “per un’invasione delle nostre terre storiche, compresa la Crimea; una minaccia per noi assolutamente inaccettabile, sistematicamente creata, direttamente ai nostri confini… Il pericolo è  cresciuto ogni giorno; il nostro – ha aggiunto –  è stato un atto preventivo, una decisione necessaria e assolutamente giusta, la decisione di un Paese sovrano, forte, indipendente”, mentre gli Stati Uniti minacciavano esclusione e umiliazione.
Questa “prevenzione” è stata un crimine di diritto internazionale (non solo la guerra ma anche la minaccia dell’uso della forza è proibita dallo Statuto dell’ONU) ed è stata anche un gravissimo errore di Putin perché in tal modo ha adottato e legittimato la dottrina della guerra preventiva enunciata dal suo principale avversario, gli Stati Uniti d’America. Sono stati infatti gli Stati Uniti a teorizzarla nella “Strategia della sicurezza nazionale” del settembre 2002, un anno dopo la tragedia delle Torri Gemelle dell’11 settembre. In quel documento si affermava che “la migliore difesa è un buon attacco”. Una volta concepito il mondo come un composto formato da Stati per bene e “Stati canaglia” e minacciato dal terrorismo, la conseguenza era questa: “non possiamo lasciare che i nostri nemici sparino per primi”. Ciò poteva andare bene durante la guerra fredda quando “la deterrenza era una difesa effettiva”, mentre oggi, si affermava,  una “deterrenza basata solo sull’attesa di una risposta non funzionerebbe”. D’altra parte “gli Stati Uniti hanno mantenuto sempre l’opzione dell’azione preventiva per fronteggiare una minaccia effettiva alla sicurezza nazionale. Maggiore è la minaccia… e più impellente la necessità di intraprendere un’azione anticipatoria in difesa di noi stessi, persino nell’incertezza del luogo e dell’ora dell’attacco da parte del nemico”. Né si trattava solo di difesa nazionale: la sicurezza nazionale degli Stati Uniti consisteva essenzialmente nel dominio del mondo per il quale si preconizzava  un unico modello di società valido per tutti: “ libertà, democrazia, e libera impresa”.  “Manterremo le forze sufficienti per difendere la libertà” prometteva il documento, e per dissuadere qualunque avversario dalla speranza non solo di superare, ma anche di “eguagliare il potere degli Stati Uniti”.  Questa era anche la ragione per disseminare “basi e stazioni all’interno e aldilà dell’Europa dell’Ovest e dell’Asia del Nord”, cioè in tutto il mondo.
Questa proiezione militare mondiale non riguardava peraltro solo gli Stati Uniti, ma era estesa agli alleati ed amici in Canada e in Europa; la NATO a sua volta doveva “essere in grado di agire ovunque gli interessi americani (“i nostri interessi”)  fossero minacciati, “creando coalizioni sotto il mandato della stessa NATO, così come contribuire a coalizioni sulla base di singole missioni”. Infatti la NATO, agendo come un potere sovrano, aveva pochi anni prima fatto una guerra preventiva contro la Jugoslavia per la separazione del Kosovo. E se tutto ciò era stabilito quando, venuta meno l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti erano passati “da una situazione di contrapposizione a un regime di cooperazione con la Russia” tanto più doveva valere quando la Russia era tornata ad essere percepita come nemico e insieme alla Cina veniva annoverata tra le “potenze revisioniste” volte a mutare a loro favore gli equilibri internazionali; la strategia della sicurezza nazionale pubblicata nel 2018, sotto l’amministrazione Trump, contemplava pertanto “forze armate più letali” e dichiarava che gli Stati Uniti avrebbero fronteggiato le sfide alla propria sicurezza “al fianco, con e per mezzo dei propri alleati e dell’Unione Europea”.
È in questo quadro che si pone l’estensione della NATO ad est, e l’annunciata acquisizione ad essa dell’Ucraina prima, della Finlandia e della Svezia ora, in funzione di quella che la rivista “Limes” chiama la “semifinale” per  “sbarazzarsi di Putin –  fors’anche della Russia”-, per passare poi alla “partita del secolo contro la Cina”. Si è creata quindi una reciprocità di guerre preventive  a cui, per fortuna, oggi non partecipa la Cina che, secondo  Hu Chunchun, professore dell’università di Shangai che ne scrive su “Limes”, afferma “il primato della pace e dell’armonia” e depreca “il bisogno tutto europeo” (ma potrebbe dire piuttosto americano) “di stabilire un vincitore unico e definitivo”, mentre proprio l’Europa “in questo esatto momento” dovrebbe assumersi la responsabilità storica della pace nel mondo.”
Ma questo sarebbe un altro mondo, eppure necessario e possibile.
Nel sito pubblichiamo un articolo di Domenico Gallo sugli ultimi sviluppi della guerra in corso.