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Newsletter n. 94 del 28 settembre 2022 – Ha vinto il sistema

Cari Amici,
la sciagura è alla fine arrivata. Ha vinto la destra-destra; molti la chiamano fascismo. Anche la satira si è presentata il giorno dopo in camicia nera, come a dire: “ormai è fatta”. Arriva la prima donna, una sola, al comando, a sostituire l’ultimo uomo, che era tanto piaciuto a tutti, aveva occhi di drago (draghi e tigri tanto amati da Letta). E ora tutti piangono,  perfino “La Stampa”, che è pentita, ed “Otto e mezzo”, temono  un governo come non ne avevamo dal 25 luglio 1943, per fortuna di mezzo c’è la Costituzione,  non lo Statuto albertino.
Ma non ha vinto il fascismo. Ha vinto il sistema che con tanto trasporto e accanimento e falso messianismo, abbiamo creato. Il sistema che si fonda e si conserva costruendo il nemico: sul piano internazionale e sul piano interno, perché non ci può essere su un piano se non c’è anche sull’altro.
Sul piano interno il sistema lo abbiamo restaurato quando,  con la fine del comunismo, temevamo di perderlo. Prima di tutto abbiamo esorcizzato le idee (dette ideologie) e sciolto i partiti: col pretesto che non avevano le mani pulite, abbiamo fatto sì che non avessero più mani (ci fu anche un libro di poesie intitolato così). Poi abbiamo licenziato pluralismo e proporzionale e abbiamo messo sugli altari un sistema “a vocazione maggioritaria”, come diceva il versatile Veltroni, chi vince vince  tutto, chi perde perde tutto, e il suo istituto fondatore fu battezzato con un nome inglese (come è d’obbligo), ed è lo “spoil system” (la divisione delle spoglie), senza pensare che la maggioranza se la potevano prendere gli altri; il Partito Democratico e l’Ulivo che avevano messo insieme, senza altre spiegazioni, le due antropologie che più si erano combattute e cimentate in un dialogo foriero di “cose nuove” e di un “uomo inedito”,  si acconciarono a fare una delle due parti, senza una cultura , la parte che alzando le braccia al cielo Berlusconi, alla fine della campagna elettorale, esecra come “la sinistra!”. E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta  (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo. Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa, e disoccupati senza reddito di cittadinanza, e il Nemico esterno.
Quest’ultimo è il grande unificatore di governo e opposizione, lo combatte uno schieramento che si chiama atlantista e si pretende, e non é, europeista, almeno per una certa “idea di Europa”). Adesso il nemico è Putin, perché proditoriamente ha invaso l’Ucraina, la cui indipendenza è tanto amata da Blinken e dagli Stati Uniti, che una volta si volevano prendere perfino Grenada, un’isoletta però più vicina. Ma Putin non è diventato il Nemico ora, come sarebbe plausibile, lo è da molto prima, da quando gli Stati Uniti la NATO e l’Occidente hanno erroneamente pensato che non potevano sussistere senza un Nemico così persuasivo come l’Unione Sovietica,  comprese le sue armi nucleari, e dopo un idillio brevissimo vissuto con Eltsin (dati i suoi meriti di rottamatore dell’URSS), hanno adottato la Russia come Nuovo Nemico (ma anche antico, con Dostoewski e i suoi libri tolti dalle biblioteche). Lo ha raccontato Putin, quando non era così cattivo  che un americano non ci potesse neanche parlare, e lo rivelò al regista americano Oliver Stone. C’era Clinton in visita al Cremlino e Putin gli disse “tra il serio ed il faceto”, che la Russia poteva entrare nella NATO, Clinton non lo escluse, ma la delegazione americana ne fu “terrorizzata”, perché senza nemico non si poteva  stare, cioè fuori  da un sistema su misura della NATO in cui, come spiegò Putin,  ci sono solo due opinioni, “quella americana e quella sbagliata”, e ci sono solo due Parti, quella giusta e quella sbagliata, e una delle due è destinata a soccombere.
È questo sistema che ha vinto in Italia e l’alternativa è molto evidente. Da una parte ci sono i “Fratelli d’Italia”, quelli che sono fratelli tra loro, e fratelli con quelli che, benché stranieri, sono  simili a loro. Ma sono fratelli al modo di Caino, o al modo dell’inno di Mameli, con in testa l’elmo di Scipio e il mito della vittoria sugli altri intesi come “schiavi”, o come paria, così come Biden dice che devono essere i russi nella sua società internazionale pensata come una società divisa in caste, in cui i paria, i fuori casta, sono esclusi, perché sono meno che uomini. Dall’altra parte l’alternativa è molto chiara, e si dice in sole due parole: Fratres omnes, fratelli sono tutti, anche russi, americani e cinesi e anche cristiani e musulmani e credenti di ogni fede, come si è visto in Kazakhstan, col Papa in mezzo agli altri, non primo e non solo (chi sono io?) e anche con Giorgia Meloni, con tutta la sua classe dirigente che non c’è. Non ci vuole tanto a capirlo, basta essere “internazionalisti”,  l’accusa più infamante che gli assassini di mons. Romero in Salvador imputarono a Marianella Garcia Villas, prima di ammazzare anche lei. Essere internazionalisti questo significa, e dar mano a una Costituzione della Terra. Ma per arrivarci bisogna esserlo prima, adesso, non dopo, altrimenti non resterà che una pallida  utopia. Benvenuta sorella Giorgia nel piccolo club delle donne potenti, con l’augurio che non sia come altre, Thatcher, Golda Meir, Ursula, molto “sbagliate”.
Con i più cordiali saluti,