1. L’anno che abbiamo alle spalle ben possiamo considerarlo un annus horribilis. E ancor più orribile possiamo considerare quest’ultimo mese, nel quale è iniziata la presidenza Trump.
In quest’ultimo anno si sono aggravate tutte le catastrofi globali che minacciano il futuro dell’umanità. Innanzitutto la guerra, anzi le due guerre. quella in Ucraina e quella in Palestina, dapprima alimentate dal clima bellicista sviluppatosi in Europa e oggi avviate a un esito penoso – penoso ovviamente per le parti più deboli dei due conflitti, il popolo ucraino e il popolo palestinese – dagli interventi cinici di Trump: in Ucraina l’abbandono di Zelensky, l’umiliazione dell’Europa, e un accordo direttamente con il suo simile Putin, sulla testa degli ucraini, di fatto una resa, in termini enormemente più svantaggiosi per l’Ucraina di quelli dell’accordo che poteva concludersi fin dal marzo 2022, con un milione di vittime in meno; a Gaza la proposta ancor più cinica e volgare di una gigantesca pulizia etnica diretta a evacuare più di due milioni di palestinesi dalla loro terra per far posto a ville e a lussuosi stabilimenti balneari in quella che diverrebbe “la Riviera del Medio Oriente”.
In secondo luogo la catastrofe ecologica. L’impatto umano sulla Terra sta diventando insostenibile. Secondo i calcoli della scienza occorrerebbe, per scongiurare la catastrofe climatica, azzerare tutte le emissioni di anidride carbonica entro il 2050. Stiamo invece andando in direzione opposta. Le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera sono giunte ormai all’enorme cifra di 51 miliardi di tonnellate l’anno. Secondo il rapporto GHG Emissions of All World Countries. 2023, esse sono aumentate, dal 1990 ad oggi, di oltre il 70%, e non cessano di aumentare. A causa del riscaldamento climatico, larghe fasce di coste a livello del mare sono destinate ad essere sommerse. Entro la fine del secolo si giungerà fin quasi all’estinzione della biodiversità. Deforestazioni e cementificazione stanno crescendo annualmente, contribuendo massicciamente al riscaldamento climatico. È stato inoltre calcolato che ogni giorno vengono tagliati, nel mondo, 15 milioni di alberi; che gli alberi abbattuti ad opera dell’uomo, nell’ultimo secolo, sono stati 3.000 miliardi, circa la metà di quelli esistenti sulla terra; che al tempo stesso vengono gettato nei mari miliardi di tonnellate di rifiuti plastici ed è stata provocata l’estinzione di migliaia di specie di pesci. Sta crescendo l’impatto sull’ambiente dell’agricoltura industriale e degli allevamenti intensivi, che sono tra le principali fonti di emissione di anidride carbonica e di consumo dell’acqua potabile e stanno logorando la fertilità dei suoli, distruggendo la biodiversità e sottoponendo miliardi di animali domestici a torture spaventose. Si stanno così minando le condizioni di vita sul nostro pianeta, le cui capacità produttive consentirebbero la sopravvivenza e il benessere di tutti se solo fossero accompagnate dalla cura della natura e da un’equa distribuzione della ricchezza.
Al tempo stesso sono cresciute la ricchezza dei ricchi – i cinque miliardari più ricchi del mondo hanno raddoppiato negli ultimi 4 anni la loro ricchezza, e la raddoppieranno nei prossimi 4 anni – e la povertà dei poveri, fino alla morte per fame e per malattie curabili e non curate di milioni di persone. E poi la condizione sempre più drammatica dei migranti: in Italia sono state varate norme dirette a ostacolare con mille intralci burocratici i salvataggi dei migranti in mare; il governo insiste in quella pratica dei sequestri di persona che sono le deportazioni in Albania di migranti catturati in mare mentre stanno esercitando il loro diritto di emigrare; da ultimo il penoso affare Almarsi, sottratto con un aereo di Stato all’ordine di arresto della Corte penale internazionale, che ci ha rivelato, oltre al disprezzo per il diritto del nostro governo, la sua sostanziale complicità con le torture, gli stupri e gli assassinii che si commettono nei lager libici dove vengono illegittimamente trattenuti i migranti onde impedire loro di venire in Italia.
2. Ma quest’anno, in quest’ultimo mese si è prodotta, con gli incredibili interventi di Donald Trump, anche una crisi dell’ordine mondiale e una sorprendente involuzione autocratica della democrazia statunitense.
Ciò che ho trovato più impressionante in questi interventi di Trump è stata l’ostentazione compiaciuta sia della crudeltà, sia del disprezzo per il diritto. Sono stati impressionanti le decine di decreti esecutivi, molti dei quali in contrasto con la Costituzione americana, firmati e poi sbandierati da Trump davanti alle telecamere come segno dei suoi pieni poteri; la gogna di decine di migranti in catene mentre vengono espulsi dal paese dove vivevano da anni perfettamente integrati; il progetto cinico della cacciata di più di due milioni di palestinesi dalla loro terra devastata per far posto, a Gaza, a una lussuosa località balneare. Altrettanto ostentato è il disprezzo di Trump per il diritto, che chiaramente è per lui inesistente: dalla stigmatizzazione sprezzante come “farsa” del processo con cui è stato condannato per 34 capi d’imputazione poco prima del suo insediamento, alla grazia concessa ai suoi 1.500 seguaci che quattro anni fa dettero l’assalto a Capitol Hill; dalla cacciata di quanti su quell’assalto avevano indagato all’incredibile decreto che vieta l’ingresso negli Stati Uniti di tutto il personale della Corte penale internazionale e ne congela i beni presenti in territorio statunitense, a causa delle imputazioni sgradite, prima tra tutte quella contro il suo amico Netanyahu. È una concezione che, insieme alle pratiche crudeli da essa legittimate, gode del consenso popolare. Non è una novità. È esattamente ciò che successe con il fascismo e con il nazismo, che ottennero un consenso di massa alle loro politiche immorali e disumane fascistizzando il senso civico e così producendo, a livello di massa, il crollo della morale e del senso di umanità. Sono questo crollo del senso morale e questa diffusione dell’odio razzista contro i migranti, attestati dalla popolarità di Trump nelle destre estreme di tutto il mondo, la vera minaccia al cuore della democrazia, che risiede precisamente nel principio di uguaglianza e in quello dignità di tutti gli esseri umani.
Ebbene, questo disprezzo per il diritto e per la giurisdizione e, insieme, per la morale e per il senso di umanità è il prodotto di una concezione primitiva e anti-costituzionale della democrazia che si sta diffondendo in tutti i regimi populisti, in crescita costante in tutto l’Occidente. La democrazia consisterebbe unicamente nel potere della maggioranza uscita vincente dalle elezioni: un potere che si vuole accreditato come espressione della volontà popolare e che perciò non tollera né limiti, né vincoli, né controlli, a cominciare da quello giudiziario che si vuole neutralizzare. Un potere, dunque, virtualmente totalitario.
3. C’è poi un secondo aspetto allarmante di questa degenerazione della democrazia. Fino alla svolta trumpiana, negli anni del trionfo delle politiche liberiste, l’asimmetria tra il carattere globale dell’economia e della finanza e il carattere ancora prevalentemente locale della politica e del diritto aveva provocato una crescente subalternità dei pubblici poteri ai poteri privati delle grandi imprese economiche e finanziarie, in grado di trasferire i loro investimenti dove massima era la possibilità di sfruttare il lavoro, di devastare impunemente l’ambiente, di non pagare le imposte e di corrompere i governi. Veniva però mantenuta la separazione tra sfera pubblica e sfera privata. Oggi si sta compiendo un’ulteriore regressione: l’aperta volontà di questi poteri privati, a cominciare da Elon Musk e dagli altri multi-miliardari immediatamente accorsi alla corte del nuovo autocrate Donald Trump, anch’egli miliardario, di liberarsi di qualunque condizionamento giuridico e politico e la loro aspirazione a dominare direttamente il mondo. Si sta prospettando, in breve, il dominio di pochi padroni del mondo, accomunati dalla volontà di fare interamente a meno della sfera pubblica, dall’intolleranza di qualunque condizionamento giuridico o politico, dal sostegno prestato a tutte le forze reazionarie dell’Occidente e dal negazionismo dei problemi globali.
È una mutazione che rischia di contagiare l’intero mondo occidentale e che è intrinsecamente distruttiva. Nel momento in cui, più che in qualunque altro momento della storia, sarebbe necessario lo sviluppo, a livello globale, di un sistema più complesso e articolato di garanzie della pace, dell’uguaglianza e dell’ambiente naturale, il diritto sembra scomparso dall’orizzonte della politica mondiale: diritti fondamentali e principio di legalità, separazione dei poteri e controlli giudiziari sono diventati estranei al linguaggio del potere politico e di quello economico, tra loro sempre più alleati e talora confusi. Inutile dire che a questa crisi della democrazia ha contribuito potentemente, in Occidente, il crollo delle sinistre, provocato dal loro vuoto programmatico, dal loro sradicamento sociale e dalla loro sostanziale subalternità al pensiero liberista.
La manifestazione più vistosa di questa mutazione è la privatizzazione dei beni comuni e della sfera pubblica. Emblematico è il fenomeno impersonato da Elon Musk, che possiede la grande maggioranza dei satelliti che girano intorno alla Terra – 7.000, che diverranno presto 12.000 – e tramite loro gestisce, controlla e trae profitto da gran parte delle nostre comunicazioni e informazioni, in palese contrasto con il Trattato sulle attività nello spazio extra-atmosferico stipulato a Washington il 27 gennaio 1967. L’articolo 1 di questo trattato stabilisce infatti che “l’esplorazione e l’utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti, saranno svolte a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi, quale che sia il grado del loro sviluppo economico o scientifico, e saranno appannaggio dell’intera umanità”. È una norma chiaramente violata dal quasi monopolio dello spazio di cui Musk si impossessato. Si tratta, ripeto, di un mutamento di regime. Fino a ieri il capitalismo neoliberista ha devastato la sfera pubblica e sottomesso la politica all’economia, mantenendo tuttavia la separazione formale tra le due sfere. Il fenomeno Musk segnala una svolta di sistema: l’appropriazione e il diretto governo privato di settori fondamentali della vita civile e della vita pubblica globale, tramite una soppressione della mediazione pubblica e perciò una regressione pre-moderna allo stato patrimoniale dell’età feudale, quando la politica non si era separata dall’economia quale sfera pubblica ad essa sopraordinata.
Di qui un ultimo aspetto della crisi in atto delle democrazie. Un corollario di questa personalizzazione e privatizzazione della politica è la logica schmittiana del nemico, sviluppatasi sia nelle politiche estere che nelle politiche interne.
Anzitutto nelle politiche estere. Gli Stati Uniti, rimasti orfani del nemico dopo il crollo dell’URSS, hanno immediatamente trovato il loro nuovo nemico nel terrorismo e poi di nuovo nella Russia, nella Cina e, tendenzialmente, in tutto il non-occidente. Le due guerre in atto sono entrambe conflitti identitari, anche se tra russi e ucraini e tra ebrei e islamici non esiste nessuna ragione razionale di ostilità: l’Ucraina ha fatto a lungo parte della Russia e gli ebrei, dopo la loro cacciata nel 1492 dalla cattolica Spagna trovarono rifugio a Salonicco e in Turchia e convissero pacificamente a lungo nell’impero ottomano che certamente non ha mai conosciuto l’antisemitismo sviluppatosi invece nell’Europa cristiana.
In secondo luogo nelle politiche interne, dove la logica del nemico è diventata la logica della politica, secondo un altro perverso insegnamento di Carl Schmitt. L’odio identitario è il grande dramma della politica odierna, che sta minando le nostre democrazie e promuovendo fondamentalismi, razzismi e fascio-liberismi. Il linguaggio della politica è diventato un linguaggio perentorio, aggressivo, urlato, mai problematico, mai aperto al dubbio, mai interessato alle ragioni e ai punti di vista diversi. I partiti, soprattutto i partiti populisti, colmano il loro vuoto culturale e programmatico inventando nemici: i precedenti governi, le forze di opposizione, la libera stampa, i magistrati, i migranti, i tossicodipendenti, i piccoli devianti. Questa logica del nemico ha contagiato la società, nella quale i conflitti e gli odi sono diventati tanto più aggressivi e violenti quanto maggiori sono le condizioni di miseria e di abbandono nelle quali vivono le persone. Se non vogliamo precipitare nel baratro delle guerre e degli odi, questa logica deve essere abbandonata, nella politica interna e più ancora nella politica estera, e sostituita dalla logica opposta della non violenza, del dialogo, del confronto razionale, del compromesso, della solidarietà, della tolleranza reciproca e del reciproco rispetto.
4. Ebbene, tutto questo rende più attuale e necessario che mai il nostro progetto di una Costituzione della Terra. Contro questa degenerazione della politica e della democrazia non basta richiamarsi ai sacri principi: all’uguaglianza e alla dignità di tutti gli esseri umani, ai loro diritti, alla separazione dei poteri, al valore della legalità e simili. In assenza di garanzie, questi principi sono solo parole, ignorate o peggio sbeffeggiate dai nuovi padroni del mondo. Ciò che occorre – la sola possibilità di salvare le nostre democrazie e con esse la pace, la sicurezza del genere umano e la nostra stessa dignità – è l’allargamento, a livello dei nuovi poteri selvaggi, del paradigma costituzionale e garantista. Solo portando il costituzionalismo, le garanzie dei diritti e dei beni vitali all’altezza degli attuali poteri globali e delle loro aggressioni, è possibile civilizzare questi poteri e funzionalizzarli all’attuazione di quei sacri principi, oggi ridotti a vuota retorica e sicuramente scomparsi dall’orizzonte della politica e dell’economia.
È questo il tratto specifico e originale del nostro progetto di una Costituzione della Terra, che lo differenzia da tutte le carte internazionali dei diritti: l’introduzione delle garanzie, cioè dei divieti e degli obblighi senza i quali la pace e l’uguaglianza sono mere enunciazioni di principio, pura retorica, promesse non mantenute ma sistematicamente violate. È la centralità delle garanzie e delle istituzioni di garanzia che rende attuabile il nostro federalismo garantista: la messa al bando delle armi tramite la previsione della loro produzione e del loro commercio come gravi crimini contro l’umanità, giacché senza armi le guerre sarebbero impossibili; l’istituzione di un demanio planetario dei beni comuni vitali, come l’acqua potabile, l’aria, le grandi foreste e i grandi ghiacciai, dalla cui tutela dipende la continuazione della vita sul nostro pianeta; l’istituzione di una sanità e di un’istruzione pubbliche – di ospedali e di scuole – in tutto il mondo a garanzia dei diritti alla salute e all’istruzione; un fisco globale progressivo in grado di finanziare le istituzioni globali di garanzia, ma anche di impedire le gigantesche accumulazioni di ricchezze, inevitabilmente destinate ad impieghi illeciti.
È solo con l’introduzione di queste garanzie e perciò con l’espansione del paradigma costituzionale oltre lo Stato nazionale, che possiamo non solo fronteggiare le catastrofi che incombono sul nostro futuro, ma anche rifondare le nostre democrazie nazionali e promuovere lo sviluppo di una democrazia cosmopolita. È questo il progetto di una Costituzione della Terra, a sostegno del quale la nostra associazione “Costituente Terra” ha promosso un movimento d’opinione internazionale. È la sola alternativa a un futuro di disastri e poi alla fine del nostro stesso futuro. Di fronte alla gravità di questa minaccia e poi alla prospettiva del venir meno del nostro stesso futuro, c’è una sola risposta realistica e razionale: rifondare la democrazia, onde assicurare un futuro all’umanità; ripensare la geografia democratica dei poteri, identificandome e stabilendone i limiti e le separazioni, garantire le forme della partecipazione popolare e della rappresentanza politica e costruire un sistema efficiente di funzioni e di istituzioni globali di garanzia della pace, dei diritti e dei beni fondamentali.
Naturalmente non possiamo essere ottimisti. La direzione nella quale stiamo andando è addirittura il tramonto dell’idea stessa di democrazia, che rischia di trasformatasi nell’illusione di una breve stagione del passato. E tuttavia, come spesso ripetiamo, non dobbiamo confondere ciò che è improbabile da ciò che è impossibile. Non dobbiamo identificare ciò che i poteri economici e politici non vogliono fare con ciò che è impossibile fare. Né dobbiamo confondere, se non vogliamo nascondere le responsabilità della politica e i potenti interessi che la condizionano, tra conservazione e realismo, squalificando come irrealistico o utopistico ciò che semplicemente contrasta con gli interessi e con la volontà dei più forti. Contro questa fallacia pseudo-realistica, che offre una legittimazione teorica allo stato di cose esistenti, dobbiamo mostrare che la vera mancanza di realismo consiste nell’idea che l’umanità possa continuare nella sua corsa incontrollata e spensierata verso lo sviluppo insostenibile, la crescita delle disuguaglianze e la produzione di armi sempre più micidiali, senza andare incontro al disastro. L’assenza di realismo consiste nel non vedere la realtà dell’odierno caos globale e nell’ignorare le politiche – o l’assenza di politiche – che la determinano. Di questa realtà facciamo tutti parte, e contribuiamo a consolidarla o a modificarla con le nostre scelte, con le nostre teorie, con le nostre politiche e soprattutto con la nostra inerzia. E tutti ne portiamo, per come essa è e per come sarà, la responsabilità.
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