Introduzione e testo della Costituzione di Ferrajoli

La versione abbreviata del libro “Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio” di Luigi Ferrajoli, pubblicata da La Feltrinelli nel 2022. È inclusa la versione integrale della Costituzione della Terra di Ferrajoli

Luigi Ferrajoli, Una Costituzione della Terra, per salvare l’umanità

SOMMARIO – 1. Catastrofi globali, non fronteggiabili dalle istituzioni odierne, p. 1 – 2. Il progetto di una Costituzione della Terra. Ciò che la distingue da tutte le carte dei diritti, vigenti o progettate: l’introduzione di funzioni e istituzioni globali di garanzia. p. 5 – 3. La cecità delle opinioni pubbliche e l’irresponsabilità delle politiche odierne, p. 10 – 4. Due concezioni opposte della catastrofi in atto: la loro odierna banalizzazione come fenomeni naturali o la loro configurazione crimini di sistema, p. 13 – 5. Due concezioni opposte del costituzionalismo, l’una nazionalistica, l’altra universalistica. Sulla nozione di popolo. Il popolo della Terra, p. 15 – 6. Due concezioni opposte del realismo politico, l’una naturalista, l’altra razionalista. Il ruolo della cultura giuridica e politica, p. 20 – 7. Una nota di ottimismo: l’interdipendenza dei popoli della terra, l’interesse alla sopravvivenza a tutti comune e la solidarietà da esso generata, p. 24.

1. Catastrofi globali, non fronteggiabili dalle istituzioni odierne – L’umanità sta attraversando il momento più drammatico della sua storia. Ci sono infatti sfide e problemi globali che non fanno parte dell’agenda politica dei governi nazionali, anche se dalla loro soluzione dipende la sopravvivenza dell’umanità. Elencherò cinque di queste sfide e di queste emergenze catastrofiche.

La prima catastrofe è quella ambientale. La nostra generazione sta recando danni irreversibili e crescenti al nostro ambiente naturale. Ogni anno l’umanità immette nell’atmosfera una quantità di anidride carbonica superiore a quella immessa l’anno precedente, mettendo a rischio, in tempi non lunghissimi, la stessa abitabilità del nostro pianeta. I processi di alterazione e distruzione della natura determinati dallo sviluppo industriale ecologicamente insostenibile – il riscaldamento globale, il conseguente scioglimento delle calotte di ghiaccio in Groenlandia e in Antartide, gli inquinamenti dell’aria e dei mari, la riduzione della biodiversità, le siccità, gli incendi, le alluvioni – stanno distruggendo le condizioni di vita sul nostro pianeta. Contemporaneamente si stanno estinguendo le risorse energetiche non rinnovabili – il petrolio, il carbone e i gas naturali – accumulate in milioni di anni e dissipate in non più di due secoli. Lo sviluppo insostenibile sta insomma distruggendo i beni comuni della natura come se noi fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.

La seconda catastrofe è costituita dalle guerre e dalle minacce alla pace favorite dalla produzione, dal commercio e dalla detenzione di armi sempre più micidiali. Il ripudio della guerra formulato dalla Costituzione italiana e dalla Carta dell’Onu è scomparso dall’orizzonte della politica internazionale. Nuove guerre di aggressione sono state scatenate dalle grandi potenze, dopo la fine dell’Unione Sovietica, quali mezzi di soluzione delle controversie internazionali: in Iraq, nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, di nuovo in l’Iraq, in Libia, in Siria ed oggi in Ucraina, dove la guerra criminale scatenata da Putin rischia di deflagrare in una guerra atomica, e a Gaza, dove Israele ha risposto all’attacco criminale, disumano e terroristico di Hamas con una guerra di rappresaglia altrettanto disumana che sta provocando decine di migliaia di morti innocenti. Sono guerre che si distinguono, rispetto a quelle del passato, per gli armamenti sempre più micidiali e perché, sempre più, le loro vittime sono tra le popolazioni civili dei paesi aggrediti.

La terza catastrofe è la crescita nel mondo delle disuguaglianze, della povertà, della fame e delle malattie non curate, sempre più visibili in un mondo interamente interconnesso. I dati statistici sono terribili. Secondo il rapporto Oxfam del 2024, la ricchezza delle 5 persone più ricche del mondo è negli ultimi quattro anni più che raddoppiata, passando dai 405 miliardi del 2020 agli 869 miliardi di oggi, mentre il 60% della popolazione mondiale è impoverita. Sono 821 milioni le persone che nel 2018 hanno sofferto la fame e la sete e oltre 2 miliardi quelle che non hanno accesso ai 460 farmaci essenziali o salva-vita, che fin dal 1977 l’Organizzazione Mondiale della Sanità stabilì che debbano essere accessibili a tutti. Le conseguenze di questi flagelli sono spaventose. Più di 8 milioni di persone – 24.000 al giorno – in gran parte bambini, muoiono ogni anno per mancanza dell’acqua potabile e dell’alimentazione di base. Altrettante persone muoiono per la non disponibilità dei farmaci salva-vita, vittime del mercato oltre che delle malattie, dato che taluni di questi farmaci sono brevettati, o peggio non sono prodotti per difetto di domanda nei paesi ricchi, dove talune malattie da essi curate sono oggi scomparse.

La quarta catastrofe è lo sfruttamento selvaggio del lavoro. A causa della concorrenza al ribasso, generata dalla globalizzazione, tra lavoratori dei paesi ricchi e lavoratori dei paesi poveri, dove le imprese possono liberamente trasferire le loro produzioni, le garanzie dei diritti dei primi sono state smantellate e lo sfruttamento dei secondi ha raggiunto forme paraschiavistiche. Nei paesi avanzati, dove i lavoratori avevano conquistato in un secolo e mezzo di lotte condizioni civili di vita, diritti fondamentali e dignità di persone, il diritto del lavoro è stato letteralmente distrutto, essendosi il lavoro, per la crescente precarietà e per la pressione delle misure liberiste, trasformato in una merce come alle origini del capitalismo. Nei paesi arretrati ci sono salari di meno di un dollaro l’ora e ha fatto la sua ricomparsa il lavoro schiavo: è stato calcolato che sono circa 60 milioni, nel mondo, le persone che lavorano in condizioni di schiavitù.

La quinta catastrofe è il dramma delle centinaia di migliaia di migranti che ogni anno fuggono da una o più d’una di queste tragedie, sono respinti alle nostre frontiere e, quando non muoiono nelle loro odissee, incontrano nei nostri paesi oppressioni e discriminazioni razziste. E’ questa una violazione clamorosa del diritto di emigrare, teorizzato in Spagna fin dal XVI secolo per legittimare la conquista e la colonizzazione del “nuovo mondo” da parte degli spagnoli e oggi codificato negli articoli 13 e 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, nell’articolo 12 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966 e nell’art. 35 della Costituzione italiana. Tutti gli accordi con i paesi d’emigrazione diretti a impedire la partenza dei migranti sono violazioni di un diritto fondamentale, cioè del dritto internazionale e del diritto costituzionale vigente e, insieme, del principio della pari dignità di tutti gli esseri umani. Ancor più grave è il progetto avanzato in Italia, dalla destra al governo, di deportare i migranti in centri di detenzione in Albania: i migranti non sono cose, ma persone e il loro trasferimento fuori dei nostri confini contro la loro volontà sarebbe non solo una violazione del diritto di emigrare, ma anche un sequestro di persona.

Queste catastrofi non sono, né possono essere affrontate dalle politiche nazionali, inerti e impotenti perché ancorate agli spazi ristretti delle circoscrizioni elettorali e ai tempi brevi delle elezioni e dei sondaggi. E tuttavia è certo che 8 miliardi di persone, 193 Stati sovrani, nove dei quali dotati di armamenti nucleari, un anarco-capitalismo vorace e predatorio e un sistema industriale ecologicamente insostenibile non potranno a lungo sopravvivere senza produrre catastrofi in grado di mettere in pericolo l’abitabilità del pianeta e la stessa sopravvivenza dell’umanità.

E’ questo un dato di fatto. Per effetto della globalizzazione sono cambiate le coordinate e i presupposti stessi del costituzionalismo quali furono disegnati, in quella grande stagione costituente che fu il quinquennio 1945-1949, dalle costituzioni rigide del secondo dopoguerra, dalla carta dell’Onu, dalla Dichiarazione universale del 1948 e poi dalle tante carte internazionali dei diritti umani. Se è vero che il costituzionalismo è un sistema di limiti e vincoli imposto a poteri altrimenti selvaggi, a garanzia dei principi di giustizia e dei diritti fondamentali costituzionalmente stabiliti, allora dobbiamo riconoscere che rispetto a quella stagione costituente sono cambiati sia i poteri da limitare che le loro aggressioni ai beni e ai diritti fondamentali. E’ cambiata anzitutto la geografia dei poteri. I poteri che contano, quelli dal cui esercizio dipende il futuro dell’umanità, si sono trasferiti fuori dei confini degli Stati nazionali. E’ cambiata inoltre la natura delle aggressioni al diritto e ai diritti, che sono tutte di carattere globale. Se l’umanità vuole sopravvivere, poteri globali e aggressioni globali impongono un salto di civiltà, cioè un’espansione del costituzionalismo oltre lo Stato, all’altezza dei poteri globali da cui provengono le minacce al nostro futuro.

Ne consegue l’inadeguatezza del costituzionalismo odierno a fronteggiare le sfide che oggi provengono da queste aggressioni globali. A causa dei loro limiti spaziali, i governi nazionali e le loro costituzioni sono oggettivamente impotenti di fronte alle catastrofi planetarie in atto, destinate tutte, peraltro, ad aggravarsi. Non è solo una questione di malgoverno, o di egoismi nazionali o di volontà di sopraffazione politica o economica. E’ una questione drammaticamente oggettiva. Anche volendo, nessun attore della politica o dell’economia mondiale, per quanto potente – nessuno Stato pur dotato dei massimi armamenti militari, nessuna grande impresa multinazionale pur gestita da filantropi – potrà mai affrontare, da solo, i problemi del riscaldamento climatico, del disarmo mondiale e delle disuguaglianze planetarie. Solo un nuovo contratto sociale di carattere globale tra tutti gli Stati e i popoli del pianeta può pattuire, in forma vincolante, le garanzie della pace, dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani e dei beni vitali della natura

Quel contratto, non dimentichiamo, fu stipulato all’indomani della seconda guerra mondiale mediante quell’embrione di costituzione del mondo che è formato dalla carta dell’Onu e dalle tante carte internazionali dei diritti umani. Ma esso è fallito – e non poteva non fallire – per due ragioni. La prima è stata la conservazione nella carta dell’Onu, in contraddizione con il principio della pace e con i diritti umani, della sovranità degli Stati e delle loro diverse cittadinanze. Tutto il diritto internazionale, tutte le istituzioni e le organizzazioni internazionali sono modellati sul paradigma dello Stato nazionale sovrano. Sono gli Stati i soli attori e destinatari del diritto internazionale. E’ chiaro che le sovranità degli Stati e conseguentemente le diverse e disuguali cittadinanze statali rendono illusori, perché rispetto ad esse non sopra-ordinati né quindi rigidamente vincolanti, i principi di pace e di uguaglianza nei diritti fondamentali pur stabiliti in tante carte dei diritti umani. La seconda e ancor più grave ragione del fallimento di queste carte è stata la mancata previsione di quelle che possiamo chiamare istituzioni di garanzia primaria dei diritti di libertà e dei diritti sociali in esse stabiliti. I principi della pace e dell’uguaglianza e i diritti fondamentali delle persone, stipulati nelle tante carte dei diritti, sono perciò rimasti sulla carta per la grande maggioranza del genere umano, quali promesse non mantenute.

Per questo è urgente una rifondazione del patto di convivenza tra tutti i popoli e gli Stati, onde dar vita a un costituzionalismo globale capace di colmare il vuoto di di­ritto pub­blico prodotto dall’asimmetria tra il carattere planetario degli odierni poteri selvaggi dei mercati e degli Stati più potenti e il carattere ancora prevalentemente locale della politica e del diritto. E’ il progetto di una Costituzione della Terra formulato nel volume Per una costituzione della Terra. L’umanità al bivio, Feltrinelli, Milano 2022, tradotto in più lingue e qui riportato. Non si tratta di un’ipotesi utopistica. Si tratta della sola risposta razionale e realistica allo stesso dilemma che fu affrontato quasi quattro secoli fa da Thomas Hobbes: la generale insicurezza determinata dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto di convivenza pacifica sulla base del divieto della guerra e della garanzia della vita. Con due differenze drammatiche tra la società naturale dell’homo homini lupus ipotizzata da Hobbes e lo stato di natura nel quale si trovano tra loro i 193 Stati sovrani e i grandi poteri economici e finanziari globali. La prima è che l’attuale società selvaggia dei poteri globali è una società popolata non più da lupi naturali, ma da lupi artificiali – gli Stati e i mercati – sostanzialmente sot­trat­tisi al con­trollo dei loro creatori e dotati di una capacità distruttiva incomparabilmente maggiore di qualunque armamento del passato. La seconda è che, di­versamente da tutte le altre catastrofi pas­sate – le guerre mondiali, gli orrori dei totalitarismi – la ca­tastrofe ecologica e quella nucleare sono in larga par­te ir­reversibili, e forse non faremo in tempo a formulare nuovi “mai più”. C’è infatti il pericolo che si acquisti consapevolezza della necessità di un nuovo patto quando sarà troppo tardi.

Di qui la necessità di un nuovo contratto sociale di carattere globale tra tutti gli Stati e i popoli del pianeta che rimedi ai difetti della Carta dell’Onu e delle tante carte internazionali dei diritti umani. Non basta, infatti, proclamare la pace e i diritti fondamentali. E’ necessario introdurre i mezzi, cioè le garanzie, senza le quali i fini rappresentati dalla pace e dai diritti sono destinati a restare sulla carta. L’affermazione in tante carte sovranazionali della pace, dell’uguaglianza e dei diritti umani avrebbe imposto, per essere effettiva, due requisiti di cui tali carte sono prive: la garanzia della loro rigidità, quali insiemi di norme sopra-ordinate a tutte le altre fonti, statali e internazionali e, soprattutto, l’introduzione delle loro istituzioni di garanzia, onde dar vita a una sfera pubblica globale: garanzie della pace, mediante il disarmo globale; garanzie dei diritti sociali alla salute, all’istruzione e alla sussistenza mediante la trasformazione dell’Organizzazione mondiale della sanità, dell’Unesco e della Fao in effettive istituzioni globali di garanzia adeguatamente finanziate da un fisco globale; garanzie dei beni comuni contro le devastazioni ambientali, tramite l’istituzione di demani sovranazionali; garanzie giurisdizionali, a cominciare dal controllo di costituzionalità, contro le violazione dei divieti e degli obblighi nei quali tutte le garanzie consistono.

2. Il progetto di una Costituzione della Terra. Ciò che la distingue da tutte le carte dei diritti, vigenti o progettate: l’introduzione di funzioni e di istituzioni globali di garanzia – Il progetto qui proposto di una Costituzione mondiale non è nuovo. Altri progetti sono stati avanzati, consistenti di solito nella democratizzazione delle attuali istituzioni politiche di governo dell’Onu oppure, come nella Carta della Terra del 2000, nell’enunciazione dei principi della pace, della giustizia sociale e dei diritti umani. Ciò che è nuovo, nel progetto in 100 articoli proposto al dibattito pubblico dalla nostra Costituente Terra, rispetto a questi progetti e soprattutto a tutte le carte internazionali vigenti, è la presenza dei due requisiti la cui mancanza ha provocato il fallimento di tali carte: la rigidità della Costituzione proposta, in forza della quale una norma con essa in contrasto è destinata ad essere annullata da un’apposita giurisdizione globale di costituzionalità e, soprattutto, l’imposizione, quali limiti e vincoli ai poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali, di adeguate garanzie e delle relative istituzioni. Nel nostro progetto vengono previste in primo luogo le garanzie primarie, consistenti nei divieti corrispondenti a quelle aspettative negative di non lesione che sono la pace, il diritto alla vita e tutti i diritti di immunità e di libertà, e negli obblighi corrispondenti a quelle aspettative positive di prestazione che sono tutti i diritti sociali, come i diritti alla salute, all’istruzione e alla sussistenza; in secondo luogo le garanzie secondarie o giurisdizionali, consistenti nell’accertamento e nella sanzione o nella riparazione, ad opera di giurisdizioni obbligatorie, delle violazioni dei diritti fondamentali e delle loro garanzie primarie.

E’ questa l’importante innovazione garantista del paradigma costituzionale, proposta dal nostro progetto di Costituzione della Terra. Prendendo sul serio le tante carte dei diritti esistenti, che sono diritto vigente ancorché ineffettivo, il progetto non si limita alle enunciazioni di principio in tema di pace, uguaglianza e diritti umani, ma introduce le tecniche garantiste idonee a renderle effettive, a cominciare dalla previsione non solo delle tradizionali funzioni legislative, esecutive e giudiziarie, ma anche delle ben più importanti funzioni e istituzioni di garanzia primaria dei diritti e dei beni fondamentali costituzionalmente stabiliti.

L’ipotesi teorica che è alla base del nostro progetto è infatti una revisione della classica tipologia e separazione dei poteri formulata da Montesquieu quasi tre secoli fa, in presenza di un assetto istituzionale che non ha nulla a che fare con quello degli Stati contemporanei e meno che mai con la prospettiva di una democrazia costituzionale di livello internazionale. Quella tripartizione – tra potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario – fu pensata allorquando il potere esecutivo era detenuto dal monarca e occorreva garantire l’autonomia e il primato degli organi legislativi e l’indipendenza della magistratura. Oggi quella tripartizione non è più in grado di dar conto della complessità della sfera pubblica delle odierne democrazie e di fondarne la struttura garantista. E’ inadeguata sul piano descrittivo, dato che è smenti­ta da tutti gli ordinamenti democratici, nei quali l’esecutivo, scomparso il monarca, ha la stessa legittimazione elettorale del legislativo e il rapporto tra esecutivo e legislativo, soprattutto nei sistemi parlamentari, è assai più di connessione che di separazione. Ma è inadeguata soprattutto sul piano assiologico, dato che è responsabile del fatto che le nuove funzioni di garanzia primaria – come la scuola, la sanità pubblica, le tutele dell’ambiente naturale – inesistenti o addirittura inconcepibili ai tempi di Montesquieu, non potendo essere collocate all’interno del potere legislativo o di quello giudiziario, si sono sviluppate in forme burocratiche, nonostante il loro carattere contro-maggioritario, entro quel grande contenitore che è la Pubblica Amministrazione alle dipendenze del potere esecutivo.

Ben più della classica se­para­zione montesquieviana è oggi essenziale, a mio parere, un’ulteriore separazione delle funzioni pubbliche, basata su una loro distinzione di fondo, corrispondente alle due grandi dimen­sioni dell’esperienza: volontà e conoscenza, potere e sapere, produzione e applicazione del diritto, legis‑latio e iuris‑dictio. E’ sulla diversa natura di queste attività e sulla diversità delle loro fonti di legit­timazione che deve oggi basarsi la separazione dei pubblici poteri: tra le funzioni e le istituzioni di gover­no, legittimate dalla rappresentatività politica, e le funzioni e le isti­tuzioni di ga­ran­zia, legittimate dalla soggezione alla legge e all’u­niver­salità dei diritti fondamentali costituzionalmente stabiliti. Le istituzioni di governo sono infatti quelle investite delle fun­zioni politiche di produzione e di innovazione discrezionale in ordine a quella che possiamo chiamare la sfera del decidibile: non solo, quindi, le funzioni propriamente governative di indirizzo politico e di scelta amministrativa, ma anche le funzioni legislative. Le istituzioni di garanzia sono invece quelle investite delle funzioni vincolate all’applicazione della legge, che nella democrazia costituzionale inclusi il principio della pace, la tutela dell’ambiente e i diritti fondamentali, a garanzia di quella che possiamo chiamare la sfera del non decidibile (che o che non): non solo, quindi, le funzioni giudiziarie o di garanzia secondaria, che intervengono per rimuovere o riparare le violazioni giuridiche, cioè gli atti invalidi e gli atti illeciti, ma ancor prima le ben più importanti funzioni di garanzia primarie, consistenti nella diretta garanzia dei dirit­ti sociali, come le istituzioni sanitarie, quelle scolasti­che, quelle assistenziali, quelle previdenziali e quelle di tutela della pace e dell’ambiente naturale. Essendo vincolate all’applicazione imparziale della legge sulla base della cognizione dei suoi presupposti, tutte le funzioni di garanzia, sia quelle primarie che quelle secondarie, sono anti-maggioritarie, essendo legittimate non già, come le funzioni di governo, dal principio di maggioranza in rappresentanza della volontà popolare, bensì dal loro ruolo di tutela, anche contro le maggioranze, dei diritti e dei beni fondamentali di tutti.

C’è peraltro un tratto caratteristico dei diritti fondamentali che spiega la loro attuale ineffettività nell’ordinamento internazionale. Diversamente dai diritti patrimoniali, le cui garanzie vengono ad esistenza insieme ai diritti garantiti – il debito insieme al credito, il divieto di lesione insieme al diritto reale di proprietà – i diritti fondamentali, al pari della pace e della tutela dell’ambiente, non nascono insieme alle loro garanzie, che ben possono mancare e di fatto, nel diritto internazionale, mancano totalmente. A livello globale hanno perciò bisogno di norme di attuazione che ne introducano quelle che ho chiamato le loro garanzie primarie e le relative istituzioni: un servizio sanitario mondiale; un servizio scolastico parimenti universale; un’organizzazione mondiale del lavoro che assicuri garanzie tendenzialmente uguali a tutti i lavoratori; garanzie della sussistenza attraverso un reddito di base universale recuperabile dagli abbienti con il prelievo fiscale; un demanio planetario, la messa al bando delle armi, lo scioglimento degli eserciti e un fisco globale progressivo.

Nessuna di queste istituzioni di garanzia primaria è mai stata istituita; mentre sono proprio queste funzioni e queste istituzioni di garanzia, ben più che le funzioni e le istituzioni di governo, che a livello globale è necessario sviluppare in attuazione del paradigma costituzionale. Ciò di cui abbiamo bisogno, ai fini della garanzia della pace, dell’ambiente e dei diritti umani, è non già l’istituzione di un’improbabile e neppure au­spicabile riproduzione della forma dello Stato a livello sovra­nazionale – una sorta di super‑stato mondiale – bensì l’introduzione di funzioni e istitu­zioni di garanzia in grado di attuare i principi costituzionalmente stabiliti. Le funzioni e le istituzioni di governo, essendo legittimate dalla rappresentanza politica, è bene ri­mangano quanto più possi­bile negli Stati nazionali, più vicine agli elettori, essendo più che sufficienti, a livello globale, le attuali istituzioni di governo dell’Onu, sia pure democratizzate. Al contrario, le fun­zioni e le istituzioni di garanzia primaria dei diritti fondamentali, e in particolare dei diritti sociali alla salute, all’istruzione e alla tutela della pace e dell’ambiente, essendo legittimate non già dal consenso della maggioranza ma dall’universalità dei diritti fondamentali, è soprattutto a livello globale che devono essere introdotte, onde rimediare alla loro possibile assenza o insufficienza a livello locale.

E’ la mancanza di queste funzioni e di queste istituzioni globali di garanzia – non meno, anzi più democratiche delle funzioni elettive di governo giacché garantiscono i diritti fondamentali di tutti – la vera, grande lacuna dell’odierno diritto internazionale, equivalente a una sua vistosa violazione e responsabile del fallimento delle tante carte dei diritti umani. E sono queste funzioni e istituzioni di garanzia che occorre concepire e poi introdurre ed imporre normativamente in una Costituzione della Terra, onde garantire la sopravvivenza del genere umano, minacciata per la prima volta nella storia dalle nostre stesse politiche irresponsabili. In assenza di queste funzioni e istituzioni e dei limiti e dei vincoli da esse imposte ai mercati globali, il rapporto tra politica ed economia si è capovolto, dando luogo all’asimmetria di cui ho già detto tra il carattere globale della seconda e il carattere ancora soltanto statale della prima e alla conseguente crisi delle nostre democrazie. A causa di questa asimmetria, oggi non sono più gli Stati che garantiscono la concorrenza tra le imprese, ma sono al contrario le grandi imprese transnazionali che mettono in concorrenza gli Stati, privilegiando per i loro investimenti quelli nei quali sono assenti le garanzie del lavoro e dei diritti fondamentali, minori o inesistenti le tutele dell’ambiente, minori le imposte e maggiori le possibilità di corrompere o comunque di condizionare i governi. Per questo, l’alternativa è oggi radicale: o si sviluppa un processo costituente di una sfera pubblica sovranazionale in grado di porre limiti e vincoli alla sovranità selvaggia dei mercati e degli Stati più potenti tramite la creazione di istituzioni globali di garanzia dei diritti e dei beni vitali di tutti, oppure sono in pericolo non soltanto le nostre democrazie ma anche la pace e la vivibilità del pianeta.

Rispetto al costituzionalismo tradizionale, una Costituzione della Terra dovrà pertanto avere una struttura assai più estesa e complessa. Il costituzionalismo odierno è un costituzionalismo di diritto pubblico, ancorato alla forma dello Stato nazionale e declinato come sistema di limiti e vincoli a garanzia dei soli diritti fondamentali. Le espressioni “stato di di­rit­to”, “stato legislativo di diritto”, “stato costituzionale di diritto” sono significative: solo lo Stato e la po­litica, nella nostra tradizione, sa­rebbero il luogo del potere e se ne giu­stifi­cherebbe, nel diritto interno, la soggezione a re­gole e a con­trol­li e, nel diritto internazionale, al solo, debole vincolo del rispetto dei trattati; la società civile e il mer­cato, al contra­rio, non sarebbero anch’essi luoghi di potere, bensì luoghi delle li­bertà, che si trattereb­be soprat­tutto di pro­teg­gere con­tro gli abusi e gli ec­cessi dei poteri pubblici.

La costituzione della Terra che proponiamo di elaborare si caratterizzerà invece per un allargamento del paradigma costituzionale oltre lo Stato, in quattro direzioni: a) in direzione di un costituziona­lismo sovranazionale, in aggiunta a quello statale espresso dalle costituzioni dei diversi paesi, onde superare lo stato di natura e di guerra virtuale in cui sostanzialmente vive tuttora la società internazionale; b) in direzione di un costituzionalismo sociale, in aggiunta a quello liberale, tramite le garanzie dei diritti sociali nelle forme di un welfare di diritto o dei diritti, anziché in quelle odierne dello Stato sociale burocratico; c) in direzione di un costituzionalismo di diritto privato, in aggiunta a quello di diritto pubblico edificato contro i pubblici poteri, e non anche contro i poteri economici privati, indebitamente concepiti come libertà e non come poteri; d) in direzione di un costituzionalismo dei beni, in aggiunta a quello dei diritti, che preveda da un lato la tutela come fondamentali, perché vitali, dei beni comuni della natura e di beni artificiali come i farmaci salva-vita e dall’altro, la proibizione come illeciti, perché micidiali, di beni come le armi, i rifiuti tossici e le emissioni inquinanti.

Non si tratta soltanto di un allargamento, ma anche di un inveramento del costituzionalismo. Lo sviluppo di un costituzionalismo globale, al di là dello Stato, altro non è che la doverosa attuazione del costituzionalismo esistente. I diritti fondamentali stipulati nelle tante carte internazionali – se presi sul serio, cioè come norme giuridiche vincolanti – implicano infatti, logicamente, le loro garanzie, la cui mancata introduzione equivale alla loro violazione e integra perciò un’indebita lacuna. “La di­chiara­zione dei di­ritti contiene le obbliga­zioni dei le­gislato­ri”, stabilì l’articolo 1 della sezione “doveri” della Co­sti­tuzione francese del­l’anno III. Precisamente, il divieto di lesione dei diritti di libertà e l’obbligo di soddisfazione dei diritti sociali sono implicati, quali loro garanzie, da quelle aspettative negative o positive nelle quali consistono tutti i diritti in tali carte stipulati.

Sono questi doveri – i divieti a garanzia della pace, dell’ambiente e delle libertà, e gli obblighi a garanzia dei diritti sociali – che vanno dunque introdotti, quali garanzie a loro volta universali. E’ chiaro che l’universalismo dei diritti umani e delle loro garanzie è incompatibile con la cittadinanza, che è l’ultimo accidente di nascita che differenzia le persone per ragioni di status. Il principio della pace, a sua volta, è incompatibile con la sovranità, non essendo ammessi dalle costituzioni rigide poteri costituiti illimitati. “La sovranità appartiene al popolo”, affermano le costituzioni democratiche. Ma tale norma è compatibile con il paradigma costituzionale, che non ammette poteri sovrani, solo se intesa in due significati tra loro connessi: in negativo, nel senso che la sovranità appartiene al popolo e a nessun altro, e nessun potere costituito – assemblea rappresentativa o presidente eletto –, può appropriarsene e usurparla; in positivo, nel senso che, non essendo il popolo un macrosoggetto ma l’insieme di tutti i consociati, la sovranità appartiene a tutti e a ciascuno, identificandosi con quei frammenti di sovranità, cioè di poteri e contropoteri, che sono i diritti fondamentali di cui tutti e ciascuno sono titolari. Cittadinanza e sovranità, in breve, se prendiamo sul serio i principi dell’uguaglianza e della pace, sono di tutti o, che è lo stesso, non sono di nessuno.

3. La cecità delle opinioni pubbliche e l’irresponsabilità delle politiche odierne – L’aspetto più insidioso e drammatico della nostra inerzia di fronte alle catastrofi all’inizio elencate consiste nella nostra cecità, cioè nella nostra indisponibilità a percepirle. Questa cecità dipende dal fatto che abbiamo la fortuna di vivere nella parte ricca del mondo dove si può rispondere ai cambiamenti climatici adeguando i termostati. Soprattutto i ceti benestanti, e più che mai i titolari di funzioni politiche o di grandi poteri economici, non avvertono nessuna delle emergenze illustrate nelle pagine che precedono, dalle quali non sono toccati pur essendone i principali responsabili. E’ questa cecità della pubblica opinione, della politica e dell’economia, fino a forme esplicite di negazionismo, il vero, grande problema che pesa sul nostro futuro. Nonostante i cataclismi ogni anno più gravi e devastanti, il mutare delle stagioni, i grandi caldi e i grandi freddi, gli incendi e le grandini, le siccità e le alluvioni, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari e il prosciugarsi dei fiumi e dei laghi, quanti potrebbero accordarsi per fronteggiare le sfide globali non stanno facendo nulla e continuano nei loro spensierati tenori di vita.

Eppure una lezione avremmo dovuta trarla da una grave emergenza che proprio in questi anni ha colpito tutto il mondo ed ha mostrato tutta la nostra comune fragilità e interdipendenza: la pandemia del covid 19, improvvisamente esplosa nel febbraio 2020 e non ancora cessata. Il virus non conosce confini e in poche settimane ha invaso tutto il mondo, senza distinzione di nazionalità e di ricchezze. Ha paralizzato e sconvolto l’economia, ha alterato la vita quotidiana di tutti gli abitanti della terra, ha reso evidente, con il suo terribile bilancio quotidiano di contagiati e di morti, la mancanza di istituzioni globali di garanzia della salute. Ha anche portato alla luce l’insensatezza e la miopia delle politiche liberiste, che in Italia come in molti altri paesi avevano tagliato la spesa per la salute pubblica, chiudendo ospedali, sopprimendo posti letto e riducendo il personale sanitario al fine di abbassare le imposte sui ricchi e avvantaggiare la sanità privata. Soprattutto, la pandemia ha colto impreparati tutti i governi, che non hanno fatto nulla per prevenirla e si sono rivelati privi delle misure più elementari – dalle mascherine ai tamponi, dai respiratori a un numero adeguato di medici e infermieri e di reparti di terapia intensiva – per fronteggiarla. Stati, regioni e comuni si sono mossi in ordine sparso, adottando misure e strategie diverse ed eterogenee, di solito insufficienti perché condizionate dal timore di danneggiare l’economia e così favorendo la diffusione dei contagi e moltiplicando il numero dei morti.

Da una simile tragedia avremmo dovuto ricavare due insegnamenti, entrambi vitali. In primo luogo il dramma dei contagi ha mostrato il valore insostituibile della sanità pubblica e del suo carattere universale e gratuito, che è la sola garanzia dell’uguaglianza nel godimento del diritto alla salute quale diritto fondamentale di tutti. Solo la sfera pubblica è in grado di investire fondi nella prevenzione e nella gestione delle epidemie e di pianificare – nell’interesse di tutti, senza privilegi né discriminazioni – le prestazioni sanitarie, al di là delle contingenti convenienze economiche che condizionano invece la sanità privata. In secondo luogo avrebbe dovuto trarsi, dalla pandemia, un altro insegnamento, legato al suo carattere globale, peraltro non diverso da quello delle cinque emergenze ancor più gravi illustrate nel primo paragrafo: la necessità di risposte globali, quali possono essere date soltanto da istituzioni sanitarie di garanzia a loro volta mondiali. Solo istituzioni globali possono infatti garantire l’uguale soddisfazione del diritto alla salute di tutti gli esseri umani. Rispetto a questo ruolo l’attuale Organizzazione mondiale della sanità è del tutto inadeguata. Per garantire cure e vaccini a tutti gli esseri umani, come vorrebbe la stipulazione del diritto alla salute in tante carte costituzionali e internazionali, essa dovrebbe disporre di un bilancio migliaia di volte superiore a quello attuale: non i 4 miliardi di dollari ogni due anni, oltre tutto di provenienza prevalentemente privata, ma 4.000 miliardi ogni anno, e forse più, onde finanziare la costruzione di ospedali e la presenza di medici, di infermieri e di farmaci in tutto il mondo.

Invece non abbiamo imparato assolutamente nulla. Nessuno di questi insegnamenti è stato appreso dalla politica e dalla pubblica opinione. Al contrario si è sviluppata una generale rimozione, o peggio un’esplicita negazione della pericolosità del virus e della necessità di misure di difesa – dall’obbligo delle mascherine alle restrizioni della libertà di circolazione – e poi perfino dei vaccini. Immediatamente i populismi di tutto il mondo, sia al governo che all’opposizione – in Italia e in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Brasile – hanno dapprima alimentato diffidenza e ostilità alle misure prescritte dalla scienza medica ed hanno poi dato voce e rappresentanza ai negazionisti per raccattarne i voti. Si è rivelata, in questa vicenda, l’alto tasso di irrazionalità su cui fanno leva, soprattutto a destra, tutti i populismi.

Se questa è stata la reazione del nostro ceto politico e di una parte non piccola della pubblica opinione a un fenomeno clamorosamente evidente come è stata la pandemia, che per due anni ci ha chiusi tutti in casa e ha minacciato la vita di tutti, è facile comprendere la cecità e l’imprevidenza di fronte alle altre ben più gravi catastrofi globali, assai meno visibili e impellenti, che incombono sul nostro futuro. Le ragioni di questa generale incoscienza – ecologica, nucleare e umanitaria – e della nostra insensibilità morale sono molteplici. C’è il negazionismo più o meno consapevole di verità troppo scomode, alimentato dall’avversione comunque alla scienza e alla sfera pubblica. C’è la nostra indifferenza, generata anche dall’“idea di uomo” che, come ha scritto Joseph E. Stiglitz (Freefall, 2010, tr. it., Bancarotta, Einaudi, cap. IX, p. 358), “sta alla base dei modelli economici prevalenti, ossia un individuo calcolatore, razionale, egoista, che pensa solo a se stesso e non lascia spazio alcuno all’empatia, al senso civico, all’altruismo”: un essere orribile, cui non vorremmo assomigliare, che certamente non vorremmo frequentare e che tuttavia viene proposto come modello di razionalità benché, aggiunge ottimisticamente Stiglitz, “descriva più gli economisti che le altre persone” al punto che “quanto più a lungo gli universitari studiano economia tanto più tendono ad assomigliare al modello”.

Ma c’è anche un altro fattore dell’impotenza e del disimpegno: una sorta di regressione infantile – anti-politica, anti-liberale, anti-sociale, anti-illuministica –, a sostegno della deresponsabilizzazione e della delega in bianco ai poteri, quali che siano, delle decisioni che contano sul nostro futuro. E’ il disimpegno illustrato da Kant nel suo saggio Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo? del 1784. “L’illuminismo”, egli scrive, “è luscita dell’uomo dallo stato di minorità”, cioè dall’“incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. E’ questa minorità, questa anestitizzazione dello spirito pubblico, questa passivizzazione, questo bisogno di un capo cui affidarsi che vengono oggi promossi dal crollo della partecipazione politica. “E’ così comodo essere minorenni!… Non ho bisogno di pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione”. Questi “tutori che si sono assunti con tanta benevolenza l’alta sorveglianza sui loro simili minorenni” mostreranno – “dopo averli in un primo tempo istupiditi come fossero animali domestici” e impedito loro di “muovere un passo fuori della carrozzella per bambini in cui li hanno imprigionati” – “il pericolo che li minaccia qualora cercassero di camminare da soli”. Alla maturità illuminista, aggiunse Kant, “non occorre altro che la libertà, e la più inoffensiva di tutte le libertà, quella di fare pubblico uso della propria ragione”: che vuol dire ragionare autonomamente, nella consapevolezza che nell’uso della ragione consiste la nostra dignità di persone e che ciascuno di noi può essere artefice del proprio futuro e tutti possiamo esserlo del futuro della democrazia, della pace e della sopravvivenza dell’umanità. Sono invece un segno di infantilismo e di immaturità l’indisponibilità a pensare il futuro come un non-futuro e il rifiuto di aprire gli occhi di fronte all’auto-distruzione del genere umano, letteralmente impensabile.

E’ perciò la stupidità il principale nemico dell’umanità. La cosa più spaventosa è che questa stupidità, questo infantilismo e questa cecità sono condivisi anche dai nostri tutori e governanti, più di tutti ammalati di presentismo e di localismo. E’ su questa cecità che si fonda il realismo volgare espresso dall’idea che a quanto accade non esistono alternative. Contro questo realismo, che legittima come inevitabile l’esistente, occorre quanto meno distinguere ciò che è improbabile da ciò che è impossibile. E’ questo il primo passo in direzione di un’espansione a livello globale del paradigma costituzionale: il fatto che tale espansione non sia considerata impossibile. Il secondo passo è che si cominci a parlarne e a progettarla, a promuoverla nel dibattito pubblico e a mostrarne non solo la possibilità ma anche la necessità e l’urgenza. E’ insomma necessario che la prospettiva di un costituzionalismo globale divenga un obiettivo politico per tutte le forze progressiste.

Proprio questa cecità impone alla cultura giuridica e politica un aggiornamento radicale dei suoi apparati concettuali, onde consentirci di vedere la realtà e di pensare le possibili soluzioni dei problemi. Solo se si mostrerà che un’alternativa allo stato attuale del mondo è possibile e che essa dipende dall’impegno di tutti, potranno prodursi un risveglio della ragione e lo sviluppo di una nuova energia costituente. A tal fine le questioni teoriche che dobbiamo affrontare sono tre. La prima riguarda la necessità di un aggiornamento della nozione teorica di illecito, che non può non includere le catastrofi globali sopra illustrate. La seconda riguarda la necessità di un aggiornamento del paradigma costituzionale, onde renderlo in grado di impedire tali catastrofi attraverso idonee garanzie. La terza riguarda la necessità di un ripensamento della nozione corrente di realismo politico, onde identificare in tali garanzie la sola alternativa realistica alla fine dell’umanità.

4. Due concezioni opposte della catastrofi in atto: la loro odierna banalizzazione come fenomeni naturali o la loro configurazione come crimini di sistema – La prima questione riguarda la natura delle catastrofi elencate nelle pagine che precedono. Diciamo subito che esse non sono configurabili come crimini in senso penalistico. I loro autori, al pari dalle loro vittime che sono popoli interi e talora l’intera umanità, non sono identificabili con singole persone, bensì con i meccanismi del sistema economico e politico. Le azioni che le hanno provocate non sono comportamenti singoli e determinati, siccome tali prefigurabili come delitti, bensì insiemi complessi di attività politiche ed economiche messe in atto da una pluralità indeterminata di soggetti. Benché consistano in aggressioni ai diritti delle persone, esse non sono fronteggiabili con il diritto penale, dato che difettano di tutti i requisiti garantisti da questo richiesti: della determinatezza dei fatti punibili, del nesso di causalità tra le singole azioni e i cataclismi ambientali e sociali e del principio della responsabilità personale in materia penale.

Ma queste tragedie non sono neppure fenomeni naturali. Non lo sono la corsa degli Stati a dotarsi di armamenti sempre più micidiali, né le devastazioni provocate dall’odierno sviluppo industriale incontrollato. Neppure lo sono i milioni di morti per fame, per sete e per malattie non curate, conseguenti alle condizioni di miseria provocate dalle politiche di rapina dei paesi ricchi e alla totale omissione di soccorso. Né tanto meno lo sono le svariate misure di respingimento di cui sono vittime ogni anno decine di migliaia di migranti. Né sono, queste catastrofi, delle semplici ingiustizie. Sono bensì violazioni massicce dei diritti fondamentali stipulati in tante carte costituzionali, sia nazionali che sovranazionali.

C’è allora una questione di fondo alla quale dobbiamo rispondere: se sia ammissibile che la criminologia, la scienza giuridica, la scienza politica e il dibattito pubblico ignorino l’illegittimità di tali violazioni che, se non impedite dal diritto e dalla politica con idonee garanzie, sono in grado di porre fine, in tempi non lunghi, alla convivenza pacifica e alla stessa abitabilità del pianeta. La questione investe la nozione di “crimine”, che la criminologia tradizionale e il dibattito pubblico, a causa della loro subalternità al diritto penale, hanno sempre utilizzato per designare i soli comportamenti devianti previsti dal diritto penale come delitti. Le scienze criminologiche hanno così svolto e continuano a svolgere un potente ruolo di legittimazione ideologica dell’esistente: la squalificazione come ingiusti e riprovevoli dei soli fatti previsti come reati dai nostri sistemi penali e la legittimazione come permessi e non ingiusti di tutti i fatti non configurati come reati. Il giudizio giuridico, ma anche quello politico e quello morale si sono così ancorati ai soli parametri del diritto penale, diventati perciò, nel dibattito pubblico e nel senso comune, la sola chiave di lettura delle colpe e delle responsabilità della politica. Solo i fatti previsti e giudicati come crimini in senso penalistico suscitano indignazione e stigmatizzazione morale e politica. Tutto ciò che non è vietato come reato è invece ritenuto permesso. Violazioni come quelle qui illustrate, incomparabilmente più catastrofiche di tutti i delitti, proprio perché non fronteggiate né fronteggiabili dal diritto penale, non producono scandalo, bensì l’accettazione acritica – l’odierna banalizzazione del male – come se fossero fenomeni naturali e comunque inevitabili.

E’ perciò necessario prendere atto dell’inadeguatezza della nozione corrente di “crimine” e allargarla anche a queste aggressioni – le devastazioni ambientali, le esplosioni e le minacce nucleari, le stragi di migranti in mare e i milioni di morti ogni anno per mancanza di farmaci salva-vita, di acqua e di alimentazione di base – non attribuibili a singole persone e tuttavia contrarie al diritto e devastanti per popoli interi e talora per l’intera umanità. Per prevenire e fronteggiare queste violazioni e, insieme, per imputarne la commissione alle responsabilità politiche e morali di quanti potrebbero impedirle introducendo adeguate garanzie, è necessario promuovere la loro percezione sociale come crimini intollerabili di rilevanza costituzionale, pur se non addebitabili alla responsabilità penale di singole e determinate persone. Il linguaggio giuridico, non dimentichiamo, ha sempre un ruolo performativo del senso comune. Per questo ho proposto di introdurre nel lessico giuridico e politico una nozione di crimine più estesa di quella di crimine penale, onde includervi anche quest’ampia classe di violazioni di diritti e di beni fondamentali, non consistenti in atti individuali imputabili alla responsabilità di persone determinate. Ho chiamato queste violazioni crimini di sistema. E’ poi evidente che la previsione di questo tipo di crimini ben potrebbe giustificare l’istituzione di una o più giurisdizioni internazionali di sola verità – sul modello della Commissione per la verità sperimentato in Sudafrica alla fine dell’apartheid – con il potere di accertarli, insieme alle responsabilità politiche per la loro commissione, e di disporre le misure necessarie a impedirli: per esempio una giurisdizione internazionale in tema di aggressioni all’ambiente, un’altra sulla fame nel mondo e le malattie curabili ma non curate, un’altra ancora sui milioni di morti provocati ogni anno dall’uso di armi da fuoco. Solo la stigmatizzazione di queste violazioni come gravissimi crimini di sistema, responsabili di danni enormi all’intera umanità, può provocare un risveglio della ragione e l’elaborazione a livello globale, nell’interesse di tutti, di idonee garanzie dirette ad impedirle.

5. Due concezioni opposte del costituzionalismo, l’una nazionalistica, l’altra universalistica. Sulla nozione di popolo. Il popolo della Terra – Ancor più importante è la seconda questione sollevata dalle catastrofi globali qui chiamate crimini di sistema: quella della risposta istituzionale in grado di fronteggiarle. Tale risposta, cioè un adeguato sistema di limiti e vincoli ai poteri globali dai quali esse provengono, non può che consistere nell’espansione, al di là dello Stato, del paradigma del costituzionalismo rigido quale è stato adottato dalle odierne democrazie costituzionali all’indomani della liberazione dal nazifascismo. In questa prospettiva il problema della democrazia è non tanto il potere, quanto piuttosto quello dei limiti, dei vincoli e dei controlli sull’esercizio di qualunque potere, sia esso pubblico o privato, statale o sovrastatale. La vera rivoluzione democratica, al tempo stesso liberale e sociale, non consiste nella conquista del potere, bensì nell’imposizione di rigide garanzie al suo esercizio altrimenti arbitrario: garanzie consistenti in limiti e vincoli di forma, diretti ad assicurarne la rappresentatività popolare e, soprattutto, in limiti e vincoli di sostanza o contenuto, imposti a sostegno della pace e dell’uguaglianza nei diritti fondamentali si tutti.

Si pone qui una questione teorica di fondo, che riguarda il ruolo delle costituzioni e il concetto stesso di costituzionalismo. La concezione della costituzione che prevale nella nostra tradizione, e dalla quale la cultura giuridica ha difficoltà a liberarsi, è diametralmente opposta a quella fin qui delineata. Secondo questa concezione esisterebbe un nesso tra costituzione, popolo e Stato nazionale. “La parola ‘costituzione’”, scrisse Carl Schmitt nel libro Verfassungslehre del 1928 (tr. it. Dottrina della costituzione, Giuffré, 1984, p. 15), “deve essere limitata alla costituzione dello Stato, cioè all’unità politica di un popolo”. Essa esprime, egli aggiunse in Der Hüter der Verfassung del 1931 (tr. it. Il custode della costituzione, Giuffrè 1981, pp. 245 e 135), “l’unità del popolo come totalità politica”, in accordo con “l’assioma democratico dell’identità della volontà di tutti i cittadini”. Le costituzioni, secondo questa concezione nazionalista e identitaria tuttora prevalente nella nostra dottrina giuridica, sarebbero possibili, oltre che auspicabili, solo se basate sull’esistenza di un popolo e del relativo Stato sovrano. Il loro fondamento assiologico risiederebbe nella loro capacità di rappresentare l’identità di un demos omogeneo e una sua qualche volontà unitaria quale fonte non solo della loro effettività ma anche della loro legittimità. E’ chiaro che tale unità e tale identità a livello internazionale non esistono. Ma in società democratiche – basate sul pluralismo, sul conflitto politico e sulla lotta di classe – esse non esistono, e non devono esistere, neppure a livello nazionale. Sono infatti concepibili solo sulla base dell’idea schmittiana, autoritaria e illiberale, del demos come entità omogenea, in rapporto di opposizione e di esclusione con gli altri popoli ma anche con quanti, rispetto a questa supposta omogeneità, sono differenti o dissenzienti e perciò virtualmente nemici. Sia pure depurata da questi nefasti corollari, l’idea della necessità di un popolo, ovvero di una società civile e di legami pre-politici quali presupposti delle costituzioni e del costituzionalismo, è tuttora presente in gran parte della cultura costituzionalistica.

Ebbene, questa idea non è solo opposta alla nozione teorica e formale di costituzione quale sistema di limiti e vincoli imposto a tutti i poteri, a garanzia dei principi costituzionalmente stabiliti. E’ anche una concezione del costituzionalismo letteralmente smentita dall’universalismo dei diritti umani e dal principio di uguaglianza – quale uguale valore di tutte le differenze di identità e disvalore delle disuguaglianze economiche e materiali – stipulati in tutte le costituzioni avanzate. Proprio alla luce di quanto dispongono, le costituzioni democratiche sono patti di convivenza pacifica diretti a garantire tutte le differenze personali per il tramite dei diritti di libertà e a ridurre le disuguaglianze materiali per il tramite dei diritti sociali. Esse escludono, tra soggetti differenti, sia il conflitto e la reciproca esclusione o intolleranza, sia l’assimilazione e l’isolamento, promuovendo al contrario il loro reciproco rispetto, il loro dialogo e la contaminazione reciproca delle loro culture. La loro fonte di legittimazione non è la volontà popolare o delle maggioranze, bensì l’uguaglianza nei diritti stabiliti. Per questo esse sono legittime e necessarie, più ancora che a livello nazionale, a livello globale, dove maggiori sono le differenze di identità – etniche, linguistiche, politiche, religiose, culturali – che esse hanno il dovere di tutelare e le disuguaglianze economiche e materiali che hanno il dovere di ridurre.

Il costituzionalismo, in forza di questa sua valenza universalistica, non è quindi soltanto una conquista del pas­sato. E’ anche, e soprattutto, un programma normativo per il futuro. Il suo percorso storico non è ancora concluso, non essendosi ancora attuata l’altra sua faccia, quella attiva dell’effettività, nella quale può identificarsi il garantismo, e non essendo avvenuto il suo allargamento nelle quattro direzioni qui indicate nel § 2: a livello internazionale, a garanzia dei diritti sociali, quale costituzionalismo di diritto privato, allargato ai beni, da tutelare se vitali da tutelare e da neutralizzare se micidiali. Sono quattro espansioni, tutte parimenti indispensabili del paradigma costituzionale consegnatoci dalla tra­dizione, la cui storia è la storia di un progres­sivo allargamento sia dei poteri che le costituzioni hanno il compito di limitare e vincolare, sia dei diritti e dei beni che hanno il compito di garantire: dei diritti di libertà nelle prime dichiarazioni e nelle costitu­zioni ottocentesche, del diritto di sciopero e dei diritti sociali nelle costituzioni del secolo scorso, dei nuovi diritti alla pace, all’informazione, alla sussistenza e all’alimentazione di base, oggi rivendic­ati e ancora non costituzionalizzati, infine dei beni vitali da tutelare e dei beni micidiali da vietare contro le sfide della catastrofe ecologica e del pericolo nucleare che oggi incombono sul nostro futuro.

E’ una storia non soltanto teorica, ma anche sociale e politica, dato che nessuno di questi diritti e di queste tutele è mai ca­duto dall’alto ma tutti sono stati conquistati da movimenti rivo­luzionari: le grandi rivoluzioni liberali americana e francese, poi i moti ottocente­schi per gli statuti, infine le lotte operaie, femministe, pacifiste ed ecologiste del secolo scorso e di questo secolo. Sempre, i diritti fondamentali e i principi della pace e della tutela della natura si sono affermati come leggi del più debole in alternati­va alla legge del più for­te che vigeva e vigerebbe in loro assenza: di chi è più forte fisi­camente come nello stato di natura hobbesiano; di chi è più forte politicamente come nei regimi illiberali; di chi è più forte economicamente e socialmente come nel mercato capitalisti­co; di chi è più forte militarmente come nella comunità degli Stati. Sempre, nella storia, ogni conquista di diritti e ogni progresso nell’uguaglianza sono stati determinati dallo svelamento di una discri­minazione o di un’op­pressione divenute a un certo punto intollerabili: la persecuzione degli eretici e la lotta per la libertà di coscienza all’inizio dell’età moderna; poi quella del dissenso politico e le battaglie per la libertà di stampa; poi lo sfruttamento del lavo­ro operaio e le lotte sociali per i diritti dei lavoratori; poi le lotte per le garanzie dei diritti sociali; poi, ancora, l’oppressione e le discriminazioni delle donne e le battaglie per la loro liberazione. Sempre, ogni volta, il velo di normalità che occultava le oppressioni di soggetti deboli o diversi è stato lacerato dalle loro lotte e rivendicazioni.

Tutto questo dipende dal fatto che questi diritti non appartengono, come le leggi ordinarie, a quella che qui ho chiamato la sfera del decidibile e che, in democrazia, è affidata alla volontà popolare e alle sue rappresentanze. Questi diritti non vogliono essere, come le leggi, l’espressione della volontà degli elettori: se la Déclaration del 1789 fosse stata messa ai voti nella Francia di fine Settecento, essa non sarebbe stata approvata che da un’infima minoranza. Le carte dei diritti sono bensì patti di convivenza pacifica e solidale tra differenti e disuguali nelle quali, ripeto, viene stipulata la sfera del non decidibile: ciò che nessuna maggioranza può decidere, cioè la limitazione dei diritti di libertà che sono tutti diritti alla tutela e all’affermazione delle proprie differenze personali, e ciò che nessuna maggioranza può non decidere, cioè la soddisfazione dei diritti sociali che sono tutti diritti alla rimozione o alla riduzione delle disuguaglianze economiche e materiali. Esse sono perciò necessarie e democratiche, quali condizioni pre-politiche della politica medesima, non perché volute da tutti, ossia da maggioranze di elettori o di loro rappresentanti, ma perché garantiscono tutti, maggioranze e minoranze, anche loro malgrado, e alludono quindi ai popoli in maniera ancor più pregnante della rappresentanza politica: ai popoli nella loro interezza, quali insiemi di tutti gli esseri umani che del popolo fanno parte.

La tesi opposta di un nesso tra Costituzione, Stato nazionale sovrano, territorio e popolo, che pesa tuttora sulla cultura costituzionalistica, è invece in contrasto con l’idea stessa di costituzione espressa da tutte le carte internazionali dei diritti e dalle costituzioni democratiche del secondo dopoguerra che stabiliscono l’uguaglianza di tutti gli esseri umani e l’universalismo dei diritti fondamentali. Ma non si tratta soltanto di una questione teorica. L’aspetto più drammatico di questo contrasto consiste nel fatto che il costituzionalismo nazionale non è all’altezza delle sfide generate dalla globalizzazione e dai poteri planetari che minacciano, ancor più dei tradizionali poteri statali, i diritti e i beni fondamentali di tutti. Quella tesi suggerisce infatti una concezione identitaria e statalistica del costituzionalismo, oggi in sintonia con i sovranismi e i populismi che stanno crescendo in tutto il mondo e che stanno avvelenando, con la loro logica del nemico, sia la politica estera che la politica interna. E’ questo connotato identitario, nazionalista e statalista che deve essere abbandonato. Quel nesso tra costituzione, popolo, territorio e sovranità, enunciato all’inizio di tutti i manuali di diritto pubblico, può essere infatti mantenuto – in funzione progressista, pacifista e umanitaria – anche per il costituzionalismo globale, a una sola condizione: che s’intenda per popolo l’intera umanità, per territorio il pianeta Terra e per sovranità popolare la titolarità, in capo a tutti gli esseri umani, di quei frammenti di sovranità che sono i diritti costituzionalmente stabiliti di cui tutti sono titolari.

Una volta abbandonato quel connotato identitario e statalista, proprio la prospettiva di un costituzionalismo globale vale peraltro a fondare una ridefinizione teorica dello stesso concetto di ‘popolo’. Il solo significato di questa parola compatibile con le odierne costituzioni e con la natura universalistica del costituzionalismo democratico espressa dal principio di uguaglianza e dai diritti umani di tutti, è esattamente l’opposto del significato schmittiano di popolo come “totalità” politica, basata su una sua supposta identità e omogeneità. Un popolo si distingue da una massa qualsiasi di esseri umani solo perché le persone che lo compongono – pur differenti e tra loro disuguali e proprio perché differenti e disuguali – sono tra loro uguali nei diritti fondamentali. E’ perciò l’uguaglianza in tali diritti che costituisce un popolo come entità politica. E’ questa la bella definizione ciceronia­na di “popolo” quale comunità basata sulla “par condicio civium” assicurata dagli “iura paria”, cioè da quei diritti uguali che altro non sono, appunto, che i diritti fondamentali di cui tutti sono e siamo titolari e da cui tutti sono e siamo accomu­nati. Proprio perché consiste nell’uguale valore e nell’uguale tutela, per il tramite della stipulazione e della garanzia dei diritti di libertà, delle infinite differenze tra gli esseri umani, e nel disvalore e nella riduzione, per il tramite della stipulazione e della garanzia dei diritti sociali, delle loro disuguaglianze economiche e materiali, l’uguaglianza è il principale cemento dell’unità dei popoli. Non sono dunque i popoli che fanno le costituzioni, ma sono le costituzioni che fanno i popoli.

Ne consegue che la stipulazione di una Costituzione della Terra non è solo un obbligo imposto dalle tante carte dei diritti prese sul serio e una necessità determinata dal pericolo di un suicidio dell’umanità. Essa è anche un’operazione politica diretta a generare l’unità del genere umano come popolo della Terra. Perché l’umanità si affermi e si imponga come un unico popolo, è infatti necessario che l’uguaglianza nei diritti, attualmente soltanto declamata in tante carte e convenzioni, sia concretamente attuata da una Costituzione della Terra che, a garanzia delle infinite differenze di tutti gli esseri umani e della riduzione delle loro disuguaglianze materiali, abolisca confini e cittadinanze, nazionalismi e razzismi, terrorismi e fondamentalismi, gli uni contro gli altri armati, e assicuri a tutti gli esseri umani la pacifica convivenza, la salvaguardia del loro ambiente naturale, le libertà fondamentali e condizioni di vita dignitose.

Non è poi superfluo insistere sul fatto che il rifiuto dei nazionalismi identitari e aggressivi, fondati sulla reciproca esclusione e intolleranza, non esclude affatto – ma al contrario implica – il riconoscimento del valore delle diverse identità nazionali, politiche e culturali degli innumerevoli popoli della Terra. Tra la convivenza dei popoli e le loro differenze nazionali c’è lo stesso rapporto che deve realizzarsi tra la convivenza delle persone e le loro differenze personali. Così come la convivenza pacifica delle persone si basa sull’uguale dignità associata a tutte le differenti identità che fanno di ciascuna persona un individuo differente da qualunque altro e di ciascun individuo una persona uguale alle altre, nello stesso modo la convivenza pacifica dei popoli deve basarsi sull’uguale valore e perciò sul rispetto dovuto a tutte le loro differenti identità nazionali, religiose, linguistiche, politiche e culturali, entro quell’unico popolo eterogeneo, meticcio e differenziato che è l’umanità. E’ questa una prospettiva che si contrappone ad entrambe le pratiche odierne – l’integrazione e la ghettizzazione – sollecitate dalle politiche messe oggi in atto contro le minoranze dei migranti. Non è infatti l’omologazione autoritaria e neppure la reciproca chiusura e autotutela, bensì la reciproca conoscenza e la costante interazione che devono informare le relazioni tra i popoli e le loro diverse culture. “Unità nella diversità” è la massima adottata nel 2000 dall’Unione Europea per esprimere l’unità del popolo europeo, pur nel rispetto e nella tutela delle diversità di tutti i suoi popoli e paesi membri. E’ una massima che, ovviamente, vale ancor più per tutto il mondo e per l’umanità intera, a tutela del meticciato generato dalla convivenza delle sue innumerevoli differenze.

Tutti i nazionalismi sono perciò gli ostacoli, e non le basi sociali e culturali del costituzionalismo. A loro volta gli Stati sovrani, inventati dalla cultura occidentale insieme alle loro diverse cittadinanze, sono, non diversamente dai mercati globali insofferenti anch’essi di limiti e controlli giuridici, i veri nemici del costituzionalismo, del principio di uguaglianza e dei diritti fondamentali. Giacché tali diritti e le loro garanzie o sono universali e sovra-stali, oppure non sono. Le costituzioni democratiche, anziché essere espressione dell’identità di un popolo concepito come “totalità”, sono infatti patti di convivenza finalizzati a garantire il pluralismo politico e il multiculturalismo e, insieme, le condizioni di una vita dignitosa a tutti gli esseri umani. Sono per loro natura internazionaliste, cioè anti-nazionaliste, anti-identitarie e anti-fasciste. La loro logica, espressa dai diritti umani e dal principio di uguaglianza, non è nazionale ma universale. Non a caso ha voluto chiamarsi “universale” la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948. L’espansione del costituzionalismo al di là dello Stato, quindi, non è solo un suo allargamento. E’ anche, e ancor prima, la sua coerente attuazione.

Solo se così inverato ed attuato, il costituzionalismo sarà in grado di limitare, portandosi alla loro altezza, i poteri selvaggi dei mercati globali e delle grandi potenze statali sovrane. La globalizzazione del capitale e della finanza e più in generale dei poteri che contano, ma non del diritto e della politica, impone come necessario ed urgente lo sviluppo di un pensiero costituente in grado di rifondare, avvalendosi di tutte le categorie sviluppate dalla teoria del garantismo e della democrazia costituzionale, quell’embrionale costituzione del mondo formata dalla Carta dell’Onu e dalle tante dichiarazioni e convenzioni internazionali sui diritti umani. Come scrisse Kant nella settima tesi del saggio Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico del 1784, è necessario che gli Stati, analogamente a quanto hanno fatto gli uomini, stipulino tra loro un contratto sociale onde “uscire dallo stato eslege di barbarie ed entrare in una federazione di popoli, nella quale ogni Stato, anche il più piccolo, possa sperare la propria sicurezza”. Questo contratto non può che consistere in una Costituzione della Terra dotata di rigidità. Così come lo stato di natura tra gli uomini è uno stato pre-politico e pre-civile dal quale si è usciti disarmando gli esseri umani ed assegnando alla sfera pubblica statale il monopolio della forza legittima e il ruolo di garanzia dell’uguaglianza nei diritti fondamentali dei cittadini, nello stesso modo lo stato di natura tra gli Stati è uno stato pre-politico e pre-civile da cui si può uscire soltanto disarmando gli Stati, abolendo gli eserciti nazionali e conferendo a una sfera pubblica globale il monopolio della forza legittima e il ruolo di garanzia dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani.

6. Due concezioni opposte del realismo politico, l’una naturalista, l’altra razionalista. Il ruolo della cultura giuridica e politica – Naturalmente nulla consente di essere ottimisti in ordine a questa espansione oltre lo Stato del paradigma costituzionale. L’umanità sta correndo in direzione esattamente opposta. Tutto fa supporre che continueranno a prevalere la miopia e l’irresponsabilità dei governi e gli interessi dei grandi poteri economici e finanziari globali. E’ però necessario distinguere ciò che è improbabile, per la miopia della politica e per gli ostacoli opposti dai corposi ma non meno miopi interessi privati, da ciò che è impossibile sul piano teorico: per non deresponsabilizzare la politica e non legittimare come inevitabile ciò che invece è frutto della volontà dei potenti.

E’ questa confusione – tra improbabile e impossibile – che viene invece di solito operata e che consente di squalificare come utopistica e irrealizzabile, in nome del realismo politico, la prospettiva di una possibile espansione a livello globale del paradigma costituzionale. Vengo così a un’ultima questione teorica di fondo – più esattamente a una questione meta-teorica – che a mio parere s’impone alla filosofia politica e alla scienza giuridica: il significato medesimo del realismo politico e giuridico, che da qualche decennio pesa, come un’ossessione, sugli studi di teoria politica e di teoria del diritto, riducendole alla descrizione dell’esistente, annullandone il punto di vista critico e paralizzandone le capacità di innovazione teorica e di progettazione politica.

Penso che si debba distinguere due tipi opposti di realismo. C’è il realismo espresso dalla nota tesi che “non ci sono alternative” a quanto di fatto accade. E’ il realismo volgare, che naturalizza la realtà sociale – il diritto, l’economia e la politica – e insieme ignora la realtà naturale delle catastrofi tollerate o provocate dalle politiche da esso legittimate. E’ un realismo ideologico, che produce una sorta di legittimazione incrociata: la legittimazione scientifica della tesi teorica della mancanza di alternative allo stato di cose esistente, da parte della descrizione avalutativa del funzionamento di fatto delle istituzioni e, inversamente, la legittimazione politica dello stato di cose esistente da parte della tesi teorica della mancanza di alternative alle reali, perché effettive, leggi del più forte, concepite quali norme fondamentali ben più delle ineffettive carte costituzionali. E’ il realismo che ignora la normatività del diritto e specificamente delle costituzioni e finisce così per legit­timare e asse­condare come ine­vitabi­le ciò che resta comun­que opera degli uomi­ni e di cui por­tano la responsa­bi­lità gli attori della nostra vita economica e politica. E’, soprattutto, un realismo smentito dalla realtà: l’umanità ha sempre avuto alternative. E’ stata un’alternativa all’ancien regime e all’assolutismo regio la Déclaration des droits del 1789 e il successivo sviluppo dello Stato di diritto. E’ stata un’alternativa al nazifascismo la costruzione, in Italia e in Germania, della democrazia costituzionale sulla base di costituzioni rigide. E’ stata un’alternativa – sia pure solo promessa e non attuata – l’istituzione dell’Onu e delle tante carte dei diritti umani. E’ nella natura dell’essere umano la capacità di costruire il proprio futuro. La domanda più bella che mi è stata rivolta in uno dei tanti dibattiti sul nostro progetto di una Costituzione della Terra mi è stata posta da un ragazzo di diciotto anni: non già, mi ha chiesto, come sia possibile dar vita a tale Costituzione, ma al contrario come sia stato possibile, di fronte a tanti disastri globali e a tanti pericoli annunciati, che una simile Costituzione non sia stata ancora realizzata.

E’ il realismo espresso da quel ragazzo che oggi dobbiamo promuovere: il realismo che chiamerò realismo critico o razionale – il realismo di Hobbes, di Kant, di Marx, ma anche, e soprattutto, delle costituzioni avanzate – e che, di fronte alle ingiustizie e alle catastrofi determinate dal gioco “naturale” e incontrollato dei rapporti di forza prefigura sul piano teorico e formula sul piano normativo i rimedi razionali in grado di assicurare la dignità delle persone e la loro convivenza pacifica. E’ lo stesso realismo espresso da una bella pagina di Kant a proposito della natura della pace e della guerra, ma che è illuminante per qualunque problema politico o sociale. La pace, scrive Kant in Per la pace perpetua del 1795, “non è affatto uno stato di natura”, uno “status naturalis”. Lo stato di natura “è piuttosto uno stato di guerra”, mentre la pace è un fenomeno artificiale, che deve essere “istituito” dal diritto, cioè costruito tramite patti di convivenza e istituzioni di garanzia. E’ la medesima tesi che era stata formulata da Thomas Hobbes: lo stato di natura è lo stato del bellum omnium, che può essere superato solo con il contratto sociale che disarmi i consociati e istituisca il monopolio pubblico della forza. Ma la stessa cosa si può dire per la democrazia, per l’uguaglianza degli esseri umani, per la loro dignità di persone, per tutti i diritti fondamentali. E’ naturale la legge del più forte. Sono invece artificiali quelle leggi del più debole che sono tutti i diritti fondamentali e le loro garanzie. E’ naturale la sopraffazione politica realizzata dai dispotismi illiberali. Sono artificiali le libertà fondamentali. Sono naturali l’ignoranza, le povertà, lo sfruttamento del lavoro, le malattie, le violenze criminali. Sono artificiali le garanzie dell’istruzione, della salute, della sussistenza, del lavoro e della sicurezza. E’ naturale, per l’assenza di limiti allo sviluppo industriale ecologicamente insostenibile, la devastazione della natura. Sarebbero artificiali le garanzie consistenti in tali limiti, come il divieto di emissioni di gas serra e il demanio planetario diretto a sottrarre i beni vitali della natura alla mercificazione e alla distruzione. Sono artificiali – quali progetti di costruzione del futuro che attendono di essere attuati – tutte le carte internazionali, come la Carta dell’Onu, la Dichiarazione universale dei diritti umani e i Patti sui diritti del 1966, che prefigurano il futuro del mondo disegnando la sfera del non decidibile: ciò che nessuna maggioranza può decidere e può non decidere, cioè l’attuazione delle promesse di pace e di giustizia in esse stipulate.

Il realismo razionalista altro non è che la consapevolezza di questo carattere artificiale delle risposte che possono essere date – e che sempre sono state date – dalla ragione giuridica e politica alle ingiustizie o alle catastrofi sociali prodotte dal dispiegarsi naturale dei rapporti di forza nella società. Secondo questo realismo le alternative ci sono, sono offerte dalla tradizione stessa del costituzionalismo moderno quale sistema di garanzie, cioè di limiti e vincoli rigidi ai poteri selvaggi dei più forti, e dipende dalla cultura giuridica aggiornarle, dai movimenti e dalle forze democratiche rivendicarle e da una politica di progresso adottarle. Mentre la vera utopia, l’ipotesi più irrealistica, è l’idea che la realtà possa ri­manere a lungo come è: che potremo conti­nuare a basare le nostre demo­crazie e i no­stri spen­sie­rati tenori di vita sulla fame e la mi­seria del resto del mondo, sulla forza delle armi e sullo sviluppo in­soste­nibile per l’ambiente del­le nostre economie. Tutto questo non può du­ra­re. E’ lo stesso pre­am­bolo alla Di­chiarazio­ne universale dei diritti del 1948 che stabi­lì, rea­listica­men­te e razionalmente, un nes­so di implicazione reciproca tra pace e dirit­ti, tra sicurezza e uguaglianza e, dobbiamo oggi aggiungere, tra salvataggio della natura e salvataggio dell’umanità. Per questo il costituzionalismo globale non è un’utopia. E’ al contrario l’unica risposta razionale e realistica allo stesso dilemma, oggi enormemente più drammatico, che fu affrontato da Thomas Hobbes quattro secoli fa: la generale insicurezza e il caos globale determinati dalla libertà selvaggia dei più forti, oppure il patto razionale di sopravvivenza, di convivenza pacifica e di mutuo soccorso basato sul divieto della guerra e sulle garanzie della vita.

Se questo è vero, ai giuristi spetta un compito straordinario e insostituibile. Le costituzioni rigide hanno disegnato il dover essere del diritto. Hanno imposto limiti e vincoli ai poteri selvaggi dei più forti. Hanno preso posizione, come ha fatto l’art. 3, 2° comma della Costituzione italiana, contro la realtà degli ostacoli che di fatto limitano la libertà e l’uguaglianza delle persone. Hanno indicato orizzonti e progetti alti, difficili ma possibili, alla politica e alle lotte sociali. Hanno perciò capovolto l’antica funzione sociale del diritto, della giurisdizione e della scienza giuridica: non più la mera conservazione, bensì la trasformazione dell’assetto dei poteri e delle relazioni sociali, in attuazione dei principi in esse stabiliti. Di qui un ruolo e un fascino nuovi del diritto e della cultura giuridica, chiamata alla critica della realtà presente e alla progettazione della realtà futura e perciò trasformata, dalla prospettiva di un costituzionalismo globale, nel luogo privilegiato di un rilancio della riflessione teorica su temi e problemi globali altrimenti trascurati.

Certamente non possiamo né dobbiamo farci troppe illusioni sulle capacità di tutela e sul ruolo di progresso del diritto. Il garantismo, i diritti, le garanzie, i principi costituzionali sono le leggi dei più deboli, che hanno dalla loro parte la forza della ragione, del diritto e delle costituzioni. I forti, tuttavia, hanno dalla loro parte la forza bruta, cioè il denaro, la violenza, la prepotenza, la spregiudicatezza, la capacità di mistificazione ideologica, la totale disponibilità a violare, nei loro interessi, il diritto e i diritti ogni qual volta sia loro possibile. Ma questa è una ragione di più perché i giuristi prendano sul serio il diritto vigente e la loro stessa professione, la quale non consente di ignorare le divaricazioni tra il dover essere e l’essere effettivo del diritto, tra i diritti e i principi di giustizia positivamente stabiliti e le loro vistose violazioni in danno di miliardi di esseri umani. Proprio di fronte a queste violazioni, la scienza giuridica ha il compito di svolgere un ruolo di svelamento, di critica, di delegittimazione e, soprattutto, di sollecitazione all’aggiornamento e all’attuazione del paradigma costituzionale.

Sono questi gli scopi del nostro progetto di una Costituzione della Terra: mostrare, a partire da una sua bozza in 100 articoli, che l’alternativa è possibile; che è possibile la garanzia dei diritti alla salute, all’istruzione e alla sussistenza di tutti gli esseri umani e la giustiziabilità delle lesioni delle libertà fondamentali operate da regimi dispotici; che nulla, se non la miopia, il razzismo e l’ottusità politica impedisce la cittadinanza universale, l’abolizione delle armi e degli eserciti, la creazione di un demanio planetario a tutela dell’ambiente e l’istituzione di un fisco mondiale fortemente progressivo sui grandi patrimoni e sugli altissimi redditi, in grado di finanziare le istituzioni globali di garanzia; che infine l’alternativa, se prendiamo il diritto e le costituzioni sul serio, è doverosa, necessaria ed urgente perché, essa sì, è l’unica alternativa possibile a un futuro di catastrofi.

7. Una nota di ottimismo: l’interdipendenza dei popoli della terra, l’interesse alla sopravvivenza a tutti comune e la solidarietà da esso generata – In questa prospettiva, è possibile esprimere una nota di ottimismo. Si sta manifestando una novità: il mondo è sempre più interdipendente. Settanta anni fa eravamo, sulla Terra, 2 miliardi di persone, ma ciò che accadeva dall’altra parte del pianeta restava per noi sconosciuto e in ogni caso irrilevante e indifferente. Oggi siamo otto miliardi, e tuttavia il mondo è assai più piccolo di allora: basti pensare al virus della pandemia, che è nato in Cina ed è dilagato in poche settimane in tutto il mondo. “Il mondo è rimpicciolito”, scriveva Piero Calamandrei 70 anni fa: “lo Stato ha oggi, sotto il profilo dell’importanza geografica e politica, minore importanza di quella che aveva cinquecento anni fa un Comune… Ormai i popoli, attraverso questa conversazione intercontinentale alla quale ognuno di noi può partecipare aprendo la radio nel suo salotto, sono molto più unificati e omogenei di quello che potrebbero far credere i confini degli Stati, vestigi di una finzione politica che sta per essere cancellata dalla realtà sociale che la sorpassa”. E aggiungeva: “i confini, che un tempo si consideravano come i baluardi della libertà di un popolo, sembrano oggi i cancelli della sua prigionia”; oggi si è “compreso che la guerra si scongiura non col rafforzare i confini, ma col farli crollare: aprendo in essi sempre più larghe brecce attraverso le quali i popoli possano uscire all’aperto e incontrarsi in una patria più vasta”.

Ebbene, in questi ultimi 70 anni le comunicazioni mondiali hanno raggiunto forme inconcepibili nel lontano 1953, quando queste pagine furono scritte. L’umanità è sempre più integrata, più fragile e, ripeto, più interdipendente: perché siamo tutti interconnessi; perché tutti siamo governati da poteri economici e finanziari globali ed esposti alle stesse minacce e alle stesse emergenze sovranazionali; perché i confini non hanno più senso e tra russi e ucraini, tra israeliani e palestinesi, tra statunitensi e cinesi, tra europei e africani non ci sono differenze e opposizioni, se non quelle artificialmente alimentate dai nazionalismi e dai sovranismi dei ceti politici di governo in difesa dei loro miserabili poteri.

Per la prima volta nella storia esiste perciò un popolo globale: l’umanità, meticcia e differenziata, ma unificata perché interconnessa, perché esposta alle medesime sfide e agli stessi pericoli globali e perché accomunata dal medesimo interesse alla pacifica convivenza e alla generale sopravvivenza e dalla medesima subalternità ai poteri economici e politici globali. Nell’età della globalizzazione la difesa degli interessi nazionali operata dagli odierni sovranismi è illusoria e mistificante, non solo perché i veri sovrani sono oggi le grandi potenze politiche, militari ed economiche, ma anche perché nessun interesse nazionale è superiore all’interesse comune di tutti alla sopravvivenza del genere umano, che impone la messa al bando delle armi e degli eserciti nazionali e le garanzie dei beni comuni della natura e dei diritti fondamentali di tutti, quali limiti e vincoli a tutti i poteri. D’altro canto è sempre più evidente l’interdipendenza crescente tra tutti i popoli della terra, idonea a generare la consapevolezza dell’interesse, a tutti comune, a una rifondazione della politica quale progettazione e costruzione del futuro, all’altezza dei grandi problemi che tutti ci accomunano: una politica dal basso, che soprattutto i giovani dovrebbero promuovere, nella consapevolezza che, come sempre, il futuro è loro e che, mai come oggi, il futuro dipende da loro; ma anche una politica dall’alto, ove essa ritrovi l’ambizione di tornare a governare l’economia e di rappresentare gli interessi dei propri rappresentati.

La forza e la novità del salto di civiltà qui prospettato consistono nell’idoneità di una Costituzione della Terra, diversamente da qualunque altro progetto rivoluzionario del passato, a realizzare l’interesse di tutti, ricchi e poveri, deboli e forti, potenti ed emarginati, non essendo contro nessuno ma a beneficio di tutti. Ma l’umanità è oggi unificata non soltanto dall’interesse comune alla sopravvivenza. E’ unificata ancor più dalla solidarietà, o meglio dalla fraternità che questo interesse comune e, soprattutto, la comune subalternità a quei nuovi padroni del mondo che sono diventati i mercati, sono in grado di generare. “La fraternità, che con la Rivoluzione francese si è aggiunta alla libertà e all’uguaglianza”, ha scritto Hannah Arendt in L’umanità in tempi bui, nel 1968 (tr. it. Cortina, Milano 2019, p. 52), “trova il luogo naturale tra gli oppressi e i perseguitati, gli sfruttati e gli umiliati, che il XVIII secolo chiamò gli sventurati, i malheureux, e il XIX secolo i miserabili, les miserables”. Oggi siamo tutti o quasi tutti oppressi, perseguitati, sfruttati, umiliati dal dominio dei mercati. Ma ci sono miliardi di esseri umani – tutti i titolari di diritti fondamentali violati o inattuati: i migranti, i disoccupati, i poverissimi, gli emarginati, i popoli che vivono in condizioni di miseria, le donne oppresse in tante parti del mondo – che sono più umiliati e sventurati di tutti gli altri. E’ questa parte dell’umanità che può diventare il soggetto costituente di un nuovo ordine mondiale, se riuscirà a sollecitare la solidarietà della maggioranza del genere umano con le popolazioni più lontane e sventurate e ad allargarne l’orizzonte alle generazioni future.

Naturalmente questa prospettiva di unificazione del genere umano sulla base dell’interesse di tutti, della ragione, del diritto e della fraternità, è destinata a incontrare ostacoli potentissimi: nella miopia del ceto politico, interessato a mantenere i propri piccoli poteri e privilegi, e negli interessi, parimenti miopi se vogliono avere un futuro, dei grandi poteri economici e finanziari. I tempi dei processi costituenti, d’altra parte, sono assai più lenti dei processi distruttivi messi in atto dai crimini di sistema. Ma di fronte alle sfide e alle minacce che accomunano tutti, poveri e ricchi, deboli e forti – la Terra, dice un vecchio slogan, è per tutti l’unico pianeta che abbiamo – un risveglio della ragione è inevitabile. Siamo tutti sulla stessa barca, e dobbiamo essere consapevoli che la presenza sulla Terra dell’umanità è un fenomeno effimero, che può cessare e probabilmente cesserà se non ci sarà un cambiamento di rotta. Il vero, grande problema è il tempo. Abbiamo perso tempo, continuiamo a perdere tempo. Ci resta poco tempo – 50 anni, forse uno o due secoli – e potremmo non fare in tempo a cambiare strada.

Progetto di Costituzione della Terra


Bozza Ferrajoli in 100 articoli proposta alla discussione

Il progetto qui presentato è stato scritto su invito del Comitato esecutivo della Scuola “Costituente Terra”. Nei mesi di pandemia e di inerzia forzata, nei quali è stato impossibile svolgere i seminari progettati nell’assemblea inaugurale della Scuola, svoltasi a Roma il 21 febbraio 2020, è sembrato utile preparare una prima bozza di Costituzione, che valga a facilitare il dibattito e a sollecitare integrazioni o emendamenti, sulla base dell’identificazione sistematica delle questioni normative più rilevanti che dovranno essere affrontate.

Prima di illustrare questo progetto mi sembrano opportune talune osservazioni. La prima riguarda il senso politico di questa iniziativa. Lo scopo del progetto è mostrare che la stipulazione di una Costituzione della Terra, cioè di un sistema di limiti e vincoli ai poteri selvaggi degli Stati sovrani e dei mercati globali, è in primo luogo possibile, nonostante le differenze culturali, i conflitti politici, i potenti interessi e i consolidati pregiudizi che ad essa si oppongono, e in secondo luogo è necessaria ed urgente, quale risposta razionale e unificante alle tante emergenze planetarie – la catastrofe ecologica, la minaccia nucleare, la miseria e la fame di miliardi di esseri umani – che stanno mettendo in pericolo la convivenza pacifica e la sopravvivenza stessa dell’umanità e che solo un nuovo patto costituzionale tra tutti i popoli della Terra è in grado di fronteggiare.

La seconda osservazione è connessa alla prima. Proprio perché questo progetto è il frutto di una riflessione sulla risposta più razionale alle grandi emergenze in atto, viene in esso disegnato un modello limite, per così dire ideale e regolativo: il dover essere di una sfera pubblica all’altezza delle sfide e delle emergenze globali, quanto più possibile idoneo a garantire i principi di giustizia proclamati nelle tante carte dei diritti che affollano i nostri ordinamenti. Di qui il carattere radicale e all’apparenza utopistico di molte sue norme: dalla giustiziabilità delle lesioni delle libertà fondamentali commesse da regimi dispotici alla garanzia globale dei diritti alla salute e alla sussistenza di tutti gli esseri umani, dalla cittadinanza universale all’abolizione delle armi e degli eserciti, dall’istituzione di un demanio planetario a tutela dell’ambiente fino all’introduzione di un fisco mondiale sui grandi patrimoni e sugli altissimi redditi in grado di finanziare le istituzioni globali di garanzia.

La terza osservazione riguarda la specificità di questa bozza rispetto alle carte costituzionali esistenti. Questo progetto ricalca quelle che possiamo chiamare, con le parole usate dal preambolo alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, le “tradizioni costituzionali comuni” alle carte dei diritti più avanzate, sia costituzionali che internazionali. Ma una Costituzione della Terra è inevitabilmente assai diversa da tutte le carte vigenti, dato che deve rispondere a problemi globali del tutto sconosciuti in altre epoche e tutelare nuovi diritti e nuovi beni vitali contro nuovi poteri e nuove aggressioni, in passato impensabili, che richiedono sistemi nuovi di garanzie, ben più incisivi e complessi di quelli tramandati dalla nostra tradizione giuridica. Benché radicali e innovative, tuttavia, le garanzie qui prospettate sono già tutte, a mio parere, logicamente implicate e normativamente imposte, ove si prendano sul serio le tante carte costituzionali e internazionali vigenti, dal carattere universale di quelle aspettative negative o positive nelle quali consistono i diritti fondamentali e i principi di pace e di giustizia in esse stabiliti.

2. Fatte queste premesse, illustrerò brevemente questo progetto. La bozza è formata da cento articoli, divisi in due parti: la prima parte è dedicata ai principi di giustizia sostanziale che esprimono i fini e la ragion d’essere di una Costituzione della Terra; la seconda è dedicata alle istituzioni globali previste ed imposte dalla Costituzione quali strumenti idonei, grazie alle loro funzioni e ai mezzi ad esse assegnati, ad assicurare la realizzazione delle finalità stipulate.

La prima parte del progetto, dopo un preambolo programmatico nel quale viene parafrasato l’incipit della Carta delle Nazioni Unite, è divisa in quattro titoli dedicati, rispettivamente, ai principi supremi, ai diritti fondamentali, ai beni fondamentali e ai beni illeciti.

I principi supremi, enunciati nel titolo primo (artt. 1-6), definiscono le finalità della Federazione della Terra che il nuovo patto costituzionale vale a istituire: il mantenimento della pace, la salvaguardia della natura, la tutela dei beni vitali, la messa al bando dei beni micidiali e la garanzia della dignità, dell’uguaglianza e dei diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Dell’uguaglianza, in particolare, vengono stipulate due classiche nozioni: l’uguaglianza di fronte alla legge, che impone la chiarezza, l’univocità e la determinatezza dei linguaggi normativi quali condizioni della consistenza semantica del principio di legalità, e l’uguaglianza nei diritti fondamentali che comporta a sua volta, a favore di tutti gli esseri umani, le uguali ed effettive garanzie di tali diritti – i divieti delle loro lesioni e gli obblighi delle relative prestazioni – ad opera, ove difettino le istituzioni di garanzia nazionali, di adeguate istituzioni globali di garanzia.

I diritti fondamentali, previsti nel titolo secondo (artt. 7-47), sono i tradizionali diritti che nelle carte internazionali vengono conferiti universalmente a tutti ma che in gran parte del mondo, in assenza di garanzie, sono di fatto sistematicamente violati: in primo luogo, contro i tanti regimi dispotici che affliggono il nostro pianeta, i diritti di immunità e di libertà (artt. 9-23), dal diritto alla vita alla libertà personale, dalle classiche libertà di pensiero, di riunione e di associazione fino al diritto di emigrare e conseguentemente di immigrare in qualche luogo della Terra; in secondo luogo, contro le attuali disuguaglianze e contro la povertà e la fame nel mondo, i diritti sociali (artt. 24-29), come i diritti alla salute, all’istruzione, alla sussistenza e all’abitazione; in terzo luogo, contro le odierne sovranità statali sempre più disancorate dalle loro basi sociali, i diritti politici (artt. 30-36), dal principio della pace e dai diritti dei popoli all’autodeterminazione interna ed esterna ai diritti delle persone alla partecipazione politica tramite il voto e l’organizzazione collettiva in partiti, anche di carattere globale; in quarto luogo, contro l’attuale sovranità invisibile e impersonale dei mercati, i diritti civili di autonomia negoziale e imprenditoriale (artt. 37-47), dei quali viene riconosciuta la natura di poteri e vengono perciò stabilite non soltanto le garanzie ma anche i limiti al loro esercizio, come la protezione dell’ambiente, la tutela dei consumatori e gli uguali diritti di tutti i lavoratori.

Ma le due principali novità della prima parte di questa bozza riguardano i beni fondamentali e i beni illeciti. Sono infatti le garanzie relative a tali beni che occorre introdurre per rispondere a tutte le odierne sfide ed emergenze globali – umanitarie, ecologiche e nucleari – che il linguaggio individualistico dei diritti non è di solito in grado di affrontare.

Vanno anzitutto garantiti i beni fondamentali, cioè vitali, previsti nel titolo terzo (artt. 48-51), tramite la loro sottrazione al mercato e i vincoli della loro intangibilità e godibilità da parte di tutti: precisamente, i beni comuni (art. 49), come l’aria, l’acqua potabile, i grandi ghiacciai e le grandi foreste, che richiedono molteplici tutele, a cominciare dalla loro protezione come demanio planetario; i beni sociali (art. 50), che includono i vaccini e i farmaci salva-vita, dei quali viene stipulata la garanzia universale consistente nell’obbligo della loro distribuzione a tutti gli esseri umani; i beni personalissimi (art. 51), che riguardano l’integrità del corpo umano e l’identità delle persone e appartengono a ciascuno con esclusione di chiunque altro.

In secondo luogo vanno introdotte le garanzie contro i beni illeciti, cioè micidiali, previsti nel titolo quarto (artt. 52-58). Tali garanzie consistono nei divieti della loro produzione e/o del loro commercio e/o della loro detenzione. Contrariamente ai beni fondamentali perché vitali, questi beni – come le armi atomiche, ma anche le comuni armi da fuoco, i rifiuti tossici o comunque pericolosi e le emissioni di gas serra – vanno messi al bando come illeciti dato che minacciano la vita delle persone e talora di popoli interi.

3. Anche la seconda parte di questo progetto è divisa in quattro titoli.

Il primo titolo (artt. 59-63) definisce il ruolo e le funzioni della Federazione della Terra quale comunità politica aperta all’adesione di tutti gli Stati del mondo. In esso vengono distinte, sulla base delle loro diverse fonti di legittimazione, tre classi di istituzioni globali: le istituzioni di governo, le istituzioni di garanzia e le istituzioni di carattere economico.

Il secondo titolo è dedicato alle istituzioni e alle funzioni globali di governo. Sono le istituzioni, già esistenti, create dalla Carta delle Nazioni Unite: l’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, il Consiglio economico e sociale e il Segretariato (artt. 64-70). Di queste istituzioni vengono stipulate la democratizzazione politica sulla base della loro rappresentatività dei popoli della Terra, il compito di istituire e di implementare le istituzioni globali di garanzia e, inoltre, tutte le funzioni di governo richieste dalle finalità della Federazione, a cominciare dalle funzioni di pubblica sicurezza internazionale. Ma a parte queste funzioni di carattere globale, è chiaro che le funzioni di governo, poiché la loro legittimità dipende dalla loro rappresentatività politica, è bene che restino, prevalentemente, in capo agli Stati nazionali, più vicini agli elettori.

Enormemente più decisiva, ai fini della costruzione di una sfera pubblica mondiale all’altezza delle sfide globali, è l’introduzione di quelle che possiamo chiamare istituzioni e funzioni globali di garanzia, legittimate appunto dalle garanzie, di tipo contro-maggioritario, dell’uguaglianza di tutte le persone nei diritti umani, della tutela dei beni fondamentali perché vitali e della protezione dai beni illeciti perché micidiali. Tali istituzioni sono previste nel titolo terzo (artt. 71-90), diviso a sua volta in due sezioni: la prima è dedicata alle istituzioni e alle funzioni globali di garanzia primaria dei principi stabiliti nella prima parte, cioè all’immediata e diretta garanzia della pace, della sicurezza, dell’ambiente e dei diritti umani, dai diritti di libertà ai diritti sociali alla salute, all’istruzione e alla sussistenza e ai diritti dei lavoratori (artt. 74-85); la seconda sezione è dedicata alle istituzioni e alle funzioni globali di garanzia secondaria, deputate all’accertamento e alla riparazione giurisdizionale delle violazioni dei suddetti principi, per commissione o per omissione, e, insieme, alla soluzione delle controversie internazionali (artt. 86-90).

Talune istituzioni globali di garanzia primaria sono già esistenti: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Fao, l’Unesco e l’Organizzazione internazionale del lavoro. Di esse viene previsto il rafforzamento sia delle funzioni che degli apparati, onde metterle in grado di assicurare effettivamente la garanzia universale dei diritti alla salute, all’istruzione, all’alimentazione di base e a condizioni di lavoro eque e dignitose. Altre istituzioni globali di garanzia primaria vengono invece istituite dalle norme di questa seconda parte, in attuazione di altrettanti principi stabiliti nella parte prima. E’ previsto anzitutto un Consiglio internazionale per i diritti umani, con funzioni di coordinamento delle attività delle altre istituzioni di garanzia e di distribuzione delle risorse ad esse necessarie. Vengono stipulati, a garanzia della pace, la messa al bando delle armi, il monopolio della forza militare in capo alle sole forze di polizia, globali e locali, e perciò lo scioglimento degli eserciti nazionali auspicato oltre due secoli fa da Immanuel Kant. Viene inoltre istituita un’Agenzia garante dell’ambiente, deputata alla protezione della natura tramite la qualificazione come beni di un demanio planetario di tutti i beni naturali identificati come vitali e, inoltre, al controllo dell’osservanza dei divieti di produrre gas serra e rifiuti tossici o comunque micidiali. Infine sono previste un’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali, a garanzia della sussistenza delle persone, un’Agenzia mondiale dell’acqua, a garanzia dell’accesso di tutti all’acqua potabile, e un Comitato mondiale per le comunicazioni digitali, a garanzia dei diritti umani che da tali comunicazioni possano essere soddisfatti oppure lesi.

Quanto alle istituzioni globali di garanzia secondaria, due di esse sono l’attuale Corte internazionale di giustizia, la cui giurisdizione viene resa obbligatoria ed allargata ad altre controversie nelle quali siano coinvolti gli Stati, e l’attuale Corte penale internazionale, la cui giurisdizione viene a sua volta estesa alle gravi lesioni dei diritti di libertà da parte di regimi dispotici, alle violenze dirette a impedire l’esercizio dei diritti fondamentali, incluso il diritto di emigrare, e alla produzione e al commercio illeciti di armi. Sono poi istituite due nuove, non meno importanti giurisdizioni. La prima è la Corte costituzionale globale, il cui ruolo di controllo sull’invalidità di qualsiasi fonte per contrasto con le norme di questa Costituzione vale a collocare tali norme al vertice del sistema delle fonti e perciò a conferire loro il requisito della rigidità, che è il tratto distintivo del garantismo costituzionale odierno. La seconda è la Corte internazionale per i crimini di sistema, competente a promuovere l’accertamento e la cessazione dei crimini così chiamati perché consistenti in violazioni sistemiche di diritti o di beni fondamentali, non riconducibili alla responsabilità penale di persone determinate, bensì all’irrazionalità e all’irresponsabilità sociale dell’attuale sistema politico ed economico: le devastazioni ambientali, i rischi di conflitti nucleari, la crescita della fame e della povertà nelle periferie del mondo.

Infine il titolo quarto della parte seconda è dedicato alle istituzioni economiche e finanziarie (artt. 91-99). Si tratta delle istituzioni già esistenti nell’ordinamento internazionale: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, istituiti nel 1945 a seguito degli accordi di Bretton Woods, e l’Organizzazione mondiale del Commercio, istituita nel 1995. Di queste istituzioni vengono riformati i criteri di formazione dei loro organi dirigenti, il cui controllo odierno da parte dei paesi più ricchi, dovuto al fatto che essi sono rappresentativi delle loro ricchezze anziché delle loro popolazioni, ha finora reso ineffettivo e talora capovolto il ruolo di promozione dello sviluppo dei paesi poveri e di riduzione degli squilibri economici ad esse affidato dai loro statuti.

Vengono inoltre previsti, in quest’ultimo titolo, un bilancio planetario e un fisco globale, con indicazioni dettagliate sia delle quote di bilancio che delle aliquote fiscali. Il fisco globale si compone di svariate tassazioni su attività globali, a cominciare dall’uso fino ad oggi gratuito di beni comuni, e di un’imposizione fiscale basata su aliquote fortemente progressive sulle grandi ricchezze, sulle successioni di ingenti patrimoni e sugli altissimi redditi. Le aliquote indicate sono indubbiamente alte: il loro scopo, infatti, non è solo quello di procurare le entrate necessarie a finanziare le istituzioni globali di garanzia, ma anche quello di ridurre l’eccessiva e patologica concentrazione delle ricchezze e di scoraggiare l’attribuzione di redditi illimitati. Il bilancio planetario consiste nell’assegnazione alle diverse istituzioni globali, e soprattutto a quelle di garanzia primaria, di quote minime del bilancio dirette a finanziarne le spese sociali. La quantificazione sia delle aliquote fiscali che delle quote destinate alle spese sociali è apparsa necessaria per vincolare effettivamente – al di là delle generiche norme di principio sulla progressività delle imposte e sulla solidarietà sociale – sia la politica fiscale che la spesa pubblica globale a una reale redistribuzione della ricchezza, alla garanzia dei diversi diritti sociali e a un’effettiva tutela dell’ambiente. Infine vengono previsti il trasferimento alla Federazione della Terra del debito pubblico dei paesi poveri, a titolo di risarcimento dei danni finora provocati dall’uso e dall’abuso gratuito dei beni comuni globali da parte dei paesi ricchi, e la garanzia, da parte della Banca Mondiale, dei debiti pubblici degli altri paesi.

Progetto di Costituzione della Terra

Noi popoli del­la Terra, che nel corso delle ultime generazioni abbiamo accumulato armi micidiali in grado di distruggere più volte l’umanità, abbiamo devastato l’ambiente naturale e messo in pericolo, con le nostre attività industriali, l’abitabilità del nostro pianeta;

consapevoli della catastrofe ecologica che incombe sulla Terra, del nesso che lega la sopravvivenza dell’umanità e la salvaguardia dell’ambiente e del pericolo che, per la prima volta nella storia, il genere umano, a causa delle sue aggressioni alla natura, possa avviarsi all’estinzione;

decisi a salvare la Terra e le ge­nerazioni future dai flagelli dello sviluppo insostenibile, delle guerre, dei dispotismi, della crescita della povertà e della fame, che hanno già provocato deva­sta­zioni irreversibili al nostro am­biente naturale, milioni di morti ogni anno, lesioni gravissime della dignità delle persone e un’infinità di indi­cibili privazioni e sofferenze;

decisi a vivere insieme, nessuno escluso, in pace, senza armi mortali, né fame né muri ostili, a garantire un futuro all’umanità e alle altre specie viventi e a realizzare l’uguaglianza nei diritti fondamentali e la solidarietà tra tutti gli esseri umani, assicurando loro le garanzie della vita, della dignità, delle libertà, della salute, dell’istruzione e dei minimi vitali,

promuoviamo un processo costituente della

Federazione della Terra, aperto all’adesione

di tutti i popoli e di tutti gli Stati esistenti e

finalizzato alla stipulazione di questo patto

di convivenza pacifica e di solidarietà:

Parte prima

I principi. Le finalità

Titolo primo

Principi supremi

Articolo 1

La Terra, casa comune degli esseri viventi

La Terra è un pianeta vivente. Essa appartiene, come casa comune, a tutti gli esseri viventi: agli esseri umani, agli animali e alle piante. Appartiene anche alle generazioni future, alle quali la nostra generazione ha il dovere di garantire, con la continuazione della storia, che esse vengano al mondo e possano sopravvivere.

L’umanità fa parte della natura. La sua sopravvivenza e la sua salute dipendono dalla vitalità e dalla salute del mondo naturale e degli altri esseri viventi, animali e vegetali, che insieme agli esseri umani formano una famiglia accomunata da una medesima origine e da una globale interdipendenza.

Articolo 2

Le finalità della Federazione della Terra

I fini della Federazione della Terra sono:

garantire la vita presente e futura sul nostro pianeta in tutte le sue forme e, a questo fine, porre termine alle emissioni di gas serra e al riscaldamento climatico, agli inquinamenti dell’aria, dell’acqua e del suolo, alle deforestazioni, alle aggressioni alla biodiversità e alle sofferenze crudeli inflitte agli animali;

mantenere la pace e la sicurezza internazionale e, a questo fine, mettere al bando tutte le armi – nucleari, chimiche, microbiologiche e convenzionali – , sopprimere gli eserciti nazionali e così realizzare il disarmo degli Stati e delle persone e il monopolio della forza in capo alle sole istituzioni di sicurezza pubblica;

promuovere fra i popoli rapporti amichevoli di solidarietà e di cooperazione nella soluzione dei problemi globali di carattere ecologico, politico, economico e sociale e, a questo fine, garantire l’uguale dignità di tutti i popoli e di tutte le persone e la conservazione e la tutela di tutti i beni vitali;

realizzare l’uguaglianza di tutti gli esseri umani nei diritti fondamentali e, a questo fine, introdurre, in capo ad adeguate istituzioni e funzioni globali di garanzia, i divieti di lesione e gli obblighi di prestazione che a tali diritti corrispondono come loro garanzie.

Articolo 3

Dignità della persona

La dignità della persona umana è inviolabile. E’ dovere di tutti rispettare e tutelare gli esseri umani sia come singoli, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la loro personalità.

Nella ricchezza delle loro molteplici differenze, che questa Costituzione ha il compito di tutelare, gli esseri umani costituiscono il popolo della Terra, quali soggetti uguali in dignità e diritti, usufruttuari di beni comuni, responsabili in solido della vita sul pianeta e tenuti a conservarla e a trasmetterla da una generazione all’altra.

Modificazioni genetiche su esseri umani sono consentite soltanto a fini strettamente terapeutici.

Articolo 4

Principio di uguaglianza

Tutti gli esseri umani sono uguali di fronte alle leggi.

L’uguaglianza di fronte alle leggi comporta che le norme di legge non siano oscure né vaghe, ma quanto più possibile chiare, univoche e precise.

Tutti gli esseri umani sono uguali nei diritti fondamentali.

L’uguaglianza nei diritti fondamentali comporta il diritto di ciascuno al rispetto e all’affermazione di tutte le proprie differenze personali di identità e alla massima riduzione delle disuguaglianze economiche e sociali.

Le garanzie di questi diritti, qualora difettino o siano inadeguate negli ordinamenti statali, sono assicurate dalle istituzioni globali di garanzia previste nel titolo terzo della parte seconda di questa Costituzione.

Articolo 5

Cittadinanza della Terra

Tutti gli esseri umani sono cittadini della Terra. Tutti sono dotati, dal momento della nascita, di personalità e di capacità giuridica. Nessuno può essere privato della personalità, della capacità giuridica o del nome.

Tutti gli esseri umani acquistano la capacità d’agire con la maggiore età.

Articolo 6

La pace

La Federazione della Terra ripudia la guerra come massimo crimine contro l’umanità

Il diritto alla pace è un diritto fondamentale del popolo della Terra, di tutti i popoli del mondo e di tutti gli esseri umani. La sua garanzia è un dovere assoluto di tutte le istituzioni pubbliche, sia statali che globali.

La fraternità è la forma primaria dei rapporti tra tutte le persone che fanno parte del popolo della Terra.

Tutti gli esseri umani e tutte le pubbliche istituzioni sono tenuti ai doveri di solidarietà politica, economica e sociale.

Titolo secondo

I diritti fondamentali

Articolo 7

Universalità, indivisibilità e indisponibilità dei diritti fondamentali

I diritti fondamentali alla vita, all’integrità fisica e psichica, alle libertà, alla salute, all’istruzione, alla sussistenza, alla sicurezza e al libero sviluppo della persona sono diritti universali, spettanti a tutti gli esseri umani e perciò indivisibili e indisponibili.

Essi sono nell’interesse di ciascuno dei loro titolari e nell’interesse pubblico dell’intera umanità. Non sono suscettibili di negoziazioni, né di rinuncia da parte dei loro titolari.

Articolo 8

I diritti fondamentali e le loro garanzie

I diritti fondamentali stabiliti in questa Costituzione sono aspettative negative o positive di carattere universale, cui corrispondono, come garanzie, i divieti delle loro lesioni e gli obblighi delle prestazioni idonee a soddisfarli.

Essi impongono alle istituzioni globali di governo l’obbligo di creare le istituzioni e le funzioni globali di garanzia deputate, ove difettino le istituzioni statali di garanzia, alla loro tutela e alla loro attuazione.

Le garanzie di tali diritti sono limiti e vincoli all’esercizio di tutti i poteri, sia pubblici che privati, nei cui confronti stabiliscono ciò che non deve essere deciso e ciò che non deve essere non deciso.

Sono diritti fondamentali i diritti di libertà, i diritti sociali, i diritti politici e i diritti civili.

Sezione prima

I diritti di libertà

Articolo 9

Le garanzie dei diritti di libertà

I diritti di immunità e di libertà comportano il divieto, in capo a tutti e a ciascuno, di lederli e di impedirne o limitarne l’esercizio.

Articolo 10

Il diritto alla vita e all’integrità personale

Ogni persona umana ha il diritto inviolabile alla vita.

Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a punizioni o a trattamenti crudeli, o disumani o degradanti, né a trattamenti psichici che ledano la sua personalità.

Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù.

Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio.

Articolo 11

La libertà di pensiero

La libertà di pensiero, di coscienza e di religione è inviolabile.

Nessuno può limitarla o coartarla.

Articolo 12

La libertà religiosa

Ciascuno ha diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, nel rispetto dei diritti di libertà degli altri. Nessuno può essere costretto a praticare una religione contro la sua volontà.

Tutte le confessioni religiose sono libere di ordinare e praticare i loro culti e di diffondere le loro concezioni, nel rispetto delle altre confessioni religiose e dei diritti di libertà di tutti e di ciascuno.

Le istituzioni pubbliche e le istituzioni religiose sono autonome e tra loro indipendenti.

Articolo 13

La libertà di manifestazione del pensiero

Tutti hanno diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione.

La libertà di manifestazione del pensiero incontra i limiti consistenti nei divieti di ingiurie, di diffamazioni e di lesioni dell’altrui riservatezza.

La libertà dei mezzi di informazione è garantita dal diritto dei giornalisti di concorrere a deciderne gli orientamenti e, insieme, da finanziamenti pubblici condizionati all’assenza di censure e di controlli padronali ed erogati in misura inversamente proporzionale agli introiti pubblicitari.

Tutti hanno diritto di comunicare, di cercare, di ricevere e di ottenere informazioni, senza riguardo a frontiere e a barriere politiche, e di accedere a Internet e alle tecnologie informatiche in condizioni di uguaglianza.

Tutti hanno diritto di ottenere le informazioni relative ai contenuti e alle motivazioni degli atti delle pubbliche istituzioni che incidano sui loro diritti fondamentali.

Articolo 14

La libertà di circolazione sulla Terra

Tutti hanno diritto di circolare liberamente sulla Terra, salvo le limitazioni stabilite dalle leggi per motivi di sanità.

Ogni individuo ha diritto di emigrare da qualunque paese, incluso il proprio, e di tornare nel proprio paese. Questo diritto è garantito dal divieto di qualunque violenza o costrizione diretta a impedirne l’esercizio e dall’obbligo della Federazione della Terra di consentire e disciplinare la conseguente immigrazione.

La persona alla quale sia negato nel suo paese l’effettivo godimento dei diritti fondamentali garantiti da questa Costituzione ha diritto di asilo nei territori degli Stati che a questa Costituzione abbiano aderito.

Articolo 15

La libertà di riunione

Tutti hanno diritto di riunirsi pacificamente e senza armi, senza alcuna autorizzazione, salvo le limitazioni imposte dalle pubbliche autorità per motivi di sanità o di incolumità pubblica.

Articolo 16

La libertà di associazione

Tutti hanno diritto di associarsi liberamente, con i limiti determinati dai divieti di associazioni con finalità delittuose oppure di carattere militare.

Articolo 17

Le libertà dell’arte, della scienza e dell’insegnamento

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

Tutti hanno diritto di accedere alla scienza e alla conoscenza.

Articolo 18

La libertà personale

La libertà personale non può essere limitata se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalle leggi.

Limitazioni della libertà personale sono consentite alle autorità di polizia in casi eccezionali di necessità e di urgenza, tassativamente previsti dalle leggi, e vengono meno se entro il giorno successivo non sono convalidate dall’autorità giudiziaria.

Nessuno può essere privato della libertà personale per il solo fatto di non essere in grado di adempiere a un’obbligazione contrattuale.

Chiunque sia privato della libertà personale deve essere trattato con umanità e con il rispetto dovuto alla sua dignità di persona. E’ punita ogni violenza fisica o morale su persone comunque sottoposte a restrizioni della libertà personale.

Articolo 19

L’immunità da imposizioni tecnologiche

Nessuno può essere sottoposto a decisioni automatizzate, basate unicamente su algoritmi, che riguardino la sua persona o comunque incidano sulla sua vita.

E’ vietata e punita qualunque applicazione dell’intelligenza artificiale o della robotica in grado di violare la dignità, la riservatezza o la libertà delle persone.

E’ vietata qualunque applicazione tecnologica sulla persona umana idonea a provocare mutazioni dannose e permanenti della sua identità

Articolo 20

Il diritto alla riservatezza

Ogni individuo ha diritto al rispetto e alla non violazione della sua vita privata, del suo domicilio e della segretezza della sua corrispondenza e di ogni sua forma di comunicazione.

Nessuno può essere obbligato a rivelare le proprie opinioni politiche, o religiose o di altro genere.

Ispezioni, perquisizioni, limitazioni, sequestri e altre interferenze nella vita privata delle persone sono consentite nei soli casi, nei soli modi e con le medesime garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.

Articolo 21

Il principio di legalità penale

Nessuno può essere punito per un’azione o un’omissione che non siano state in precedenza previste dalla legge come reati, né con pene più severe di quelle in vigore al momento della commissione del reato.

La legge può punire come reati soltanto comportamenti da essa tassativamente determinati, imputabili alla responsabilità personale dei loro autori e lesivi di beni o di diritti altrui oppure di interessi costituzionalmente rilevanti.

Tutte le norme in materia di reati, di pene e di processi penali devono essere contenute nei codici penali e nei codici di procedura penale.

Nessun essere umano può essere trattato o punito come nemico, o comunque penalizzato a causa della sua identità politica, o religiosa, o etnica o nazionale.

Articolo 22

I principi del giusto processo

Chiunque sia accusato di un reato è presunto innocente fino a che la sua colpevolezza non sia stata accertata in via definitiva da una sentenza motivata di condanna, emessa in tempi ragionevoli e sulla base di prove acquisite in un pubblico dibattimento, nel quale l’accusato abbia goduto del diritto di contraddire capi d’accusa motivati e chiaramente formulati e di difendersi personalmente e con l’assistenza di un difensore di sua scelta o di un pubblico ministero di difesa.

Chiunque sia stato dichiarato da un tribunale colpevole di un reato, ha diritto a un ulteriore esame della sua responsabilità da parte di una giurisdizione superiore.

Articolo 23

L’umanità delle pene

Le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità.

Non sono ammesse la pena di morte, quella dell’ergastolo, le pene corporali, le pene infamanti e la pena della reclusione per una durata superiore a venti anni.

Articolo 24

La libertà naturale

La libertà naturale consiste nella facoltà di fare tutto ciò che non nuoce agli altri. Essa può essere limitata solo dalle leggi. Le leggi non possono vietare le azioni non nocive ad altri o alla società.

I comportamenti non formalmente vietati da norme legittime non possono, da nessuno, essere impediti.

Nessuno può essere costretto a fare ciò che da norme legittime non è prescritto come obbligatorio.

Tutti hanno il diritto di disobbedire a un ordine ingiusto che comporti il ricorso illegittimo alla violenza o la violazione di diritti altrui.

Sezione seconda

I diritti sociali

Articolo 25

Le garanzie dei diritti sociali

I diritti sociali comportano l’obbligo a carico delle istituzioni nazionali di garanzia e, qualora tale obbligo non sia adeguatamente soddisfatto, a carico delle istituzioni globali di garanzia, di fornire gratuitamente a tutti gli esseri umani le prestazioni che ne formano l’oggetto.

Articolo 26

Il diritto alla salute

Tutti hanno diritto alla salute.

Il diritto alla salute comporta l’obbligo, a carico delle istituzioni sanitarie di garanzia, sia nazionali che globali, di prevenire le malattie e di fornire a tutti gli esseri umani, gratuitamente, le cure e i farmaci necessari.

Nessuno può essere obbligato a subire trattamenti sanitari contro la sua volontà, se non per disposizioni di legge consentite unicamente a garanzia dell’incolumità e della salute pubblica.

Articolo 27

Il diritto all’istruzione

Tutti hanno diritto all’istruzione, impartita obbligatoriamente e gratuitamente dalla scuola pubblica per almeno 10 anni.

Scuole private possono essere istituite senza oneri diretti o indiretti per le pubbliche istituzioni.

L’istruzione, sia nelle scuole pubbliche che nelle scuole private, è finalizzata alla promozione del libero sviluppo della personalità e all’educazione al rispetto dei principi della pace, della dignità e dell’uguaglianza delle persone, dei loro diritti fondamentali e dei beni comuni.

I capaci e i meritevoli hanno diritto ad essere forniti dei mezzi necessari a raggiungere i gradi più alti degli studi.

Le istituzioni pubbliche di garanzia dell’istruzione, locali e globali, garantiscono la massima diffusione in rete delle conoscenze scientifiche quali saperi accessibili a tutti.

Articolo 28

Il diritto al cibo

Tutti hanno diritto a un’alimentazione appropriata, mediante alimenti sani e nutrienti, sufficienti ad assicurare un sano sviluppo fisico e psichico della persona.

Articolo 29

Il diritto a un reddito minimo di base

Tutti hanno diritto a un reddito di base sufficiente a garantire a ciascuno una degna sopravvivenza.

In caso di infortunio, o di malattia, o di invalidità o di vecchiaia, tutti hanno diritto che siano loro assicurati mezzi sufficienti a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Articolo 30

Il diritto all’abitazione

Tutti hanno diritto all’uso di un’abitazione decorosa e sicura.

Sezione terza

I diritti politici

Articolo 31

L’uguaglianza dei popoli in dignità e diritti

Tutti i popoli sono uguali in dignità e diritti.

Ogni popolo ha diritto all’esistenza e alla sussistenza, al rispetto della propria identità nazionale e culturale, all’uso della propria lingua, alla conservazione e alla protezione del proprio ambiente naturale, delle proprie tradizioni storiche e delle proprie ricchezze artistiche.

Articolo 32

I diritti delle minoranze

Coloro che appartengono a minoranze linguistiche, culturali, religiose, nazionali o politiche hanno diritto alla tutela e all’affermazione delle identità determinate da tali appartenenze, all’uso della loro lingua e al rispetto delle loro culture e delle loro tradizioni.

Articolo 33

La sovranità popolare

La sovranità appartiene al popolo della Terra e a nessun’altro. Nessun potere costituito può appropriarsene o usurparla.

Essa consiste nella somma di quei frammenti di sovranità che sono i poteri e i contropoteri nei quali consistono i diritti fondamentali di cui tutti gli esseri umani sono titolari.

Articolo 34

Il diritto dei popoli all’autodeterminazione

Ogni popolo ha diritto all’autodeterminazione, sia interna che esterna, onde possa decidere liberamente il suo sviluppo civile, politico, economico e culturale.

L’autodeterminazione interna consiste nella democrazia, grazie alla quale tutti sono garantiti nei loro diritti e possono concorrere a orientare le politiche nei loro paesi mediante libere elezioni, svolte a scrutinio segreto e a intervalli ragionevoli e idonee ad assicurare la massima rappresentatività delle istituzioni di governo.

L’autodeterminazione esterna consiste nell’immunità dei popoli da ogni forma, diretta o indiretta, di dominazione e da ogni altro tipo di violazione dei diritti fondamentali o di oppressione che sia determinato dalla loro identità etnica, o nazionale, o religiosa, o linguistica o politica.

Articolo 35

Partecipazione politica e diritto di voto

Tutti hanno diritto di partecipare alla vita pubblica e di concorrere a determinare le decisioni politiche delle istituzioni di governo.

Sono elettori ed hanno diritto di voto, nei territori nei quali risiedono stabilmente, tutti gli esseri umani che abbiano raggiunto la maggiore età.

Il voto è personale, uguale, libero e segreto.

Articolo 36

I partiti politici

Tutti hanno diritto di associarsi in partiti politici, o in libere associazioni o in movimenti sociali, anche di carattere globale, onde concorrere collettivamente a determinare le politiche locali, nazionali e globali.

I partiti sono formazioni sociali, titolari di autonome funzioni di indirizzo politico nei confronti delle istituzioni rappresentative di governo. La loro organizzazione è libera quanto ai programmi e vincolata quanto al metodo democratico e al dovere di rispettare il principio della pace e i diritti fondamentali.

I bilanci dei partiti, formati dai contributi degli iscritti o dei simpatizzanti e dai finanziamenti pubblici, sono vincolati alla trasparenza. I partiti non possono ricevere contributi privati occulti oppure in grado, per la loro entità, di condizionare le loro scelte politiche.

Articolo 37

Il diritto di accesso alle funzioni pubbliche

Tutte le persone dotate di capacità d’agire hanno diritto di accedere alle funzioni pubbliche e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza.

Sezione quarta

I diritti civili

Articolo 38

I diritti civili e la soggezione alla legge del loro esercizio

I diritti civili di autonomia negoziale e imprenditoriale sono poteri spettanti a tutti i soggetti dotati della capacitò d’agire.

Il loro esercizio è sottoposto alla legge, che ne detta i limiti consistenti nei divieti di provocare danni ingiusti ai diritti e ai beni altrui.

Articolo 39

La proprietà privata e gli altri diritti patrimoniali

La proprietà privata e gli altri diritti patrimoniali sono riconosciuti e garantiti quanto ai modi di acquisto e di godimento e quanto ai limiti che, a tutela dei diritti altrui e dei pubblici interessi, sono imposti al loro esercizio dalla loro natura di poteri.

La proprietà privata, inclusa la proprietà intellettuale sottostante ai brevetti, può essere espropriata, salvo indennizzo, dalle pubbliche istituzioni, locali o globali, per motivi di interesse generale.

Articolo 40

L’iniziativa economica privata e i suoi limiti

I diritti civili di autonomia negoziale e di iniziativa economica privata non possono essere esercitati in modo da recare danno alla sicurezza, alla salute, alla libertà e alla dignità delle persone.

Le imprese hanno la sede legale nei luoghi nei quali prevalentemente si svolgono le loro attività.

Funzioni pubbliche e diritti civili di autonomia imprenditoriale e di proprietà privata sono incompatibili in capo ai medesimi soggetti, qualora l’esercizio delle prime possa essere condizionato dagli interessi che informano l’esercizio dei secondi.

La crescita economica non può essere illimitata. Essa è condizionata dalla sua sostenibilità ecologica e dal carattere limitato delle risorse e delle difese naturali.

Articolo 41

I diritti e i doveri nella famiglia

Uomini e donne in età idonea e liberamente consenzienti hanno il diritto di stabilire tra loro forme diverse di comunione di vita, senza limitazioni legate alle loro identità, e di costituirsi come famiglie.

I coniugi hanno uguali diritti e uguali doveri nei rapporti fra loro e con i loro figli. Hanno il compito di mantenere, curare ed educare i figli minori, nel rispetto dei loro diritti e della loro dignità di persone.

Hanno inoltre il diritto di ottenere, su richiesta anche soltanto di uno di loro, lo scioglimento giuridico del vincolo coniugale, con il conseguente dovere di assistenza nei confronti del coniuge economicamente più bisognoso.

Sono vietati e giuridicamente nulli i matrimoni con minori in età infantile.

La maternità è il frutto di una libera e responsabile autodeterminazione della donna.

I bambini hanno diritto a essere trattati come persone e a partecipare, secondo il loro grado di maturità, alle decisioni che li riguardano.

I membri della famiglia sono tenuti ai doveri della reciproca assistenza.

Articolo 42

La dignità del lavoro

Il lavoro non è una merce. Esso è un fattore della dignità della persona e del suo ruolo nella società e deve essere tutelato in tutte le sue forme.

Tutti hanno diritto, in condizioni di uguali opportunità, alla libera scelta del proprio lavoro.

E’ compito delle istituzioni pubbliche, nazionali e globali, promuovere la piena occupazione.

Articolo 43

I diritti dei lavoratori

Ogni lavoratore ha diritto ad ambienti e a condizioni di lavoro sane, igieniche, sicure e dignitose, in grado di impedire infortuni, malattie professionali e lesioni della sua salute e della sua incolumità fisica o psichica. Sono vietati i lavori che mettano in pericolo la vita o la salute dei lavoratori.

E’ vietato il lavoro infantile.

A parità di mansioni, i lavoratori hanno diritto a uguali condizioni di lavoro e di retribuzione, senza discriminazioni determinate da ragioni di sesso, o di nazionalità, o di religione, o di opinioni politiche, o di appartenenza a partiti o a sindacati.

Tutti i lavoratori hanno diritto al riposo settimanale, a una durata della giornata lavorativa non superiore a otto ore, a ferie annuali retribuite e a un’equa retribuzione la cui misura minima, normativamente stabilita a livello globale, deve essere sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Ogni lavoratore ha diritto al miglioramento delle sue capacità lavorative attraverso la partecipazione a corsi di apprendistato o di formazione professionale.

Nessun lavoratore dipendente può essere licenziato senza che ricorra una giusta causa prestabilita dalla legge e adeguatamente motivata e comprovata.

Ai contratti di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata solo se si tratti di lavori stagionali, oppure ricorrano eccezionali e comprovate esigenze oggettive o significativi incrementi temporanei dell’ordinaria attività dell’impresa.

Tutti i lavoratori hanno diritto a un trattamento pensionistico in grado di assicurare loro mezzi adeguati alle loro esigenze di vita.

E’ vietato l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza delle attività dei lavoratori.

Sono vietate le discriminazioni, nell’avanzamento professionale e nelle carriere, basate sul sesso.

Tutte le lavoratrici hanno diritto alla tutela del loro stato di maternità e, prima e dopo il parto, ad adeguati periodi di riposo nella forma di congedi di maternità retribuiti. Sono illegittimi i licenziamenti o le discriminazioni nel lavoro determinati dalla maternità.

Articolo 44

La partecipazione dei lavoratori alle decisioni che incidono sulla loro vita

I lavoratori hanno diritto, anche attraverso le organizzazioni sindacali alle quali aderiscono, ad essere informati e consultati su tutte le vicende dei datori di lavoro che possano avere effetti sul loro rapporto di lavoro.

Nelle imprese gestite da organi societari, i lavoratori hanno diritto ad essere in questi rappresentati onde partecipare, in maniera determinante, a tutte le decisioni che, senza comprovate necessità di salvaguardare la sopravvivenza dell’impresa, incidano sulle loro vite e sul loro futuro, incluse quelle sulla vendita o sulla dislocazione in altri luoghi delle attività produttive.

Articolo 45

Il diritto di sciopero

Tutti i lavoratori hanno il diritto di sciopero, il cui esercizio può essere limitato dalla legge soltanto a garanzia di diritti fondamentali altrui o di servizi essenziali alla vita collettiva.

Articolo 46

Le libertà sindacali

Tutti i lavoratori hanno diritto di dar vita o di aderire ad associazioni sindacali, anche di carattere globale, e di svolgere attività sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, anche mediante la creazione di rappresentanze sindacali aziendali e l’esercizio del diritto di assemblea.

I sindacati si danno un ordinamento interno di carattere democratico.

Essi hanno il diritto di stipulare, con i rappresentanti degli imprenditori, contratti collettivi, anche globali, dotati di efficacia obbligatoria per tutti i rapporti di lavoro che riguardino le categorie dei lavoratori da essi rappresentate.

Le organizzazioni sindacali locali o nazionali possono dar vita o aderire a organizzazioni sindacali sovra-nazionali, sia di carattere generale che di categoria, dirette a ottenere garanzie dei diritti quanto più possibili uguali per tutti i lavoratori della Terra.

Articolo 47

Il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti

Tutti hanno diritto di agire in giudizio per ottenere il riconoscimento e la tutela dei loro diritti, in processi equi e pubblici, svolti in tempi ragionevoli, davanti a tribunali imparziali, indipendenti e pre-costituiti per legge.

Tutti hanno diritto di promuovere azioni collettive in difesa di diritti e di interessi comuni.

Contro le violazioni dei diritti stabiliti da questa Costituzione, le persone e, mediante loro rappresentanti, i popoli lesi, hanno diritto di ricorrere, in caso di mancata o denegata giustizia nei territori degli Stati, davanti alle giurisdizioni globali previste da questa Costituzione nella sezione seconda del titolo terzo della sua parte seconda.

Titolo terzo

I beni fondamentali

Articolo 48

Le garanzie dei beni fondamentali

I beni fondamentali sono i beni vitali la cui tutela e la cui accessibilità devono essere garantite a tutti.

Sono beni fondamentali i beni comuni, i beni sociali e i beni personalissimi.

Sono beni comuni, sottratti al mercato, i beni vitali naturali: l’aria, l’acqua potabile e le sue fonti, i fiumi, i laghi, i mari, le grandi foreste, i grandi ghiacciai, la biodiversità, i fondi marini, l’Antartide, gli spazi aerei, le onde elettro-magnetiche, gli spazi extra-atmosferici, la Luna e gli altri corpi celesti.

Sono beni sociali i beni vitali artificiali: i farmaci salva-vita, i vaccini, il cibo sano e non contaminato necessario all’alimentazione di base e la rete Internet.

Sono beni personalissimi le parti vitali del corpo umano, delle quali è vietata qualunque forma di disposizione a fini di lucro, e i dati relativi all’identità personale, dei quali è vietato l’uso non consentito dalla persona che ne è titolare.

Articolo 49

I beni comuni. Un demanio planetario

I beni comuni, l’accesso ai quali deve essere garantito a tutti, sono patrimonio comune dell’umanità e di tutti gli altri esseri viventi.

Essi fanno parte del demanio planetario. Sono perciò sottratti all’appropriazione privata, alla mercificazione e a qualunque attività che possa danneggiarli in maniera irreversibile.

Sono vietate l’agricoltura e gli allevamenti intensivi in grado di danneggiare gravemente i beni comuni.

Tutti hanno diritto di vivere in un ambiente salubre e di influire sull’adozione di decisioni concernenti i beni comuni e l’ambiente in cui vivono.

Articolo 50

I beni sociali

I beni sociali sono beni la cui disponibilità e accessibilità deve essere garantita gratuitamente a tutti.

La produzione dei beni sociali e la ricerca scientifica a tal fine necessaria sono adeguatamente finanziate dalle istituzioni, nazionali e globali, di garanzia primaria.

Le istituzioni di governo, sia nazionali che globali, ove ricorrano un’emergenza nazionale o altre circostanze di estrema urgenza, possono utilizzare i beni sociali oggetto di brevetti, dietro equo compenso, dopo aver cercato ma non ottenuto il consenso dei loro titolari.

L’accesso a Internet è un diritto fondamentale di tutte le persone, in condizioni di parità.

I diritti fondamentali stabiliti in questa Costituzione sono garantiti in Internet, affinché ne sia ugualmente assicurata, per tutti gli esseri umani, la sostanziale effettività.

Articolo 51

I beni personalissimi

I beni personalissimi appartengono a ciascuno con esclusione di chiunque altro.

E’ vietato qualunque atto che cagioni una diminuzione permanente dei beni personalissimi consistenti in parti del corpo umano.

Il trattamento dei dati personali idonei a rivelare l’identità di una persona fisica – come le sue convinzioni politiche o religiose, le sue condizioni di salute, il suo dna, la sua situazione economica, la sua ubicazione, i suoi spostamenti, i suoi interessi, la sua vita sessuale e la sua iscrizione a partiti o ad altre associazioni – è permesso soltanto con il consenso libero e informato della persona alla quale appartengono e nel rispetto della sua dignità e della sua riservatezza. Tali dati non possono essere conservati per un tempo superiore al conseguimento delle finalità lecite per le quali sono stati acquisiti.

Tutti hanno il diritto di accedere ai dati personali che li riguardano, di esigerne e ottenerne la rettifica e l’aggiornamento, di conoscere le finalità cui sono destinati e, qualora queste non siano giustificate sulla base dei principi di questa Costituzione, di imporne la cancellazione.

E’ vietato il commercio delle banche di dati personali destinato a renderne possibile l’uso per finalità diverse da quelle per le quali esse sono state formate.

Titolo quarto

I beni illeciti

Articolo 52

Divieto di produzione, di commercio e di detenzione dei beni micidiali

I beni illeciti sono i beni micidiali, dei quali sono vietate e punite la produzione, il commercio e/o la detenzione.

Sono beni illeciti le armi nucleari, le altre armi d’offesa e di morte, i droni omicidi, le droghe pesanti, le scorie radioattive, le emissioni di gas serra e tutti i rifiuti tossici o pericolosi.

Articolo 53

La messa al bando delle armi

e il monopolio pubblico della forza

Sono vietate e punite la produzione, la sperimentazione, il commercio, la detenzione e la diffusione di armi nucleari, di armi chimiche, di armi batteriologiche o di altri tipi di armi a queste simili per natura o per effetti.

Sono vietate e punite la detenzione e il commercio di armi da fuoco. La produzione e la detenzione di tali armi sono riservate al monopolio pubblico in capo alle forze di polizia locali, statali e globali.

Articolo 54

Divieto di attività che provochino danni irreversibili alla Terra

Sono vietate le attività in grado di cagionare alla natura danni irreversibili, o di alterare processi ecologici essenziali o di distruggere o ridurre la multiforme diversità delle forme di vita.

Articolo 55

I limiti imposti alla produzione di energie non rinnovabili

La produzione e l’uso di energie non rinnovabili sono sottoposti ai limiti imposti dalla tutela dell’ambiente e della salute delle persone.

L’estrazione, il commercio e l’utilizzazione di fonti energetiche fossili non rinnovabili sono sottoposte a un’imposta globale di almeno il 10% del loro valore di mercato fino all’anno 2030, di almeno il 20% di tale valore fino al 2040 e di almeno il 30% di tale valore fino al 2050. Sono proibite e punite dopo il 2050.

Articolo 56

Rifiuti radioattivi e rifiuti tossici

E’ vietata la produzione, per effetto di attività industriali o domestiche, di rifiuti radioattivi o comunque tossici che possano provocare la morte o danni rilevanti alla salute degli esseri umani.

Articolo 57

Le droghe pesanti

La produzione di droghe pesanti è consentita soltanto all’industria farmaceutica pubblica, oppure a imprese private sulla base di specifiche autorizzazioni da parte delle istituzioni di garanzia della salute.

La loro vendita è riservata alle farmacie dietro prescrizione medica.

Le istituzioni di governo adottano misure dirette a ridurre i danni provocati alle persone dalla dipendenza e dall’abuso di sostanze stupefacenti.

Articolo 58

I diritti dei consumatori

Tutti gli esseri umani hanno diritto, in quanto consumatori, all’offerta sul mercato di beni non avariati e comunque non dannosi per la loro salute e per la loro incolumità.

Parte seconda

Le istituzioni. Gli strumenti

Titolo primo

La Federazione della Terra

Articolo 59

L’adesione degli Stati alla Federazione della Terra

La Federazione della Terra è aperta all’adesione di tutti gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e degli altri Stati esistenti.

Articolo 60

I doveri degli Stati

Gli Stati hanno il dovere di intrattenere tra loro rapporti di pace, di amicizia, di solidarietà e di cooperazione e di garantire, nei loro territori, i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani, la tutela dei beni fondamentali e la loro universale accessibilità.

Articolo 61

Le controversie tra Stati

Le controversie tra Stati sono risolte mediante negoziati o attraverso procedure di conciliazione, oppure tramite la loro sottoposizione ad arbitrati, o al giudizio della Corte internazionale di giustizia o ad altre procedure idonee ad assicurare la loro pacifica soluzione.

Articolo 62

Le competenze delle istituzioni globali

Appartengono alla competenza delle istituzioni globali la tutela dell’ambiente naturale e dei beni comuni, la garanzia della pace e della sicurezza, la garanzia dei diritti fondamentali non garantiti nei territori in cui vivono i loro titolari, la messa al bando dei beni illeciti, la riduzione degli squilibri economici, la promozione dello sviluppo dei paesi poveri e tutte le misure dirette a realizzare le finalità indicate nell’articolo 2.

Articolo 63

Istituzioni di governo, istituzioni di garanzia,

istituzioni di carattere economico

Sono istituzioni e funzioni globali della Federazione della Terra: a) le istituzioni e le funzioni globali di governo, b) le istituzioni e le funzioni globali di garanzia, c) le istituzioni e le funzioni globali di carattere economico e finanziario.

Le funzioni di governo sono legittimate dalla rappresentatività politica dei loro titolari, tanto più effettiva quanto più locale.

Le funzioni di garanzia sono legittimate dall’uguaglianza da esse garantita nei diritti fondamentali, tanto più effettiva quanto più globale.

Le funzioni globali di carattere economico o finanziario sono legittimate dalla loro capacità di promuovere la stabilità economica, la tutela dell’ambiente e la massima uguaglianza nelle condizioni di vita dei popoli della Terra.

Titolo secondo

Le istituzioni e le funzioni globali di governo

Articolo 64

Le istituzioni globali di governo

Sono istituzioni globali di governo della Federazione della Terra: a) l’Assemblea generale, b) il Consiglio di sicurezza, c) Il Consiglio economico e sociale, d) il Segretariato.

Articolo 65

L’Assemblea generale e la sua composizione

L’Assemblea generale è formata dai rappresentanti di tutti i popoli e di tutti gli Stati della Federazione della Terra, designati ogni cinque anni tramite libere elezioni.

Ogni Stato federato ha, nell’Assemblea generale, un numero di rappresentanti proporzionale al numero dei suoi abitanti, nella misura di un rappresentante ogni 10 milioni di persone o frazione di 10 milioni.

Gli Stati federati con una popolazione superiore ai 50 milioni di abitanti hanno, nell’Assemblea generale, cinque rappresentanti più un rappresentante per ogni 50 milioni di ulteriori abitanti o frazioni di 50 milioni.

Articolo 66

L’Assemblea generale e le sue competenze

L’Assemblea generale discute e approva provvedimenti in ordine a tutte le finalità della Federazione della Terra indicate nell’articolo 2.

Oltre alle competenze indicate nel capitolo IV della Carta delle Nazioni Unite, l’Assemblea generale ha il compito, d’ufficio o su proposta del Consiglio di sicurezza, di costituire, mediante norme di attuazione di questa Costituzione, tutte le istituzioni globali di garanzia previste nel titolo terzo di questa seconda parte.

L’Assemblea generale approva ogni anno il bilancio della Federazione della Terra proposto dal Consiglio economico e sociale.

Articolo 67

Il Consiglio di sicurezza e la sua composizione

Il Consiglio di sicurezza è composto dai rappresentanti dei 15 Stati federati designati, ogni cinque anni, dall’Assemblea generale.

I rappresentanti degli Stati nel Consiglio di sicurezza sono volta a volta nominati dai governi nazionali.

La designazione di uno Stato a nominare un rappresentante nel Consiglio di sicurezza esclude la possibilità di una sua nuova designazione prima di 20 anni dalla scadenza del suo mandato.

Il Consiglio di sicurezza decide a maggioranza dei suoi membri. E’ escluso qualunque potere di veto.

Articolo 68

Il Consiglio di sicurezza e le sue competenze

Il Consiglio di sicurezza, oltre alle competenze indicate dai capitoli V-VIII della Carta delle Nazioni Unite,

  1. a) propone all’Assemblea generale le norme di attuazione della presente Costituzione e, in particolare, il rafforzamento o la creazione delle istituzioni globali di garanzia previste dal titolo terzo di questa seconda parte;
  2. b) promuove rapporti pacifici tra gli Stati;
  3. c) garantisce la pubblica sicurezza internazionale, grazie al monopolio della forza detenuto, alle sue dipendenze, dal Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale, oltre che dalle istituzioni nazionali di polizia.

Articolo 69

Il Consiglio economico e sociale, la sua composizione e le sue competenze

Il Consiglio economico e sociale si compone di 54 membri eletti, per un periodo di tre anni, dall’Assemblea generale tra studiosi di economia o di scienze giuridiche o sociali di fama internazionale e di alta levatura morale.

Oltre alle competenze indicate nel capitolo X della Carta delle Nazioni Unite e nella parte IV del Patto internazionale del 16 dicembre 1966 sui diritti economici, sociali e culturali, il Consiglio economico e sociale

  1. a) coordina le attività delle istituzioni globali di carattere economico o finanziario indicate nel titolo quarto di questa seconda parte;
  2. b) nomina i supremi dirigenti di tali istituzioni tra persone di alta levatura morale e di riconosciute capacità, su liste di più candidati proposte da queste medesime istituzioni;
  3. c) organizza le operazioni richieste dal fisco globale;
  4. d) formula e propone ogni anno all’Assemblea generale il bilancio della Federazione della Terra;
  5. e) promuove una politica economica globale quale politica industriale, sociale e fiscale diretta a garantire la sostenibilità ecologica dello sviluppo economico, a fronteggiare le crisi economiche planetarie, a promuovere con incentivi fiscali la produzione di beni vitali e a scoraggiare o a vietare la produzione di beni micidiali.

Articolo 70

Il segretariato generale, la sua composizione e le sue competenze

Il Segretariato generale è coordinato da un Segretario generale ed è composto da tutti i funzionari amministrativi della Federazione della Terra.

Il Segretario generale è nominato dall’Assemblea generale, per un periodo di cinque anni, su proposta del Consiglio di sicurezza.

Oltre alle competenze indicate dal capitolo XV della Carta delle Nazioni Unite, il Segretario generale è competente in ordine a tutte le funzioni amministrative ed esecutive richieste dalle finalità della Federazione della Terra indicate nell’articolo 2.

Titolo terzo

Le istituzioni e le funzioni globali di garanzia

Articolo 71

Le istituzioni globali di garanzia, primaria e secondaria

Sono istituzioni globali di garanzia della Federazione della Terra, istituite al fine

di assicurare il rispetto e l’attuazione dei principi stabiliti in questa Costituzione: a) le istituzioni globali di garanzia primaria, b) le istituzioni globali di garanzia secondaria.

Articolo 72

L’indipendenza delle istituzioni di garanzia

Le istituzioni e le funzioni globali di garanzia sono separate e indipendenti dalle istituzioni e dalle funzioni globali di governo.

Al fine di garantire tale separazione, le istituzioni globali di garanzia godono dell’autogoverno e dell’autonomia finanziaria ad esse assicurata dalle quote del bilancio planetario loro assegnate sulla base dell’articolo 99.

I titolari delle funzioni e delle istituzioni globali di garanzia sono indipendenti e soggetti soltanto a questa Costituzione. Durante il loro mandato non possono esercitare alcuna attività incompatibile con la loro indipendenza e imparzialità. Sono nominati per la durata di sette anni e non sono rieleggibili.

Articolo 73

Il principio di sussidiarietà

La competenza delle istituzioni globali di garanzia è determinata dal principio di sussidiarietà, in forza del quale essa ricorre se mancano o sono sfornite di mezzi economici sufficienti le corrispondenti istituzioni di garanzia di livello statale o infra-statale, oppure se lo richiedono, a causa della comprovata inadeguatezza dei mezzi in loro possesso, le corrispondenti istituzioni statali o infra-statali di governo o di garanzia.

Sezione prima

Le istituzioni e le funzioni globali di garanzia primaria

Articolo 74

Le istituzioni globali di garanzia primaria

Sono istituzioni globali di garanzia primaria: a) il Consiglio internazionale per i diritti umani, b) il Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale, c) l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) (World Health Organization [Who]), d) l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Food and Agriculture Organization [Fao]), e) l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization [Unesco)], f) l’Agenzia garante dell’ambiente, g) l’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali, h) l’Organizzazione internazionale del lavoro, i) l’Agenzia mondiale dell’acqua, l) il Comitato mondiale per le comunicazioni digitali.

Articolo 75

Il Consiglio internazionale per i diritti umani

Il Consiglio internazionale per i diritti umani è composto da 42 membri nominati, tra studiosi di fama internazionale e di alta levatura morale, da tutte le altre istituzioni globali di garanzia elencate negli articoli 74 e 86, a ciascuna delle quali compete la nomina di tre membri.

Oltre alle competenze stabilite nel suo attuale statuto, il Consiglio internazionale per i diritti umani

  1. a) coordina le attività di tutte le istituzioni di garanzia nell’esercizio delle relative funzioni di garanzia;
  2. b) nomina i titolari di tali funzioni tra persone di alta levatura morale e di riconosciute capacità, su liste di più candidati proposte da queste medesime istituzioni;
  3. c) distribuisce tra tali istituzioni le quote del bilancio della Federazione della Terra, almeno nelle misure a ciascuna di esse riservate dall’articolo 99;
  4. d) segnala alle Procure delle Corti internazionali tutte le violazioni dei diritti umani sottoposte alla loro competenza;
  5. e) promuove, nel rispetto delle diverse tradizioni giuridiche e culturali, la massima omogeneizzazione e semplificazione delle legislazioni di base degli Stati federati.

Articolo 76

Il Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale

A garanzia della pace e della sicurezza, il monopolio della forza armata, limitatamente alle armi necessarie alle funzioni di polizia, è detenuto dal Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale e dalle istituzioni territoriali di polizia dislocate negli Stati federati.

Oltre alle competenze indicate dall’articolo 47 della Carta delle Nazioni Unite, il Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale, con l’ausilio, se necessario, delle istituzioni territoriali di polizia, svolge, alle dipendenze del Consiglio di sicurezza, funzioni di pubblica sicurezza e, alle dipendenze delle Procure globali, funzioni di polizia giudiziaria in ordine ai crimini sottoposti alla giurisdizione della Corte penale internazionale e a quella della Corte internazionale per i crimini di sistema.

Articolo 77

Il superamento degli eserciti nazionali

Gli eserciti nazionali sono soppressi. Qualora per le funzioni di polizia previste nell’articolo 76 non siano sufficienti le polizie nazionali, le forze degli eserciti nazionali a tal fine necessarie sono trasformate in articolazioni territoriali del Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale.

Il Comitato di stato maggiore e di sicurezza globale promuove e controlla il progressivo disarmo di tutti gli Stati della Federazione della Terra e l’ottemperanza del divieto di produzione, commercio e detenzione delle armi enunciato nell’art. 53.

Articolo 78

L’Organizzazione mondiale della Sanità

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), oltre alle competenze stabilite nel suo statuto, ha l’obbligo di garantire la salute di tutti gli esseri umani, tramite prestazioni sanitarie e farmaci gratuiti. A tal fine,

  1. a) promuove la ricerca medica e farmaceutica e la produzione su scala globale di vaccini e di farmaci salva-vita;
  2. b) previene le pandemie e coordina le misure necessarie a limitare i contagi;
  3. c) provvede alla creazione di ospedali e di istituzioni sanitarie locali e alla distribuzione dei farmaci salva-vita e dei vaccini in tutti i paesi della Terra che ne siano sprovvisti.

Articolo 79

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao), oltre alle competenze stabilite nel suo attuale statuto, garantisce la soddisfazione del diritto all’alimentazione di tutti gli esseri umani e promuove, in tutti i paesi della Federazione della Terra, un’agricoltura razionale, ecologica e biologica in grado di non danneggiare l’ambiente e di assicurare la capacità di rigenerazione dei suoli.

A tali fini,

  1. a) impone limiti e vincoli alle coltivazioni industriali e agli allevamenti intensivi che danneggino l’ambiente e consumino eccessive quantità di acqua;
  2. b) favorisce le piccole imprese agricole, affinché conservino e riproducano la fertilità dei suoli;
  3. c) assicura la partecipazione degli agricoltori e delle loro rappresentanze sindacali alla definizione delle politiche agricole;
  4. d) distribuisce tra i paesi poveri le eccedenze agricole e le quantità di cibo necessarie a impedire la fame e la malnutrizione delle loro popolazioni;
  5. e) promuove la ricerca scientifica e la cooperazione tecnica tra i paesi produttori ai fini dello sviluppo in tutto il mondo di un’agricoltura razionale.

Articolo 80

L’Organizzazione delle Nazioni Unite

per l’Educazione, la Scienza e la Cultura

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), oltre alle competenze stabilite nel suo attuale statuto,

  1. a) istituisce scuole pubbliche di ogni ordine e grado ovunque difettino scuole pubbliche di carattere nazionale o locale;
  2. b) promuove le garanzie del diritto alla conoscenza di tutti gli esseri umani.

Articolo 81

L’Agenzia garante dell’ambiente

L’Agenzia garante dell’ambiente promuove, con le sue articolazioni territoriali e in accordo con le altre istituzioni internazionali già esistenti in materia di ambiente, la protezione dell’ambiente naturale e il miglioramento della sua qualità.

Protegge i beni comuni naturali, vigilando sulla loro conservazione quali patrimonio comune dell’umanità e garantendo la loro sottrazione alla disponibilità sia del mercato che della politica mediante la loro qualificazione come beni che fanno parte del demanio planetario.

Garantisce che le attività che hanno per oggetto tali beni si svolgano a beneficio dell’intera umanità e che, dei vantaggi economici che ne derivano, sia assicurata l’equa ripartizione su base non discriminatoria.

Controlla l’applicazione, di cui all’art. 55, delle tasse sull’estrazione e sull’utilizzazione di fonti energetiche non rinnovabili e l’osservanza dei divieti di produrre emissioni o rifiuti tossici o comunque dannosi.

Detta norme dirette a smaltire i vari tipi di rifiuti senza effetti nocivi sull’ambiente e a ridurre la produzione di rifiuti non biodegradabili.

Organizza e coordina attività di rimboschimento in tutti i Paesi della Terra.

Finanzia la ricerca e l’adozione, nelle attività industriali, agricole e commerciali, di tecnologie in grado di produrre energia senza emissione di gas serra.

Delibera i finanziamenti della transizione ecologica nei paesi poveri.

Articolo 82

L’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali

L’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali organizza, in via sussidiaria rispetto alle istituzioni di garanzia primaria degli Stati, l’erogazione, nei paesi poveri, delle prestazioni sociali necessarie alla sopravvivenza delle persone.

Garantisce la sussistenza di tutti gli esseri umani, anche tramite l’erogazione di un reddito di cittadinanza universale.

Articolo 83

L’Organizzazione internazionale del lavoro

L’Organizzazione internazionale del lavoro, oltre alle competenze e alle finalità stabilite nella Dichiarazione di Filadelfia del 10 maggio 1944,

  1. a) vigila, tramite i suoi organi territoriali, sull’osservanza dei diritti dei lavoratori e delle libertà sindacali stabiliti in questa Costituzione;
  2. b) promuove la massima uguaglianza di tutti i lavoratori della Terra nella garanzia dei loro diritti fondamentali, incluso il diritto a un salario minimo normativamente stabilito;
  3. c) denuncia alla Corte penale internazionale tutti i casi di riduzione in schiavitù, per i quali non si sia proceduto penalmente nello Stato nel cui territorio essi si sono verificati.

Articolo 84

L’Agenzia mondiale dell’acqua

L’Agenzia mondiale dell’acqua definisce e promuove le politiche mondiali idonee a garantire a tutti l’acqua potabile e le risorse idriche come beni comuni;

organizza la distribuzione gratuita a tutti dell’acqua potabile, nella misura del limite minimo necessario a garantire i minimi vitali;

controlla l’osservanza del divieto delle dispersioni e degli sprechi dell’acqua potabile oltre un limite massimo;

sottopone a tassazione i consumi di acqua potabile superiori al limite minimo e inferiori al limite massimo sopra indicati.

Articolo 85

Il Comitato mondiale per le comunicazioni digitali

Il Comitato mondiale per le comunicazioni digitali ha il compito di vigilare e di controllare che tali comunicazioni avvengano nel rispetto della libertà dei mezzi d’informazione e di tutti gli altri diritti fondamentali stabiliti in questa Costituzione.

Ha il potere di disporre la rimozione dalla rete dei messaggi e delle immagini che contengano minacce, o ingiurie, o molestie, o incitamenti all’odio o alla violenza o che, comunque, violino i diritti fondamentali delle persone.

Sezione seconda

Le istituzioni e le funzioni globali di garanzia secondaria

Articolo 86

Le istituzioni globali di garanzia secondaria

Sono istituzioni globali di garanzia secondaria o giurisdizionale: a) la Corte internazionale di Giustizia, b) la Corte costituzionale internazionale, c) la Corte penale internazionale, d) la Corte internazionale per i crimini di sistema.

Articolo 87

La Corte internazionale di Giustizia

La giurisdizione della Corte internazionale di Giustizia sulle controversie tra Stati concernenti le materie stabilite nell’articolo 36 del suo attuale statuto ha carattere obbligatorio.

La Corte internazionale di Giustizia ha giurisdizione obbligatoria anche sulle controversie tra le società commerciali multinazionali e gli Stati nei cui territori esse svolgono le loro attività ma non hanno la loro sede legale.

Articolo 88

La Corte costituzionale internazionale

E’ istituita una Corte costituzionale internazionale competente a pronunciarsi, su ricorso incidentale sollevato nel corso di altri giudizi, sull’illegittimità e sull’annullamento, per contrasto con le norme di questa Costituzione, delle norme prodotte dalle istituzioni globali, o da trattati internazionali o da fonti nazionali.

Presso la Corte costituzionale internazionale è istituita una Procura costituzionale internazionale con il compito di sollevare d’ufficio le questioni di costituzionalità di cui al primo comma.

La Corte costituzionale internazionale giudica altresì dei conflitti di attribuzione tra le diverse istituzioni globali.

Articolo 89

La Corte penale internazionale

La Corte penale internazionale è competente a giudicare, quale giurisdizione complementare alle giurisdizioni penali nazionali, oltre ai crimini previsti dall’articolo 5 del suo attuale statuto,

  1. a) le gravi lesioni, commesse o tollerate dagli organi degli Stati nazionali, dei diritti di immunità e di libertà stabiliti in questa Costituzione;
  2. b) la produzione, il commercio, la detenzione e l’istallazione di armi nucleari;
  3. c) la produzione e il commercio di armi convenzionali non destinate alle funzioni di polizia;
  4. d) le gravi lesioni dell’ambiente naturale e dei beni comuni imputabili alla responsabilità personale dei loro autori;
  5. e) le violenze e le costrizioni dirette a impedire o a reprimere l’esercizio del diritto di emigrare.

Per i crimini sottoposti alla giurisdizione della Corte penale internazionale, il Procuratore presso di essa ha l’obbligo dell’azione penale.

La Corte penale internazionale può essere adita, dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne agli ordinamenti degli Stati, da ogni popolo o persona che si ritenga vittima di uno dei crimini sottoposti alla sua giurisdizione.

Articolo 90

La Corte internazionale per i crimini di sistema

E’ istituita una Corte internazionale per i crimini di sistema.

Sono crimini di sistema, non punibili perché non riconducibili all’azione e alla responsabilità di singole e determinate persone, quelle attività che producano o minaccino di produrre danni ingenti a popoli interi o all’intera umanità, come le devastazioni ambientali, l’omesso disarmo degli Stati, l’omessa attuazione dei diritti sociali stabiliti da questa Costituzione e le omissioni di soccorso nei confronti di masse di persone prive di mezzi di sussistenza o comunque in pericolo di vita.

Presso la Corte internazionale per i crimini di sistema è istituita una Procura mondiale competente ad agire contro questi crimini. Tale Corte può essere adita dai popoli o dalle persone che si ritengano lesi da un crimine di sistema.

Azioni e giudizi in ordine ai crimini di sistema hanno il carattere di azioni e di giudizi di verità, diretti ad accertarne, senza emettere condanne di carattere penale, le cause sistemiche e le responsabilità politiche.

La Corte internazionale per i crimini di sistema è competente a giudicare, con giudizi di verità diretti ad accertarne le cause e le responsabilità personali, anche dei crimini previsti dallo statuto della Corte penale internazionale ma non sottoposti alla sua giurisdizione perché commessi da soggetti di paesi che non hanno aderito al suo trattato istitutivo.

Titolo quarto

Le istituzioni economiche e finanziarie

Articolo 91

La Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e

l’Organizzazione mondiale del commercio

Sono istituzioni economiche e finanziarie della Federazione della Terra a) la Banca mondiale, b) il Fondo monetario internazionale, c) l’Organizzazione mondiale del commercio.

A tali istituzioni è assegnato il compito di garantire uno sviluppo equo dell’economia e del commercio, informato a un progetto di inclusione internazionale.

Articolo 92

Il bilancio della Federazione della Terra

Il Consiglio economico e sociale formula ogni anno il bilancio della Federazione della Terra e lo propone all’approvazione dell’Assemblea generale.

Il bilancio della Federazione

  1. a) stabilisce la misura dei contribuiti degli Stati federati alla Federazione della Terra, delle tasse globali e, almeno nelle misure stabilite dagli articoli 96 e 97, delle imposte globali;
  2. b) assegna alle istituzioni globali di garanzia, almeno nelle misure stabilite dall’articolo 99, le quote del bilancio planetario destinate alle garanzie della pace, dei diritti e dei beni fondamentali.

Articolo 93

Un registro globale dei grandi patrimoni

Onde assicurare la trasparenza dei grandi capitali, è istituito un registro nel quale siano indicati i titolari di tutti i patrimoni di entità superiore alla somma equivalente agli odierni 500 milioni di dollari.

Articolo 94

Una fiscalità globale

E’ istituito, quale condizione necessaria dell’effettiva garanzia dei diritti fondamentali e dei beni vitali di tutti, un fisco globale formato a) da una tassazione sull’uso dei beni comuni e su altre attività di carattere globale e b) da un’imposizione fiscale, informata a criteri di forte progressività, sui grandi patrimoni e sugli altissimi redditi delle persone.

Articolo 95

Tassazioni globali

Sono istituite tasse globali a) sulle transazioni finanziarie (Tobin tax); b) sull’uso di risorse energetiche che emettono gas serra nell’atmosfera (Carbon tax); c) sui profitti digitali delle multinazionali che operano al di fuori dei paesi nei quali hanno la loro sede legale (Web tax); d) sull’arricchimento proveniente dall’uso di beni comuni dell’u­mani­tà, come le orbite satelli­tari, le linee aeree, le bande dell’e­tere, gli spazi extra-atmosferici, le risorse delle aree di alto mare e le ri­sorse minerarie dei fondi ocea­nici.

Articolo 96.

Imposte globali progressive sui patrimoni

Viene introdotta un’imposta mondiale annuale di almeno il 5% sui patrimoni superiori a una somma equivalente agli odierni 500 milioni di dollari e di almeno il 10% sulla parte dei medesimi patrimoni superiore a una somma equivalente agli odierni 5 miliardi di dollari.

Viene introdotta un’imposta mondiale sulle successioni di almeno il 15% sui patrimoni superiori a una somma equivalente agli odierni 500 milioni di dollari e di almeno il 30% sulla parte dei medesimi patrimoni superiore a una somma equivalente agli odierni 5 miliardi di dollari.

Articolo 97

Un’imposta globale progressiva sui redditi

Viene introdotta un’imposta mondiale annuale di almeno il 5% sui redditi delle persone fisiche superiori a una somma equivalente agli odierni 500.000 dollari l’anno, di almeno il 10% sulla parte dei medesimi redditi superiore a una somma equivalente all’odierno milione di dollari l’anno, di almeno il 20% sulla parte dei medesimi redditi superiore a una somma equivalente agli odierni 2 milioni di dollari l’anno, di almeno il 40% sulla parte dei medesimi redditi superiore a una somma equivalente agli odierni 4 milioni di dollari l’anno e dell’80% sulla parte dei medesimi redditi superiore a una somma equivalente agli odierni 8 milioni di dollari l’anno.

Articolo 98

I debiti pubblici

A titolo di risarcimento dei danni finora provocati ai beni comuni dell’umanità e alle generazioni future dallo sviluppo industriale ecologicamente insostenibile dei paesi ricchi, il debito pubblico dei paesi poveri, nei quali il reddito medio pro capite della popolazione sia inferiore alla somma equivalente agli odierni 20.000 dollari l’anno, viene addebitato alla Federazione della Terra.

Il debito pubblico dei restanti paesi viene garantito dalla Banca mondiale, fermo restando l’obbligo degli Stati debitori di pagarne gli interessi, equamente prestabiliti in misura uguale e costante.

Articolo 99

Quote del bilancio planetario a garanzia delle spese globali

La spesa pubblica globale deve favorire lo sviluppo economico dei paesi poveri e finanziare tutte le istituzioni globali, di governo e di garanzia.

Alle istituzioni globali di garanzia sono destinate, onde consentire loro di garantire efficacemente i diritti fondamentali e i beni comuni nei paesi poveri, quote minime delle entrate planetarie annuali: il 10% alle funzioni globali di polizia, il 10% alle funzioni globali di garanzia della salute, il 10% alle funzioni globali di garanzia dell’alimentazione di base e dello sviluppo di un’agricoltura rispettosa della natura, il 10% alle funzioni globali di garanzia dell’istruzione, il 10% alla tutela dell’ambiente, il 10% alle funzioni globali di garanzia secondaria o giurisdizionale.

Disposizione finale

Articolo 100

Il processo costituente

Questo progetto di Costituzione, al termine della sua discussione e degli emendamenti ad esso apportati da parte del maggior numero di persone, verrà depositato presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, sottoposto all’attenzione, al dibattito, alle modifiche e all’approvazione dell’Assemblea generale e aperto all’adesione e alla ratifica di tutti gli Stati.

Entrerà in vigore, quale Costituzione della Terra, il trentesimo giorno successivo alla data del deposito, presso il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, del trentesimo strumento di ratifica o di adesione.

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