Fine guerra mai

Gli amici dell’Ucraina non calcolano i costi umani della guerra per la popolazione civile: un fiume di sangue e di lacrime. La critica di Kissinger

Nelle schede che il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) compila per ogni detenuto è obbligatoriamente indicata la data in cui deve cessare la carcerazione. Se il detenuto è stato condannato all’ergastolo sulla scheda è indicato: fine pena mai.

Se volessimo realizzare una scheda sulle conclusioni del G7 di Elmau, dovremmo intitolarla: fine guerra mai. Del resto questa è l’unica interpretazione possibile del documento G7 Statement on Support for Ukraine. In questo documento, infatti, non è indicata nessuna prospettiva che possa portare alla cessazione delle ostilità. Al contrario si promettono aiuti, armi e rifornimenti per tutto il tempo che sarà necessario (cioè a tempo indeterminato), perché spetta all’Ucraina di decidere un futuro accordo di pace “libera da ogni pressione o influenza esterna”. Quindi se il Governo ucraino non vuole trattare, se prima non avrà ribaltato sul campo l’offensiva militare russa, la guerra può continuare all’infinito perché i Paesi del G7 continueranno a fornire all’infinito all’Ucraina i mezzi per continuare a combattere. Peccato che questi grandi amici dell’Ucraina si dimostrino così indifferenti ai costi umani che paga il popolo ucraino per il prosieguo della guerra, per il fiume di sangue (da 200 a 1.000 morti) e lacrime per ogni giorno di guerra in più.
In definitiva le campane di Elmau suonano a morto e ci annunciano che la guerra durerà a lungo, mesi o forse anni, come ci ha già avvistato Stoltenberg, e noi saremo sempre più coinvolti.
Le conclusioni del G7 sono state ribadite e rilanciate nel summit della Nato che si è aperto a Madrid il 29 giugno. Un vertice “storico” come qualificato da un segretario generale che assomiglia sempre di più al dottor Stranamore del film di Kubrick. Per Stoltenberg/Stranamore: «Il vertice di Madrid sarà trasformativo per la Nato perché verranno prese decisioni importanti, incluso il nuovo Strategic Concept per nuova realtà della sicurezza verso il 2030, che descriverà la Russia come la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza dell’alleanza atlantica e citerà la Cina per la prima volta come una delle sfide future della Nato». Sarà un vertice storico anche perché la Nato approverà il più importante rafforzamento delle proprie capacità dalla fine della Guerra fredda portando le sue forze di reazione rapida schierate in Europa da 40.000 a oltre 300 mila unità e darà via libera all’ingresso di Svezia e Finlandia.
È ormai del tutto evidente che i Paesi del G7 e tutti i membri della Nato continueranno a sostenere senza esitazione alcuna l’Ucraina e ad alimentare la guerra fin quando il suo governo lo richiederà. Tuttavia, proprio quando è forte il fragore delle armi, occorre pensare come uscire dalla miserabile condizione di guerra, come costruire la pace, su quali basi, con quali prospettive. Dal vertice del G7 emerge in modo palese l’ottusa incapacità di guardare al futuro, di concepire un dopoguerra che non sia una semplice tregua d’armi in vista di un regolamento di conti definitivo (che – ci permettiamo di obiettare – porrebbe fine alla civiltà sulla Terra), oppure in vista della prosecuzione della guerra con altri mezzi.
È significativo che su questo terreno sia stato lanciato un grido d’allarme da chi è stato uno dei massimi interpreti della Guerra fredda e delle sue asprezze. In un’intervista al Corriere della Sera del 28 giugno Henry Kissinger ci avverte che bisogna guardare a come porre fine al conflitto: «Stiamo arrivando a un momento – afferma – in cui bisogna affrontare la questione della fine della guerra in termini di obiettivi politici altrettanto che militari: non si può semplicemente continuare a combattere senza un obiettivo». Sarebbe curioso sapere qual è l’obiettivo che hanno in testa i grandi della Terra intruppati al seguito di Biden e Johnson. Per Kissinger l’unico obiettivo realistico che può garantire la pace è reintegrare la Russia nell’Europa, non certo spingerla a Est nelle braccia della Cina. Perché questo è il punto centrale del suo ragionamento: va sconfitta l’invasione dell’Ucraina, «non la Russia come Stato e come entità storica». E dunque, quando le armi alla fine taceranno, «la questione del rapporto fra Russia ed Europa andrà presa molto seriamente». Il presupposto, sottolinea Kissinger, è che la Russia è stata parte della storia europea per 500 anni, è stata coinvolta in tutte le grandi crisi e «in alcuni dei grandi trionfi della storia europea» e pertanto «dovrebbe essere la missione della diplomazia occidentale e di quella russa di tornare al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo. La Russia deve svolgere un ruolo importante».
Dal summit della Nato, invece, sembra emergere l’obiettivo di proseguire la guerra a oltranza, anche dopo la fine della guerra in Ucraina, assegnando per sempre alla Russia il ruolo del nemico.
C’è da stare poco tranquilli se il nostro destino dovesse restare nelle mani di Stoltenberg/Stranamore.

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