GLI IMPERI SMONTATI E IN ROVINA SONO PERICOLOSI

Prima di sbarazzarsi del loro status coloniale e convertirlo in altre più moderne formule imperiali di dominio, le Potenze europee hanno commesso nel mondo gravissimi crimini

Rafael Poch – Rivista Contexto (CTXT)

Prima di sbarazzarsi del loro status coloniale e convertirlo in altre più moderne formule imperiali di dominio, le Potenze europee hanno commesso nel mondo gravissimi crimini

Rafael Poch – Rivista Contexto (CTXT)

Il presidente russo afferma, durante un discorso alla nazione, che l’Ucraina è un’invenzione dei comunisti, trasformata in ariete contro la Russia.
Martedì 22 febbraio Putin ha annunciato la sua decisione di riconoscere le due repubbliche ribelli dell’Ucraina orientale, Lugansk e Donetsk, e vi ha fatto entrare il suo esercito cominciando la guerra. Tuttavia a differenza dell’annessione della Crimea nel 2014, questa presa di possesso non è irreversibile. L’intenzione soggiacente era di farne un ulteriore elemento di negoziato e pressione. Per scambiare che cosa?
Le rivendicazioni erano quelle contenute nei documenti presentati da Mosca il 17 dicembre. I suoi tre punti principali erano: la rinuncia all’allargamento della NATO all’Ucraina, il ritiro dei sistemi d’arma occidentali da quest’area e il ritiro della NATO entro i limiti esistenti prima della sua espansione ad est. Questi punti erano ovviamente un quadro negoziabile, ma Washington e la NATO non hanno ascoltato. Putin ha dato allora un’altra svolta. Ha parlato di “genocidio” e creato scenari ispirati a quanto si era già visto quando la NATO per separarne il Kosovo ha bombardato la Jugoslavia e Belgrado.
Molto più significativi dello stesso riconoscimento delle Repubbliche ribelli sono però i termini in cui Putin colloca la sua rivendicazione: un discorso nazionale-imperiale russo, incompatibile con la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. Putin dice che l’Ucraina non esiste come Paese, che è una costruzione artificiale del periodo comunista e che non ha mai avuto una tradizione statale. È la stessa cosa che Israele dice della Palestina per giustificare i suoi abusi coloniali.
Il regime russo, un neoliberismo oligarchico, non ha peraltro nulla di attraente da offrire al popolo ucraino.
Negare a un popolo il suo diritto alla sovranità nazionale sulla base del fatto che non l’aveva in passato è una sciocchezza. Questa sciocchezza conferma che le garanzie di sicurezza (una “sicurezza europea integrata”) che Mosca aveva chiesto “gentilmente” all’Occidente negli ultimi trent’anni, venivano ora richieste in modo brutale.
Questa Russia arrabbiata, militarizzata e dura, all’interno e nei rapporti esterni, è il prodotto di molti processi. I disastri del neoliberismo in Russia, la privatizzazione in nome della “libertà di mercato”, il violento ripristino del suo sistema autocratico applaudito dall’Occidente negli anni ’90 e l’allargamento della NATO verso i suoi confini hanno ciò che un rapporto diretto con quanto ora avviene. Coloro che una volta salutavano e promuovevano tutto ciò e oggi si scandalizzano, dovrebbero riflettere e correggere il tiro. Ma come farlo senza perdere la faccia? Un negoziato come quello richiesto da Mosca è l’unico modo per raddrizzare la situazione e proteggere l’Ucraina. Se ciò non viene fatto, la brutalità e il conflitto progrediranno.
Il messaggio di Putin al popolo ucraino è disastroso. Putin denuncia l’ingiustizia sociale della caotica cleptocrazia oligarchica ucraina e persino i maltrattamenti e la repressione dell’opposizione praticati dalle forze nazionaliste-occidentali del governo di Kiev. Ma da quale posizione viene denunciato tutto questo? Le cose non vanno meglio in Russia, ma peggio. La semplice realtà è che il regime e il sistema russo, un neoliberismo oligarchico che domina il nazionalismo russo, non ha nulla di attraente da offrire al popolo ucraino, nemmeno ai vasti settori che non si riconoscono nell’ideologia nazionalista di Kiev. Al contrario, il discorso nazionalista russo non fa che alimentare e accrescere l’impulso nazionalista ucraino antirusso, consolidandolo come ideologia di Stato.
Nella peggiore delle ipotesi, questo discorso offre incentivi alla Nato, organizzazione in crisi che risponde agli interessi di Washington sempre più contrastanti con quelli dell’Unione Europea, in particolare della sua matrice tedesco-francese. Come per il suo intervento in Siria, la Russia si sta assumendo molti rischi perché sa che la NATO non entrerà in guerra per l’Ucraina, ma la sproporzione delle forze è enorme e qualsiasi incidente può far perdere il controllo della situazione.
Tra il 2013 e il 2020, quasi 3.000 esercitazioni e movimenti militari hanno avvicinato pericolosamente le forze russe e quelledella NATO. Nelle manovre effettuate nel Mar Nero nel 2020, un caccia russo si è avvicinato a pochi metri da un bombardiere americano B-52 con capacità nucleare. Gli imperi smontati e in rovina sono pericolosi. Questo è il grande contesto dell’attuale psicologia del nazionalismo russo insediato al Cremlino, più erede dell’autocrazia infranta nel 1917 che del fantasma dell’URSS, come dimostra il discorso di Putin. Ridurre il problema alla Russia, come fanno i nostri piccoli “esperti” indipendenti del Nord Atlantico, è un pericoloso esercizio di ignoranza storica.
Prima di sbarazzarsi del loro status coloniale e convertirli in altre più moderne formule imperiali di dominio, le potenze europee hanno commesso crimini enormi nel mondo. La Francia ha combattuto in Algeria e lì ha lasciato un milione di morti. In Indocina ne causò 350.000. L’Inghilterra ha lasciato un milione di morti e 15 milioni di sfollati in seguito alla divisione dell’impero tra India e Pakistan. In Kenya la decolonizzazione ha causato 300mila morti e un milione e mezzo di prigionieri. Anche la piccola Olanda ha riconosciuto il conto di 100.000 morti causati nei suoi quattro anni di guerra coloniale in Indonesia.
E che dire degli Stati Uniti, il grande boss e il principale responsabile dell’attuale escalation militare in Europa e in Asia? Il suo declino imperiale trascina con sé da decenni una guerra eterna. Dall’11 settembre 2001 ha causato la distruzione di intere società, 38 milioni di sfollati e 900.000 morti, secondo un conteggio piuttosto benigno. La Russia sta attraversando queste patologie i del declino imperiale e si scontra in esse con i suoi concorrenti imperiali che l’hanno messa alle strette in Europa. Siamo di fronte a uno scontro tra imperi in un momento dominato dal trasferimento del potere globale in Asia. La Cina reagisce con prudenza e buon senso: “La NATO deve adattarsi alle nuove circostanze, se continua ad espandersi verso est, ciò contribuirà alla pace e alla stabilità?”, si è chiesto il suo ministro degli Esteri, Wang Yi.
Siamo alle prime mosse di una partita che sarà lunga e drammatica. Le previsioni sono impossibili. Ci si aspetta mosse più “forti” dalla Russia e risposte ostili dai suoi avversari riluttanti a trattare, e le prospettive generali sono cupe. L’umanità è testimone di questo spreco criminale di energie e tempo. Un tempo che non abbiamo e che come specie stiamo sprecando.
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*Rafael Poch-de-Feliu (Barcellona)
È stato corrispondente per La Vanguardia a Mosca, Pechino e Berlino. Autore di diversi libri; sulla fine dell’URSS, sulla Russia di Putin, sulla Cina, e di un saggio collettivo sulla Germania e la crisi europea.
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