IL RISCHIO DELLA GUERRA TOTALE

La ricetta della catastrofe: sconfitte della Russia sul campo di battaglia + esaurimento dell’economia russa per le sanzioni + isolamento della Russia sui mercati mondiali + sabotaggio interno nella Federazione Russa = vittoria dell’Ucraina e ripristino della sicurezza globale

Domenico Gallo

La ricetta della catastrofe: sconfitte della Russia sul campo di battaglia + esaurimento dell’economia russa per le sanzioni + isolamento della Russia sui mercati mondiali + sabotaggio interno nella Federazione Russa = vittoria dell’Ucraina e ripristino della sicurezza globale

Domenico Gallo

Niente di nuovo sul fronte occidentale è il dolente romanzo autobiografico scritto nel 1929 dal tedesco Erik Maria Remarque, nel quale vengono descritte le atrocità della guerra sul fronte occidentale e denunziata la vacuità dei miti patriottici che avevano fatto da schermo ad un’esperienza orribile di totale disumanizzazione. Inutile dire che il romanzo non entusiasmò gli alfieri politici della disumanizzazione, infatti i nazisti misero al bando lo scrittore, che fu costretto a riparare in Svizzera, e bruciarono tutte le sue opere sulla Bebelplatz di Berlino il 10 maggio 1933. Oggi dobbiamo fare la stessa considerazione: niente di nuovo sul fronte occidentale. Da nove mesi ci troviamo immersi in una guerra fratricida, dove due eserciti super armati si contendono lo spazio “sacro” dei confini, come nella prima guerra mondiale, attraverso massacri orrendi, portati avanti senza ritegno. Il fronte occidentale partecipa attivamente al conflitto e lo alimenta, fornendo un flusso continuo di risorse finanziarie, armi tecnologicamente avanzate, capacità d’intelligence e addestramento delle truppe per il combattimento. Abbiamo visto che gli USA non hanno nessun interesse a porre fine al conflitto, anzi hanno l’interesse contrario. Hanno interesse a trasformare l’Ucraina in un nuovo Vietnam per l’impero russo, a dissanguare la Russia, ad indebolirla economicamente con le sanzioni e a distaccarla dall’Europa. Hanno interesse a mettere in crisi l’economia europea, soffocata dall’impennata dei prezzi dell’energia, alterando la concorrenza con l’economia americana, che si avvantaggia di costi notevolmente inferiori, per rendere ancora più penetrante la propria egemonia politica, economica e militare (attraverso la NATO) sul vecchio Continente. L’Unione Europea si è piegata, senza battere ciglio, alle linee di condotta dettate d’oltreatlantico. Le istituzioni europee e le Cancellerie dei principali paesi si sono trasformate nelle cinghie di trasmissione della volontà di quello che lo storico svizzero Daniele Ganser, nel suo libro Le guerre illegali della NATO (Fazi editore),ha motivatamente denominato “l’impero USA”. Incredibilmente anche il Parlamento europeo ha sposato, con entusiasmo, questa logica con due assurde risoluzioni, il 6 ottobre ed il 23 novembre. Con la prima ha deliberato che il conflitto deve durare e deve crescere d’intensità fino alla vittoria dell’Ucraina. Con la seconda ha definito la Russia come ”Stato terrorista”, squalificando anche per il futuro ogni possibilità di mediazione e di composizione del conflitto. Adesso di fronte allo scandalo del Qatar, che ha dimostrato che la democrazia si può comprare, dovremmo porci qualche interrogativo in più sulla reale capacità del Parlamento europeo e delle èlite politiche nazionali di tutelare gli interesse reali dei popoli europei,  a fronte della supina accettazione delle scelte USA.

In Italia c’è stato un cambio di governo che sta segnando una forte differenziazione sul piano politico, economico sociale e culturale rispetto alle scelte dei precedenti governi. Tuttavia sul terreno della guerra non è emerso nulla di nuovo. La Meloni ha indossato l’elmetto di Draghi e ci ha tenuto a dimostrare di non essere seconda a nessuno nella sua politica di “fedeltà atlantica”. Semmai, intervenendo alla Camera il 13 dicembre ha usato un linguaggio più rude rispetto a quello felpato di Draghi. Naturalmente anche Meloni, come Draghi, come Letta, come tutti gli atlantisti, vuole la pace ed auspica “uno sforzo diplomatico”, ma non semina illusioni ed osserva che: “al di là della facile propaganda in tema di pace, le condizioni possibili per cessare le ostilità in questi contesti sono da sempre solamente due: che uno dei due perisca o si arrenda, (..) oppure che vi sia, tra le forze in campo, un sostanziale equilibrio e, dunque, uno stallo nel conflitto che costringa chi ha mosso invasione a desistere dai suoi intenti e addivenire a più miti consigli.” Purtroppo la realtà ci dice che il Governo ucraino ha scartato questa seconda condizione. Il 6 dicembre il Presidente Zelensky aveva dichiarato: “Solo lo smantellamento delle capacità terroristiche russe, la liberazione di tutti i nostri territori e l’obbligo di rendere conto degli assassini porterà la pace.” Questo concetto è stato ribadito, ed ulteriormente specificato dal suo consigliere Mykhailo Podolyak, che il 12 dicembre ha diffuso questo messaggio su twitter: “C’è solo un modo per porre fine alla guerra: sconfitte militari della Russia sul campo di battaglia + esaurimento dell’economia russa per le sanzioni + isolamento della Russia sui mercati mondiali + sabotaggio interno nella Federazione Russa = vittoria dell’Ucraina e ripristino della sicurezza globale”

In altre parole il governo ucraino non vuole nessun negoziato, punta a vincere la guerra e a disgregare l’impero russo, su mandato dell’impero USA. Fornendo armi e finanziamenti al governo ucraino noi alimentiamo questo delirio e contribuiamo all’escalation ed al prolungamento del massacro. Non sarebbe il caso di un ravvedimento operoso, come ha fatto il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte?

Domenico Gallo

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