LA RUSSIA DEVE MORIRE

Un’analisi premonitrice di “Foreign Affairs” nel 2014. “Putin è sicuramente consapevole che cercare di sottomettere l’Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino”

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Un’analisi premonitrice di “Foreign Affairs” nel 2014. “Putin è sicuramente consapevole che cercare di sottomettere l’Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino”

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La condanna della guerra di Putin, con strascico di crimini e infinite sofferenze inflitte alla popolazione civile non ha attenuanti sul piano morale e in relazione al diritto internazionale che non prevede il permesso d’invasione di uno Stato sovrano. Ma per il giudizio della storia conta anche la genesi geopolitica del conflitto. E in questo ambito vale la pena di ripercorrere alcune tappe con l’aiuto di una fonte non sospettabile di simpatie per il Cremlino: la prestigiosa rivista Foreign Affairs.
Siamo nel 2014, quando la questione dell’Ucraina comincia a fare venire i sudori freddi alle cancellerie. Si tratta di un’analisi che contribuisce a far comprendere che, come in ogni guerra, c’è un presente (in cui la gerarchia delle colpe è del tutto evidente) e c’è un passato (in cui anche la gerarchia delle responsabilità deve essere considerata). Quanto al futuro, esso sembra spento come il sole a mezzanotte.
Foreign Affairs, nel 2014, ricostruì così la genesi della crisi ucraina. «Il presidente Putin, si sostiene, ha annesso la Crimea per resuscitare l’impero sovietico, e potrebbe prendersela con il resto dell’Ucraina. Ma questa visione è sbagliata: Stati Uniti e alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità della crisi. La radice del problema è l’allargamento della Nato, elemento centrale di una strategia volta a far uscire l’Ucraina dall’orbita della Russia e a integrarla nell’Occidente. Allo stesso tempo, anche l’espansione della UE verso est e il sostegno dell’Occidente al movimento pro-democrazia in Ucraina, a partire dalla Rivoluzione Orange nel 2004, sono stati elementi critici. Dalla metà degli anni Novanta, i leader russi si sono opposti all’allargamento della Nato e hanno chiarito che non sarebbero rimasti a guardare mentre il loro vicino strategicamente importante si trasformava in un bastione occidentale. Per Putin, il rovesciamento illegale del presidente ucraino democraticamente eletto e filo-russo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha risposto prendendo la Crimea, una penisola che temeva potesse ospitare una base navale della Nato, e ha cercato di destabilizzare l’Ucraina fino a quando non avesse abbandonato i suoi sforzi per unirsi all’Occidente. La reazione di Putin non avrebbe dovuto sorprendere. Dopo tutto, l’Occidente si era spinto nel cortile di casa della Russia e aveva minacciato il suo nucleo centrale».
«La crisi in Ucraina dimostra che la realpolitik rimane rilevante e che gli Stati che la ignorano lo fanno a loro rischio e pericolo. I leader statunitensi ed europei hanno commesso un errore nel tentativo di trasformare l’Ucraina in una roccaforte occidentale al confine con la Russia. Ora che le conseguenze sono state messe a nudo, sarebbe un errore ancora più grave continuare questa politica sbagliata».
«Il primo ciclo di allargamento della Nato ha avuto luogo nel 1999 e ha coinvolto la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia. Il secondo è avvenuto nel 2004 e ha incluso Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Ma i russi erano troppo deboli, all’epoca, per frenare il movimento verso est della Nato che, in ogni caso, non appariva così minaccioso, dal momento che nessuno dei nuovi membri confinava con la Russia, a parte i minuscoli Paesi baltici. Poi la Nato ha iniziato a guardare più a est. Al vertice dell’aprile 2008 a Bucarest, l’alleanza ha preso in considerazione l’ammissione della Georgia e dell’Ucraina. Putin ha sostenuto che l’ammissione di questi due Paesi alla Nato rappresenterebbe una “minaccia diretta” per la Russia. Un giornale russo ha riportato che Putin, parlando con Bush, “ha lasciato intendere in modo molto trasparente che se l’Ucraina fosse stata accettata nella NATO, avrebbe cessato di esistere”».
«L’invasione della Georgia da parte della Russia nell’agosto 2008 avrebbe dovuto fugare ogni dubbio sulla determinazione di Putin a impedire l’ingresso della Georgia e dell’Ucraina nella Nato. Il presidente georgiano Mikheil Saakashvili, profondamente impegnato a far entrare il suo Paese nella Nato, aveva deciso nell’estate del 2008 di reincorporare due regioni separate, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Ma Putin ha cercato di mantenere la Georgia debole e divisa, e fuori dalla Nato. Dopo lo scoppio dei combattimenti tra il governo georgiano e i separatisti dell’Ossezia del Sud, le forze russe hanno preso il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Mosca aveva chiarito il suo punto di vista. Tuttavia, nonostante questo chiaro avvertimento, la Nato non ha mai abbandonato l’obiettivo di portare la Georgia e l’Ucraina nell’alleanza. E l’espansione della Nato ha continuato a marciare in avanti, con l’adesione di Albania e Croazia nel 2009».
«L’ultimo strumento a disposizione dell’Occidente per allontanare Kiev da Mosca è stato l’impegno a diffondere i valori occidentali e a promuovere la democrazia in Ucraina e in altri Stati post-sovietici, un piano che spesso implica il finanziamento di individui e organizzazioni pro-occidentali. Victoria Nuland, assistente del Segretario di Stato americano per gli affari europei ed eurasiatici, ha stimato nel dicembre 2013 che gli Stati Uniti hanno investito più di 5 miliardi di dollari dal 1991 per aiutare l’Ucraina a raggiungere “il futuro che merita”. Quando i leader russi guardano all’ingegneria sociale occidentale in Ucraina, temono che il loro Paese possa essere il prossimo. Il triplice pacchetto di politiche dell’Occidente – l’allargamento della Nato, l’espansione dell’UE e la promozione della democrazia – ha alimentato un incendio».
«Putin ha poi esercitato una forte pressione sul nuovo governo di Kiev per scoraggiarlo a schierarsi con l’Occidente contro Mosca, chiarendo che avrebbe distrutto l’Ucraina come Stato funzionante prima di permettere che diventasse una roccaforte occidentale alle porte della Russia. A tal fine, ha fornito consiglieri, armi e supporto diplomatico ai separatisti russi nell’Ucraina orientale. Le azioni di Putin dovrebbero essere facili da comprendere. Un’enorme distesa di terra piatta che la Francia napoleonica, la Germania imperiale e la Germania nazista hanno attraversato per colpire la Russia stessa: l’Ucraina è uno Stato cuscinetto di enorme importanza strategica per la Russia. Washington può non gradire la posizione di Mosca, ma dovrebbe comprenderne la logica. Immaginate l’indignazione di Washington se la Cina costruisse un’alleanza militare di grande impatto e cercasse di includere Canada e Messico. Il diplomatico statunitense George Kennan ha articolato questa prospettiva in un’intervista del 1998, poco dopo che il Senato americano aveva approvato il primo ciclo di espansione della Nato. “Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto negativo e questo influenzerà le loro politiche”, ha detto. “Penso che sia un tragico errore. Non c’era alcun motivo per farlo. Nessuno stava minacciando nessun altro».
L’analisi di Foreign Affairs è premonitrice anche a proposito di un’eventuale invasione dell’Ucraina. «Circa 15 milioni di persone – un terzo della popolazione ucraina – vivono tra il fiume Dnieper, che divide in due il Paese, e il confine russo. La stragrande maggioranza vuole rimanere in Ucraina e si opporrebbe a un’occupazione russa. Inoltre, il mediocre esercito russo avrebbe poche possibilità di pacificare tutta l’Ucraina. Anche se la Russia vantasse una potente macchina militare e un’economia impressionante, non sarebbe in grado di occupare con successo l’Ucraina. Basta pensare alle esperienze sovietiche e statunitensi in Afghanistan, a quelle americane in Vietnam e in Iraq e a quella russa in Cecenia per ricordarsi che le occupazioni militari di solito finiscono male. Putin è sicuramente consapevole che cercare di sottomettere l’Ucraina sarebbe come ingoiare un porcospino».
E così avverrà, otto anni dopo. Tuttavia, una soluzione alla crisi ucraina esisteva, secondo Foreign Affairs. «Gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero abbandonare il loro piano di occidentalizzazione dell’Ucraina e puntare invece a farne un cuscinetto neutrale tra la Nato e la Russia, simile alla posizione dell’Austria durante la Guerra Fredda. I leader occidentali dovrebbero riconoscere che l’Ucraina è talmente importante per Putin da non poter sostenere un regime anti-russo in quel Paese. Ciò non significa che un futuro governo ucraino debba essere filorusso o anti-Nato. Al contrario, l’obiettivo dovrebbe essere un’Ucraina sovrana che non rientri né nella sfera della Russia né in quella dell’Occidente».
«Si sente anche affermare che l’Ucraina ha il diritto di determinare con chi vuole allearsi e che i russi non hanno il diritto di impedire a Kiev di unirsi all’Occidente. Ma diritti astratti come l’autodeterminazione sono in gran parte privi di significato quando gli Stati potenti si azzuffano con quelli più deboli. È nell’interesse dell’Ucraina comprendere questi fatti della vita e agire con cautela nei rapporti con il suo vicino più potente».

Da “Other News” del 17 ottobre 2022
Massimo Nava – Editorialista, Il Corriere della Sera

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