“Io sono la terra di tutti” (Gabrielli editore, pag 212, 18 euro, ‘22) di Giuseppe Deiana, il fecondo scrittore sardo-milanese di problemi di grande attualità, ha scritto un testo che cade in un momento del tutto denso delle questioni di cui tratta. Alla pandemia, alla crisi climatica con la nuova sensibilità diffusasi in materia, alla nuova rincorsa al riarmo nucleare si è aggiunta ora la guerra in Ucraina. Non che problemi non ce ne fossero all’inizio di questo difficile millennio (basti pensare all’esplosione della realtà dei migranti) ma la loro rapidità ed imprevedibilità hanno posto in poche settimane la necessità di una riflessione molto nuova a quanti guardano in ottica globale sul dove siamo e sul dove stiamo andando. Anche il sentire comune è stato penetrato da inquietudini e domande che fanno fatica però a diventare analisi compiute, ragionamenti problematici e volontà di superare la passività che fatti così enormi tendono a imporre e che spesso sono oggetto del vociare dell’ultimo demagogo populista.
Il libro di Deiana va nella direzione migliore, quella di chi ragiona, documenta, raccoglie sensibilità diffuse e riesce a essere concreto. Intendiamo la concretezza dell’utopia. Esso partecipa di quel filone di voci, tanto controcorrente quanto eticamente profetiche, che hanno nella Laudato SI’ e nella proposta della Costituente della terra i messaggi più importanti. Il punto di partenza è quello della interdipendenza tra i popoli, le economie, la salute, la povertà e la ricchezza, la violenza e l’intervento umanitario. Nella storia dell’umanità una situazione simile non è mai esistita. Ha ora un nome quello di globalizzazione, sfrenatamente diffusasi negli ultimi vent’anni ed ora costretta a mettere a nudo le sue ferite che pesano soprattutto sui più deboli (persone e popoli).Una risposta a questa situazione c’è stata e c’è. E’ quella di strutture internazionali di intervento, la gran parte di esse fanno capo all’ONU. Senza disconoscere la loro importanza, specialmente in tanti settori specifici, dopo un periodo ricco di promesse ed anche di realizzazioni, ora sono scoppiati i loro limiti. Il principale di essi è quello di essere impotentidi fronte ai conflitti non solo in armi; inoltre sono insufficienti le risorse e l’assetto di controllo uscito dalla seconda guerra mondiale è rimasto intatto. Insomma l’ONU non ce la fa e le prospettive di un suo rilancio non sono buone.
Il libro di Deiana ne prende atto e pensa che si debba avere il coraggio di proporre un’ idea per un futuro possibile di fronte alla crisi in corso. Che le idee riprendano a circolare, che si crei un’opinione di uomini e di donne forti che scavalchino le sofferenze del quotidiano e si facciano protagonisti , con lentezza e pazienza, di un nuovo circuito virtuoso nel pensiero e nell’azione. Ci sono dei grandi ispiratori. Si parte dal progetto per una pace universale di Immmanuel Kant, poi c’è il progetto per un’etica mondiale di Hans Kung, l’introduzione alla Dichiarazione del Parlamento delle religioni mondiali del 1993 fino alla Dichiarazione di Abu Dhabi. La Laudato SI’ è il fondamento etico e religioso per un nuovo costituzionalismo mondiale. L’associazione “Costituente Terra” è quella che ha parlato di questa utopia. Questo costituzionalismo deve intercettare le nuove vie del pacifismo, deve riconoscere la centralità dell’ecologia integrale, le dimensioni del lavoro, della salute, dell’economia , deve occuparsi della gestione dei flussi migratori , gestire la tecnologia dell’era digitale in modo onesto e utile alla generalità della popolazione. Insomma una Costituzione mondiale “espressione di un nuovo pensiero e di una nuova pedagogia ispirati al principio speranza”.
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