LE RELIGIONI IN COSTITUZIONE

Nella nuova situazione del mondo le culture e le fedi hanno assunto un nuovo ruolo non più riducibile alla sfera privata. Il rischio del proselitismo

Raniero La Valle

Nella nuova situazione del mondo le culture e le fedi hanno assunto un nuovo ruolo non più riducibile alla sfera privata. Il rischio del proselitismo

Raniero La Valle

Uno dei meriti del testo di Costituzione mondiale proposto da Luigi Ferrajoli è che, nel tentativo di tradurli in norme scritte, solleva problemi di grande portata su cui è bene tornare a riflettere, anche per ricollocarli nella nuova prospettiva generata dal mutare della situazione dopo l’avvento della globalizzazione. Del resto questo è il compito della nostra Scuola: non a caso quando all’inizio avanzammo l’idea di un  processo costituente per la realizzazione del bene comune di tutti gli abitanti del pianeta e la continuazione della storia uscendo dall’età dei genocidi, fu respinta dal basso la proposta di dar vita a un partito  e fu invece promossa una “scuola della Terra”.

Ora, tra i problemi maggiori nel passaggio da un costituzionalismo locale a un costituzionalismo  universale c’è quello del modo in cui devono essere pensate le religioni, nella loro grande varietà e in una fase, come questa, che anche per loro è di profonde trasformazioni. La risposta più tradizionale a tale problema, a partire da una lunga storia che  soprattutto in Occidente, è una storia di sovrapposizione e poi di conflitto tra Stato e Chiese, è quella che consiste  nel riconoscimento della libertà di pensiero e nell’affermazione della laicità, intesa come separazione se non antagonismo tra le due sfere.  In tale quadro sul piano individuale la libertà religiosa è concepita come libertà di ciascuno di professare il proprio credo religioso, e sul piano collettivo come libertà di culto e come libertà delle confessioni religiose di diffondere le proprie dottrine, cioè di attivare  un proselitismo che tuttavia sia  rispettoso delle altre confessioni e dei diritti di libertà di tutti; e questa è anche la soluzione adottata  nel progetto Ferrajoli.

In molte religioni sono però in corso processi di riforma, come nel cristianesimo a causa del Concilio celebrato nel secolo scorso dalla Chiesa cattolica e dell’ecumenismo in crescita  tra le diverse confessioni; ripensamenti sono in atto anche nell’Islam a causa degli episodi di terrorismo intestati al suo nome e della necessità di frenare la sua caduta nella spirale della guerra santa e della violenza; nell’ebraismo a sua volta  si pone il problema del suo assorbimento nello Stato di Israele; in più affiora oggi, come variante del secolarismo, una proposta di “post-teismo” che vorrebbe essere ancora “credente” e che si risolve invece piuttosto in un più spinto antropocentrismo. Ma la novità consiste anche nello sviluppo, a partire dal Novecento, del dialogo interreligioso, giunto al suo punto più avanzato nel 2019 nel documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi dal papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, volto a separare cristianesimo e islamismo da ogni forma di violenza religiosa e a promuovere la pace nel mondo e la convivenza comune; documento a cui poi si sono associati anche gli Ebrei.

Tutto ciò fa sì che la presa in carico della dimensione individuale della fede e la riduzione delle sue diverse espressioni collettive a sistemi concettuali e di pensiero, proprie della modernità, non sono più sufficienti a dare ragione del fenomeno religioso nel suo complesso in prospettiva mondiale. Nel caso del cattolicesimo il processo di conversione stimolato da papa Francesco spinge verso un ritorno al Vangelo, considera la missione “alle genti” come una semina e non come una raccolta, licenzia il proselitismo che è qualificato dal papa, in linguaggio corrente  come “una solenne sciocchezza”, e vede la Chiesa come ospedale da campo piuttosto che come unico porto di salvezza; la sua identità, come scrive nel suo recentissimo libro il gesuita Felice Scalia, non è più vista nella conoscenza, nel sapere, nella “dogmatizzazione della fede”, ma nella partecipazione fattiva all’evento Gesù” e nell’assunzione del travaglio del mondo; e a manifestare la presenza della Chiesa sono piuttosto oggi gli elemosinieri che allacciano la luce nelle case occupate, sono quelli che tendono la mano a tirar fuori con le ONG i naufraghi dal mare, sono le mense che distribuiscono il cibo agli affamati, sono le “caritas” che portano i barboni a visitare la cappella Sistina, o che fanno il conto delle guerre che, come ci dicono nel loro ultimo rapporto,  nel 2020. sono passate da 15 a 21 spinte da povertà, nazionalismi, lotte per le risorse, cambiamenti climatici.

Nel caso di questa come delle altre confessioni e religioni va affermata pertanto la libertà non solo di esprimere le proprie professioni di fede, ma di seguire i propri cammini e perseguire i propri compiti e missioni, che si tratti dei messianismi ebraici o cristiani, dell’osservanza della legge o delle opere di misericordia e dei combattimenti spirituali, senza riduzioni alla dimensione privata e senza costrizioni da parte degli Stati o identificazione con essi, nella reciproca autonomia e nella gestione non violenta degli eventuali conflitti. E insieme alle garanzie da instaurare nei confronti di integrismi, cinesizzazioni, ortodossie imposte e temporalismi, non si dovrà escludere che istituzioni, religiose o laiche, di educazione alla nonviolenza e alla solidarietà umana possano essere sostenute anche col concorso della fiscalità generale. E tutto ciò dovrà trovare la sua regola e formulazione giuridica in un costituzionalismo  di carattere universale.

Raniero La Valle

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