PERCHÉ LA RUSSIA NON PUÒ ESSERE PROCESSATA

Se la guerra è un crimine gli Stati Uniti non ne sono meno colpevoli, e vogliono continuare ad esserlo come la prima potenza militare del mondo, ma proprio per questo non accettano la competenza della Corte Penale Internazionale

Richard Falk

Se la guerra è un crimine gli Stati Uniti non ne sono meno colpevoli, e vogliono continuare ad esserlo come la prima potenza militare del mondo, ma proprio per questo non accettano la competenza della Corte Penale Internazionale

Richard Falk

In questi giorni negli Stati Uniti ci si interroga su come processare la Russia per crimini contro l’umanità. L’organismo deputato esiste già, ed è la Corte penale internazionale, alla quale gli Stati Uniti non hanno nessuna intenzione di aderire per timore di essere processati per i crimini da loro stessi commessi. In passato, come nel caso del Rwanda, avevano aiutato la Corte con mezzi finanziari, ma una successiva legge ne impedisce oggi qualsiasi contributo.
Da questa contraddizione prende le mosse Richard Falk, professore emerito di diritto internazionale all’Università di Princeton, già relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina, per allargare lo sguardo dal conflitto armato tra Russia e Ucraina al conflitto geopolitico tra Stati Uniti e Russia, nel quale “gli Stati Uniti sono l’aggressore tanto quanto nella guerra tradizionale lo è la Russia”.
Qui di seguito ampi stralci di un suo intervento su CounterPunch, pubblicato dal Blog di Piero Basso.

Senza dubbio in Ucraina sono state commesse atrocità, apparentemente da parte delle forze d’attacco russe, e in un mondo perfetto coloro che hanno agito in tal modo sarebbero ritenuti responsabili. Ma il mondo è molto imperfetto quando si tratta di responsabilità per i crimini internazionali. Quando la Corte penale internazionale (CPI) nel 2020 ha ritenuto di avere l’autorità per indagare sui presunti crimini commessi da Israele nella Palestina occupata, la decisione è stata definita “puro antisemitismo” dal primo ministro israeliano.
Allo stesso modo, quando la Corte Penale Internazionale ha concesso l’autorizzazione a indagare sui crimini commessi dagli Stati Uniti in Afghanistan, la decisione è stata dichiarata nulla perché gli Stati Uniti non hanno mai riconosciuto l’autorità della stessa CPI. La presidenza Trump è arrivata al punto di imporre sanzioni personali al pubblico ministero della CPI, presumibilmente per aver osato sfidare gli Stati Uniti in questo modo, anche se il suo comportamento era del tutto rispettoso del suo ruolo professionale e coerente con i pertinenti canoni della pratica giudiziaria.
[…] L’essenza del diritto è trattare gli eguali allo stesso modo, ma l’ordine mondiale non è così costituito. Nella realtà, c’è la “giustizia dei vincitori” che impone responsabilità alla leadership sconfitta ma esenta da ogni responsabilità i vincitori.
Oltre a ciò, la Carta delle Nazioni Unite è stata redatta in modi che hanno conferito uno status costituzionale all’impunità geopolitica garantendo ai vincitori della seconda guerra mondiale un diritto di veto incondizionato, e questo ovviamente include la Russia. Qui si vede come il realismo geopolitico celebri l’imposizione unilaterale della legalità, con l’ingenua speranza che le cose siano diverse in futuro. Da Norimberga in poi, gli attori geopolitici continuano a considerare le restrizioni al ricorso alla guerra come una questione discrezionale piuttosto che un obbligo.
Una domanda persistente è “perché l’Ucraina”? Ci sono stati altri eventi orribili nel periodo dalla fine della Guerra Fredda a oggi, tra cui Siria, Yemen, Afghanistan, Myanmar e Palestina, ma nessun clamore comparabile per la giustizia penale e l’azione punitiva. Certamente, una parte della spiegazione è che le vittime ucraine degli abusi sono bianche ed europee, e i media globali sono stati mobilitati efficacemente dall’Occidente e dalla relativa importanza internazionale accordata a Zelensky, il leader ucraino assediato che ha avuto un accesso senza precedenti sul proscenio dell’opinione pubblica mondiale. Non è che l’empatia per l’Ucraina o il sostegno alla resistenza nazionale di Zelensky siano fuori luogo, ma tutto sembra essere orchestrato in modi molto diversi da altre disperate situazioni nazionali. Questa enfatizzazione ha permesso alla NATO di rendere la guerra ucraina una questione che supera largamente l’Ucraina stesssa.
Si può comprendere meglio questa guerra se la si pone su due livelli: una guerra tradizionale tra le forze d’invasione della Russia e le forze di resistenza dell’Ucraina e contemporaneamente una guerra geopolitica tra gli Stati Uniti e la Russia. È il proseguimento di quest’ultima guerra che presenta il pericolo più grave per la pace mondiale, un pericolo che è stato in gran parte oscurato o valutato come una mera dimensione del confronto Russia/Ucraina. Biden ha costantemente usato una nota militarista e conflittuale nella guerra geopolitica, demonizzando Putin mentre trascura la diplomazia come un modo per fermare le uccisioni e le atrocità, permettendo in effetti alla guerra sul campo di continuare a causa della posta in gioco più alta della grande strategia. Se questa percezione dei due livelli con diverse priorità è corretta, allora diventa cruciale capire che nella guerra geopolitica gli Stati Uniti sono l’aggressore tanto quanto nella guerra tradizionale lo è la Russia.
Finora, la guerra geopolitica è stata condotta come una guerra di aggressione ideologica sostenuta da forniture di armi e sanzioni progettate per avere un grande effetto paralizzante sulla Russia. Questa tattica ha portato Putin a fare contro-minacce, compresi gli avvertimenti sulla volontà della Russia a determinate condizioni di ricorrere alle armi nucleari. Questa banalizzazione del pericolo nucleare è di per sé uno sviluppo minaccioso.
L’approccio statunitense, pur tenendo conto dei pericoli dell’escalation e adottando misure per evitare il coinvolgimento militare diretto per conto dell’Ucraina, non mostra alcuna fretta di porre fine ai combattimenti, apparentemente credendo che la Russia stia già soffrendo le conseguenze della grande sottovalutazione della volontà e della capacità dell’Ucraina di resistere, e sarà costretta a riconoscere un’umiliante sconfitta se la guerra continua, il che avrebbe il vantaggio strategico aggiuntivo di scoraggiare la Cina dall’allinearsi con la Russia in futuro.
Gli architetti occidentali di questa guerra geopolitica con la Russia sembrano valutare guadagni e perdite attraverso un’ottica militarista, essendo del tutto insensibili ai disastrosi effetti di ricadute economiche, particolarmente gravi in relazione alla sicurezza alimentare nelle condizioni già estremamente stressanti del Medio Oriente, dell’Africa, e Asia centrale. Come sostiene l’economista Fred Bergsten, anche la stabilità complessiva dell’economia mondiale è a grande rischio a meno che gli Stati Uniti e la Cina non si rendano conto che la loro cooperazione è l’unico freno a un crollo economico mondiale profondo, costoso e prolungato.
La guerra geopolitica distoglie anche l’attenzione dall’agenda urgente del cambiamento climatico, con indicatori di allerta globale che allarmano ulteriormente gli esperti di clima. Altre questioni di interesse globale, tra cui le migrazioni, la biodiversità, la povertà, l’apartheid vengono nuovamente relegate in secondo piano rispetto alle preoccupazioni umane e il gioco della roulette dell’Armageddon viene giocato senza tenere conto del benessere delle specie e della sopravvivenza, continuando la sua sconsideratezza iniziata il giorno in cui una bomba è stata sganciata su Hiroshima più di 75 anni fa.
In conclusione, la domanda “perché l’Ucraina?” chiede risposte. La risposta standard del razzismo inverso, dell’ipocrisia morale e del controllo narrativo occidentale non è sbagliata ma significativamente incompleta se non include la guerra geopolitica che, sebbene non sia ora direttamente responsabile della sofferenza ucraina, è da un’altra prospettiva più pericolosa e distruttiva di quella terribile guerra tradizionale.

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