ANCHE LA BUROCRAZIA UCCIDE

Per i migranti nel Mediterraneo il bilancio delle vittime nella seconda metà di settembre è
particolarmente pesante. L’Italia ci mette del suo frapponendo ogni ostacolo all’opera delle
organizzazioni umanitarie
Domenico Gallo

Il tema dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati mai come quest’anno è stato di drammatica attualità. Basti pensare che, nella seconda metà di settembre lungo la rotta dalla Libia all’Europa si sono verificate cinque stragi con almeno duecento morti. Dei cinque naufragi segnalati negli ultimi giorni, il più grave è avvenuto il 21 settembre e si è saputo solo il 26: 111 morti. «Solo 9 delle 120 persone sono vive, soccorse da un pescatore dopo giorni in mare. Con i sopravvissuti stiamo ricostruendo gli eventi. Serve assistenza medica urgente», ha scritto su TwitterAlarm Phone, precisando che fra le vittime c’è una coppia di genitori con i suoi quattro figli. Nella notte tra il 25 e 26 settembre 120 migranti riportati in Libia hanno riferito allo staff dell’agenzia Onu per le migrazioni che 15 persone sono annegate quando il loro gommone ha iniziato a sgonfiarsi, come confermato dal portavoce dell’OIM SafaMsehli.
Secondo l’Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR), poi, al 23 settembre 8.247 persone sono state registrate come intercettate in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica e riportate nei campi di prigionia dove sono esposti ad abusi di ogni genere.

Il 15 settembre, votando il rinnovo della missione Onu in Libia, il Consiglio di sicurezza ha espresso «grave preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria» e per la situazione «affrontata da migranti, rifugiati e sfollati interni, inclusa la loro esposizione alla violenza sessuale e di genere». Una preoccupazione a cui sono rimasti sordi tutti gli Stati dell’Unione Europea che hanno accettato la finzione della SAR libica che assegna alla cosiddetta Guardia costiera Libica, con i mezzi navali regalati ed equipaggiati dall’Italia, il compito di recuperare i naufraghi e ricondurli nei lager da dove sono fuggiti.
Per completare quest’operazione volta a rendere invalicabile per i profughi il Mediterraneo centrale, dopo che sono stati ritirati all’interno delle acque territoriali italiane tutti i mezzi navali in passato utilizzati per il salvataggio, si è proceduto a ostacolare in tutti i modi possibili l’intervento delle navi delle organizzazioni umanitarie. Il 20 settembre, dopo il fermo amministrativo della quinta nave umanitaria in cinque mesi, la Sea-Watch 4, Medici Senza Frontiere ha emesso un comunicato stampa in cui denuncia che: «ancora una volta un uso strumentale del diritto marittimo nasconde la decisione politica di impedire alle navi umanitarie di salvare vite in mare». Il comunicato prosegue affermando che: «durante la sua prima missione, la Sea-Watch 4 ha soccorso 354 persone. Tra loro, 227 uomini insieme a 98 minori non accompagnati, famiglie, donne che viaggiavano sole, persone con disabilità, donne incinte e bambini, il più piccolo di meno di due anni. Il team medico di MSF a bordo ha fornito 551 consultazioni, trattando molte persone per intossicazione ed esposizione al carburante, causate dai fumi della miscela usata per alimentare i motori e dal mix corrosivo di gasolio e acqua salata. La Sea-Watch 4 ha preso il mare per la totale assenza di capacità di ricerca e soccorso guidata dagli Stati lungo il confine marittimo più letale al mondo: MSF e le altre organizzazioni stanno solo cercando di riempire il pericoloso vuoto lasciato dagli stati europei. […] Le ispezioni a bordo delle navi umanitarie sono diventate un modo per bloccare le attività di ricerca e soccorso. Ogni volta che una di queste navi entra in un porto italiano, viene sottoposta a un controllo lungo e meticoloso fino a quando non vengono evidenziate irregolarità. […] Ci accusano di salvare “sistematicamente” persone, fino a contestare il numero eccessivo di giubbotti di salvataggio a bordo. […] Le autorità italiane provano a fermare le organizzazioni umanitarie ‒ che cercano solo di salvare vite in mare come richiesto dal diritto marittimo internazionale ‒ mentre disattendono i loro stessi obblighi di soccorso, con l’assenso se non il pieno appoggio degli Stati Europei. […] L’Italia e gli Stati membri dell’UE stanno sistematicamente ignorando il loro dovere legale e morale di salvare vite umane, scegliendo invece di imporre strumentalmente misure burocratiche e amministrative per fermare un’altra nave umanitaria. Questa decisione di compromettere ulteriormente la già limitata capacità di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale avrà conseguenze devastanti per chi in mare avrà bisogno di assistenza e porterà inevitabilmente a un maggior numero di vittime».

Questa previsione ha trovato immediata attuazione con i cinque naufragi e le duecento vittime della settimana successiva.

È in questo contesto che si è aperto a Catania il processo all’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini per l’illegittimo trattenimento a bordo dei naufraghi recuperati dalla nave Gregoretti della Guardia costiera italiana. Nell’occasione la Lega, con il sostegno di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, ha convocato una tre giorni di manifestazioni a sostegno di Salvini che, a detta di Giorgia Meloni: «ha fatto quello che la maggior parte degli italiani chiedeva: difendere i confini nazionali».

Non possiamo prevedere che sviluppi avrà il processo, però sappiamo che la profezia nera di Salvini si sta realizzando, il disprezzo per la vita e i diritti fondamentali del popolo dei migranti e rifugiati è diventato sentire comune e orienta i comportamenti pubblici e privati creando un mare di indifferenza nel quale annega, assieme ai profughi, quel che resta della nostra umanità.

Domenico Gallo

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