La Terra, i Popoli, gli Stati

Il fascino delle discussioni da fare.  Un pianeta vivente? Quale il posto dei popoli in una Federazione di Stati? La questione antropologica evocata. Nota sull’articolo di Azzariti

La pubblicazione in un suo libro e sul nostro sito del progetto Ferrajoli di una Costituzione della Terra, “L’umanità al bivio” ci permette di sviluppare il dibattito non solo sulle idee generali ma anche sui possibili contenuti specifici di un testo costituente.
Il progetto Ferrajoli che, come dice la nostra Newsletter, “farà storia” se si arriverà a dare al mondo un ordinamento costituzionale, è un contributo prezioso a questa impresa per il suo impianto complessivo, la chiarezza, la coerenza e per l’assunzione, accanto al tema dei diritti e dei limiti ai poteri, dei temi relativi ai beni fondamentali, ai beni illeciti, al demanio planetario, alle tassazioni globali, alle prestazioni sociali. Né vale la riserva avanzata da Gaetano Azzariti sul Manifesto del 21 gennaio, secondo il quale una Carta della Terra non può funzionare se sono in crisi le Costituzioni nazionali, perché il progetto Ferrajoli è appunto impostato sulla sussidiarietà, per cui le istituzioni globali intervengono quando le attuazioni locali sono inesistenti o inefficaci, come è previsto per le istituzioni di garanzia primaria e secondaria. E quanto alla necessità di un soggetto costituente planetario, quello di far emergere un “popolo della Terra” è per l’appunto l’obiettivo primario del nostro programma, ed è “al popolo della Terra” nella varietà delle sue espressioni “e a nessun altro” che il progetto in questione attribuisce la sovranità. Del resto alla tesi che solo un costituzionalismo locale attuato dagli Stati possa essere veramente efficace si trova già risposta nel libro di Ferrajoli dove si mostra come il costituzionalismo planetario sia non solo un allargamento, ma un inveramento e l’attuazione oggi necessaria delle Costituzioni nazionali.
Il progetto proposto da Ferrajoli pone peraltro delle questioni incandescenti che sono state fin qui, e meritano di esserlo ancora, oggetto di un dibattito appassionato. Vorrei cominciare a indicarne qualcuna per avviare una discussione che qui e altrove dovrà continuare.
Una prima questione è quella di identificare la realtà e i soggetti di cui questa Costituzione dovrebbe essere la regola: è quello che fa la Costituzione italiana all’art. 1 quando dice che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e che “la sovranità appartiene al popolo”. Qui per noi invece è la Terra (cosa finora inaudita per una Costituzione) che nel progetto che stiamo discutendo è definita come “un pianeta vivente” che “appartiene come casa comune a tutti gli esseri viventi: agli esseri umani, agli animali e alle piante”, come anche alle generazioni future. Invece nel “possibile incipit” di una Costituzione della Terra, messo in esergo di questa sezione “Il processo costituente” del nostro sito, si dice che “la Terra è una perla dell’universo in cui si svolge la storia dei nati da donna”. Certamente la Terra è la “casa comune” di tutti gli esseri viventi, ma si può dire che essa stessa è vivente? Si può considerare un’espressione retorica, come lo stesso Ferrajoli dice della maternità attribuita alla Terra dalla Costituzione equadoriana, ma mentre tutti sanno che la Terra non è “una perla”, altri credono davvero che la Terra sia una “madre” titolare di veri diritti. Se posso andare ai ricordi dell’infanzia, dirò che io abitavo in una casa a Roma che sulla facciata recava la scritta: “Pax huic domui et omnibus habitantibus in ea”. Vi abitava anche un carabiniere che sarebbe stato un martire delle Fosse Ardeatine, Genserico Fontana, a cui oggi è dedicata una lapide, e dunque c’era pure un pezzo di storia. Senza dubbio si può dire che quella casa fosse abitata anche dagli animali domestici e forse dalle piante, anch’essi viventi, ma si può dire che quella casa fosse essa stessa vivente? E quanto agli animali e alle piante si può dire che non solo la abitano, ma che a loro “appartiene” la Terra, come a soggetti capaci di agire? Certo è una domanda che nasce dall’esigenza di superare un antropocentrismo invasivo e devastante, ma essa apre una questione antropologica, che non è necessario porre all’inizio di un processo già così difficile. Fa problema assimilare gli esseri umani agli altri viventi, quando sono miliardi sulla Terra le persone che seguono le religioni monoteiste e credono che l’uomo e la donna siano a immagine e somiglianza di Dio, e sono molti a cantarli nei Salmi come “poco meno degli angeli”. Perciò preferirei la dizione del nostro sito, ugualmente lusinghiera per la Terra ma più innocua, e invece che “appartenente” preferirei che la si dicesse abitata, come casa comune, anche dagli animali e dalle piante.
Altra questione che si pone all’inizio del processo è quella dell’ordinamento che si dovrebbe instaurare. Nel progetto in esame è previsto come una Federazione della Terra, il che vuol dire un’unione tra diversi, cosa assai opportuna per escludere che sia ipotizzato un governo globale del mondo e il suo popolo secondo un’unica identità. Però la Federazione proposta, anche per il modo della sua fondazione da parte dell’Assemblea dell’ONU, appare come una Federazione di Stati, anche se lo stesso progetto si riferisce in più punti ai popoli, .visti come uguali in dignità e diritti, salvaguardati nella loro identità, aventi il diritto all’autodeterminazione e tutti insieme, come abbiamo detto, detentori della sovranità. A meno che non si identifichino i popoli con gli Stati, nasce il problema della duplice soggettività, dei popoli e degli Stati che oggi si sovrappongono tra loro, ma non sono coincidenti, e molti sono popoli senza Stato, o di esso privati, come ad esempio i Palestinesi, i Curdi, gli Ogadeni, i Sahrawi, altri “Popoli Non Rappresentati”. Il riferimento ai popoli allude quindi a una novità, quello agli Stati allude all’esistente, ma proprio questo è il modello da superare, se nella prospettiva della mondialità non si vuole cadere in ostaggio di quei “lupi artificiali” che, come spesso dice Ferrajoli ricordando Hobbes, sono gli Stati.
Come articolare la rappresentanza degli uni e degli altri nell’Assemblea generale, come imputare loro i rispettivi poteri, come evitare che si inneschi un processo di frammentazione, piuttosto che di unione e di fraternità, mentre le guerre tra i popoli sono peggiori di quelle tra gli Stati? Si potrebbe ad esempio prevedere in Costituzione o previamente o contestualmente ad essa una “Helsinki” universale, sull’esempio di ciò che si fece in Europa per disinnescare le cariche esplosive della guerra fredda, e stabilire l’intangibilità dei confini esistenti, e ciò a meno di un consenso tra le parti coinvolte, onde scongiurare sia i conflitti sia l’ingessatura di situazioni di dominio e di oppressione. Si tratta di una cosa assai difficile ma come scrive Ferrajoli nel suo libro il progetto proposto presenta “un modello limite, per così dire ideale e regolativo, di Costituzione”, che comporta “il carattere radicale e all’apparenza utopistico di molte sue norme,” rispondenti al dover essere di una sfera pubblica all’altezza delle sfide e delle emergenze globali, prima fra tutte la pace e la giustizia per tutti i popoli.
Di altre questioni egualmente rilevanti potremo parlare un’altra volta, ma già queste mi sembrano, al di là delle risposte che su di esse possono essere date, tali da mostrare tutto il fascino delle discussioni e del processo che abbiamo avviato e delle proposte avanzate nel progetto Ferrajoli perché abbia un futuro “L’umanità al bivio”.

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