L’invasione dell’Ucraina sta sollevando un dilemma per quei progressisti negli Stati Uniti che sono solidali con il popolo ucraino, credono che l’invasione sia nefasta e inaccettabile e vorrebbero fermare le azioni della Russia, ma mettono in dubbio che gli Stati Uniti possano intervenire in un modo che in definitiva sia buono e non dannoso.
In particolare, ci troviamo di fronte alla questione se sostenere le sanzioni economiche contro la Russia. Quelli di noi che si pongono questa domanda hanno ragione di essere scettici. Se mai ci fosse stata una speranza che sanzioni restrittive contro il presidente Vladimir Putin e altri individui dell’oligarchia russa potessero risparmiare la gente comune, la possibilità di un simile approccio è rapidamente svanita. Nei giorni immediatamente successivi all’inizio dell’invasione, gli Stati Uniti si sono coordinati con l’Unione Europea, il Giappone e il Canada per irrogare sanzioni alla Banca centrale russa ed escludere le banche russe da SWIFT, il principale sistema mondiale di comunicazione interbancaria e di cambiovaluta. Il risultato è stato un crollo del rublo. La gente fa la fila agli sportelli bancomat e alle banche nelle città russe perché perde l’accesso ai contanti e vede i suoi risparmi minacciati dall’oggi al domani.
Naturalmente non i più potenti saranno i più danneggiati, ma coloro che in Russia hanno meno risorse per sopravvivere,.
Questo era del tutto prevedibile. Come Bill Browder, finanziere con sede a Londra e attivista contro il governo di Putin ha detto sull’interdizione della Russia da SWIFT: “Questo è ciò che è stato fatto contro l’Iran. E in pratica riporta economicamente indietro al Medioevo qualsiasi Paese che sia disconnesso”.
L’impatto sull’Iran a cui Browder si riferisce è stato in realtà disastroso. Intese apparentemente a prendere di mira il regime del Paese per attività nefaste, le sanzioni statunitensi hanno portato a un tale isolamento dell’economia iraniana che la valuta è crollata. Le sanzioni hanno avuto un impatto particolare sull’assistenza sanitaria iraniana, minando gravemente la capacità del Paese di rispondere alla pandemia di COVID-19 e provocando carenze di medicinali e forniture mediche, in particolare per le persone con malattie rare. In altre parole, sono i più vulnerabili che hanno sofferto di più.
L’esperienza dell’impatto delle sanzioni americane nel mondo è importante, soprattutto perché Washington e altre capitali occidentali propongono le sanzioni come alternativa alla guerra. Dovremmo invece interpretarle come un’arma di guerra. Il loro impatto devastante si traduce in una sofferenza diffusa che può essere più silenziosa o meno visibile alla maggior parte degli americani rispetto a un’invasione o a un attacco aereo, ma non è meno mortale.
Inoltre, gli Stati Uniti hanno avuto la tendenza a combinare una politica di sanzioni con operazioni militari, in particolare in Iraq e Iran. Gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq nel 1991 e imposto sanzioni economiche, per poi invadere nuovamente il Paese nel 2003. Gli Stati Uniti hanno bombardato l’Iraq a più riprese tra le invasioni mantenendo le sanzioni, che hanno portato alla malnutrizione di centinaia di migliaia di bambini, promosso focolai di malattie infettive e hanno avuto un impatto sproporzionato sulle persone con disabilità. E quando Donald Trump ha scatenato le sue sanzioni per una “massima pressione” sull’Iran, lo ha fatto piazzando portaerei al largo delle coste iraniane e minacciando ripetutamente attacchi aerei.
Washington e altre capitali occidentali adottano sanzioni come se fossero alternative alla guerra. Dovremmo invece riconoscerle come una forma di guerra.
Il fatto è che le sanzioni contro l’Iraq in passato, contro l’Iran poi, e forse quelle contro la Russia oggi, sono state progettate per infliggere danni alle popolazioni di quei Paesi con l’obiettivo di “cambiare regime”. Il termine sterilizzato si riferisce alle azioni di un governo per cambiare chi è al potere in un altro Paese. Gli Stati Uniti usano le sanzioni economiche per produrre un livello di miseria nei luoghi che prendono di mira al fine di fomentare disordini. Non solo questo è profondamente antidemocratico, ma è anche storicamente inefficace. Gli Stati Uniti ad esempio hanno mantenuto le sanzioni economiche contro Cuba, dal 1960 in poi, in seguito alla vittoria della Rivoluzione del 1959 in quel Paese. Ebbene il governo che è salito al potere grazie alla Rivoluzione Cubana è rimasto fino ad oggi, ma generazioni di cubani hanno sofferto a causa dell’embargo statunitense.
È probabile che le sanzioni economiche puniscano le persone comuni in Russia per le cattive azioni del loro leader. Ma c’è un ulteriore pericolo che ha un impatto più ampio e duraturo: che gli Stati Uniti e i loro alleati colgano l’opportunità di utilizzare le sanzioni in risposta all’invasione di Putin per rilegittimare l’uso delle sanzioni in generale. Se la politica delle sanzioni troverà così una nuova conferma, gli Stati Uniti continueranno a dispiegarla contro altri Paesi la maggior parte dei quali però avrà meno risorse della Russia per mitigarne gli effetti.
Ha senso che quanti vogliono un mondo più giusto possano sentirsi spinti a sostenere le sanzioni statunitensi contro la Russia nella speranza che costringano a moderare l’aggressione di Putin. Sfortunatamente, gli esempi storici e attuali delle misure sanzionatorie statunitensi – così come il tipo di sanzioni e il loro impatto che stanno prendendo forma nelle risposte occidentali all’invasione di Mosca – ci obbligano ad assumere una posizione fondamentalmente critica nei confronti dell’uso di tali sanzioni da parte di Washington, piuttosto che portarci a credere che esse andranno a beneficio del popolo ucraino e della causa della pace.
Siamo invece chiamati a trovare i nostri modi per esprimere solidarietà agli ucraini e ad essere chiari nel chiedere che le nostre simpatie non siano manipolate per costruire il militarismo degli Stati Uniti e della NATO, un risultato che produrrà solo più difficoltà . In effetti, se vogliamo che gli Stati Uniti rispondano alla crisi nell’Europa orientale, dovremmo chiedere la smilitarizzazione del continente da parte degli Stati Uniti e della NATO. Non c’è assolutamente alcuna giustificazione per le azioni di Putin contro l’Ucraina. Ma si dà il caso che gli Stati Uniti mantengano armi nucleari in tutto il continente e abbiano fomentato la militarizzazione dell’Europa orientale in particolare negli ultimi anni. Ciò contempla anche l’apertura di una nuova base navale in Polonia, dove sarà installato un sistema missilistico della NATO. Tale militarismo acuisce le tensioni. Proprio adesso. Quando alziamo la nostra voce di protesta, possiamo ispirarci all’espressione del dissenso nelle città russe contro la guerra e in solidarietà con gli ucraini. Ma la nostra vera sfida è costruire proteste che siano solidali con coloro che affrontano la violenza della guerra e siano indipendenti – e ribelli – rispetto ai poteri da cui siamo governati.
Le sanzioni non sono “nonviolente”
Centinaia di migliaia di bambini malnutriti, malattie infettive e disabilità per le sanzioni in Iraq. Il pericolo che Stati Uniti e loro alleati approfittino delle attuali sanzioni per rilegittimarle in generale
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