Newsletter n. 111 del 5 aprile 2023 – LA NOTTE SEMPRE PIÙ FONDA

Cari amici, Parafrasando il grido di Isaia, “Sentinella, quanto resta della notte?” che Giuseppe Dossetti riprese in un celebre discorso per la commemorazione di Giuseppe Lazzati, dobbiamo dire: a che […]

Cari amici,

Parafrasando il grido di Isaia, “Sentinella, quanto resta della notte?” che Giuseppe Dossetti riprese in un celebre discorso per la commemorazione di Giuseppe Lazzati, dobbiamo dire: a che punto è la notte?, la notte  nella quale siamo sprofondati con questa guerra in Europa e in Ucraina.
Si aggiunge infatti tragedia a tragedia. Città distrutte, centinaia di migliaia di soldati caduti, civili uccisi. Respinto, senza nemmeno una lettura, il piano di pace della Cina. E non bastava l’annuncio da parte della Gran Bretagna dell’invio di armi ad uranio impoverito che contamineranno il Donbass per migliaia di anni, e ne deturperanno fisicamente la popolazione eventualmente  liberata: martedì scorso la Finlandia è entrata nella NATO, e la Russia ha annunciato adeguate contromisure sulla sua frontiera  occidentale; intanto a san Pietroburgo una statuetta imbottita di tritolo fa saltare in aria un certo Tatarsky nella sala dove egli teneva una conferenza, e non si sa se i mandanti siano gli ucraini o  russi dissidenti. E  vengono anche alla luce i piani  dell’Ucraina per la riconquista della Crimea, compresa la base navale russa di Sebastopoli e previa distruzione del ponte che unisce la Russia alla Crimea, un ponte di 16 chilometri, il più lungo d’Europa da poco costruito, piani che potrebbero  attuarsi però solo attraverso una completa disfatta della Russia;  progetto peraltro approvato e incoraggiato dagli Stati Uniti (il New York Times scrive che “sono entusiasti” di aiutare la Crimea a farlo) i quali appunto per  annientare la Russia stanno sostenendo e prolungando la guerra in Europa.
Così per il Donbass e per la Crimea combattono due sanguinosi nazionalismi, quello russo e quello ucraino; ma per l’egemonia sul mondo intero si scontrano tre Imperi:  sono solo due, secondo il Corriere della Sera, e sono la Russia e la Cina, che però Imperi  ancora non lo sono, essi sono infatti  ancora lontani dal dominare il mondo; ma il terzo, gli Stati Uniti  (e il Corriere lo tace) lo è già, avendo fatto guerre e colpi di Stato in tutta la terra, e avendo stabilito basi militari in tutti i continenti.
La tragedia diventa ancora più severa per il coinvolgimento delle Chiese. Zelensky arriva  a mandare agli arresti domiciliari il metropolita Pavel  del monastero ortodosso delle Grotte e  a mettergli un braccialetto elettronico ad una caviglia, sotto l’accusa di collaborare con la Russia; e ciò equivale all’accusa di esistere come Chiesa, perché il metropolita arrestato appartiene alla Chiesa rimasta in comunione con Mosca, a differenza della Chiesa autocefala che si è separata da quel Patriarcato per divenire la Chiesa nazionale ucraina. D’altra parte il patriarca russo  Kirill ha dato all’Ucraina il pretesto dello scisma e a Zelensky l’alibi per arrestare  Pavel,  avendo sposato la politica di Putin e facendosi, come ha detto col suo vivido linguaggio papa Francesco, chierico di Stato e addirittura “chierichetto di Putin”, suscitando del patriarca moscovita le ire. Così la guerra ha portato una divisione anche tra le Chiese, e in Ucraina si è tornati ai fasti della “Chiesa del silenzio” di sovietica memoria.
Dunque questa notte non accenna a finire, anzi diventa sempre più fonda, una a una si spengono le stelle del cielo e le costellazioni spariscono tra le nubi; si dice con Kant che la guerra è secondo natura e la pace un artificio, ma nessuno  mette in atto questo artificio. Basta leggere i giornali: i  cuori si sono induriti, e  non è solo una questione di cuore; è che anche le menti si sono perdute, e i linguaggi, e le politiche, mentre a decidere sono rimaste le armi.
Settantamila persone, però, hanno ascoltato la domenica delle Palme l’omelia del Papa in piazza san Pietro e in via della Conciliazione; e Francesco ha fatto un discorso struggente, perché   ha evocato l’abbandono di Dio e l’abbandono di cui ci rendiamo responsabili anche noi. Ma il vero abbandono è che abbiamo ricusato ogni giustizia, perfino quella che noi stessi avevamo proclamato nelle nostre Costituzioni, che vengono tradite ogni giorno, e invece di ripudiare la guerra abbiamo ripudiato la pace.

Nel sito pubblichiamo un articolo di Domenico Gallo sul piano di pace cinese.

Con i più cordiali saluti

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