Per uno “stato della città di Sion”

Nella prospettiva di una riconciliazione tra ebrei e palestinesi in uno Stato pluralista, un punto di svolta potrebbe essere la creazione, all’interno di Gerusalemme capitale dello Stato di Israele, di un centro extraterritoriale mondiale delle tre religioni monoteiste

Pubblichiamo un capitolo del libro “Gaza delle Genti. Israele contro Israele” edito dalla casa editrice Bordeaux:

Se lo Stato d’Israele guadagna la sua autonomia, la nuova generazione di Israeliani, i giovani di Tel Aviv e delle Università, delle discoteche e dei rave, non avranno la propria vita e i propri sogni notturni gravati dal peso di essere figli di uno sterminio, il cui retaggio è già oggi assente in molti di loro. E la fedeltà alla Shoah, il vincolo a farsi degni della grandezza della sua memoria non ricadrà più solo sullo Stato, sulle sue classi dirigenti, sui suoi governi, sul suo esercito, sui suoi Servizi, ma starà in mano, come già tutta la storia di Israele, al popolo ebreo della Diaspora.

Lo Stato potrà allora seguire il suo genio e commettere i suoi errori, sbagliare anche la sua giustizia, senza la costrizione di un riflesso condizionato e senza sottrarsi ai rapporti di parità e al libero giudizio degli altri Stati, e i nati in Israele potranno costruirsi la loro identità, e gli orrori passati non potranno più essere interpretati come un appello all’odio, come temeva Yehuda Elkana.

C’è però un problema. Ed è che in tal modo gli Ebrei presenti in tutto il mondo sarebbero privi di una rappresentanza globale, di un centro di riferimento spirituale e istituzionale.

Ma a questo punto potremmo attivare la dinamica evocata nel libro biblico di Gioele: «i vostri anziani avranno sogni e i giovani avranno visioni». Noi abbiamo dunque il titolo per avere un sogno, un sogno diurno, in posizione eretta, che però è anche una visione, perché nell’anziano c’è anche il giovane che era. Il sogno e la visione sono questi, che si istituisca un’Autorità mondiale della Diaspora, una sorta di vertice rabbinico mondiale, che dia stabilità e continuità a una espressione planetaria dell’ebraismo, come presagito in esperienze del passato, quale la conferenza rabbinica mondiale del 2010, e come accade per altre confessioni religiose e in particolare per la Chiesa cattolica.

Si potrebbe allora pensare a un’area extraterritoriale di Gerusalemme, dalla Spianata delle moschee al Muro del pianto al Calvario, nella quale si incontrino, ognuna nella forma da ciascuna prescelta, la religione ebraica, le diverse confessioni cristiane e un’espressione rappresentativa della Umma islamica, i tre grandi filoni del monoteismo religioso, tutti e tre idealmente risalenti ad Abramo, il semita errante che lavò i piedi ai tre Personaggi, Angeli o Trinità divina che fossero, venuti alla sua tenda presso le querce di Mamre. Potrebbe diventare questa lo Stato della Città di Sion, Città aperta e libera all’interno dello Stato ormai non più confessionale di Israele, l’una e l’altro garantiti da rapporti concordati tra loro. Israele, o Palestina, con capitale Gerusalemme, sarebbe lo Stato dei due popoli, l’ebreo e il palestinese, e lo Stato della Città di Sion (SCS) sarebbe il luogo del dialogo e della comunione fra le tre fedi e la pluralità delle loro culture, germe e presagio dell’unità dell’intero genere umano. Ce ne sono già i documenti fondativi, come la profezia di Michea (4), secondo la quale

«Verranno molte genti e diranno: “Venite, saliamo sul monte del Signore e al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra molti popoli e arbitro fra genti potenti, fino alle più lontane. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite e sotto il fico e 115 più nessuno li spaventerà! Tutti gli altri popoli camminino pure ognuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del Signore, nostro Dio, in eterno e per sempre».

E c’è il documento islamo-cristiano firmato da papa Francesco e dall’Imam Aḥmad alṬayyib ad Abu Dhabi:

«In nome di Dio, Al-Azhar al-Sharif (l’Università islamica del Cairo) – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente – dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio […].

Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di 116 usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.

La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano»

Se è Dio stesso a volere una pluralità di religioni, nessuna può dichiarare infedele l’altra, e tutte possono incontrarsi in pace a Gerusalemme, la Gerusalemme delle Genti, figura della Gerusalemme nuova, che scende dal cielo, annunziata dai profeti.

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