PERFINO ISRAELIANI SI AUGURANO UNA CONDANNA DELL’AJA

Israele deve essere salvato da se stesso, mentre è accusato di apartheid e genocidio

Gideon Levy

Chi vede l’inutile prosecuzione della guerra e le dimensioni delle uccisioni e delle distruzioni nella Striscia di Gaza, chi vuole porre fine alle sofferenze disumane di oltre due milioni di esseri umani deve sperare, anche se solo nel profondo del cuore, che la Corte internazionale di giustizia dell’Aia emetterà un provvedimento provvisorio ordinando la sospensione delle operazioni militari israeliane nella Striscia.

Non è facile per un israeliano desiderare un’ordinanza della Corte contro il proprio paese che possa anche portare a misure punitive nei suoi confronti, ma esiste un altro modo per fermare la guerra?

Non è facile sapere che il tuo Stato viene citato in giudizio da uno Stato che sa una o due cose sui regimi ingiusti e sul male, il cui leader fondatore è stato un modello morale per il mondo intero. Non è facile farsi portare davanti alla Corte internazionale dal Sudafrica; non è facile essere accusati di un genocidio presumibilmente commesso da uno Stato fondato sulle ceneri del più grande genocidio della storia.

Non è più possibile ignorare il fatto che sulla testa di Israele aleggiano i sospetti dei peggiori crimini contro l’umanità e contro il diritto internazionale. La gente ha smesso di parlare di occupazione; parlano di apartheid, di trasferimento involontario di popolazione, di pulizia etnica e di genocidio. Cosa potrebbe esserci di più eclatante di questi? Sembra che oggi non ci sia nessun altro Stato accusato di tutti questi reati.

Queste accuse non possono essere respinte a priori, né attribuite all’antisemitismo. Anche se alcune di esse sono esagerate e perfino infondate, l’indifferenza con cui vengono accolti qui – e, come sempre, rivolte contro l’accusatore – potrebbe essere una buona strada verso la negazione e la repressione, ma non per riabilitare il nome di Israele, molto di più. meno alla riparazione e alla guarigione del paese.

Più di 20.000 morti in tre mesi, tra cui migliaia di bambini, e la distruzione totale di interi quartieri, non possono che far sorgere il sospetto di genocidio. Le incredibili dichiarazioni di importanti personalità israeliane sulla necessità di ripulire la Striscia dai suoi abitanti o addirittura di distruggerli fanno sorgere il sospetto che si intenda effettuare una pulizia etnica. Israele merita di essere processato per entrambi.

Israele non è entrato in guerra per commettere un genocidio – su questo non c’è dubbio – ma lo sta commettendo di fatto, anche senza volerlo. Ogni giorno che passa in questa guerra, con le sue centinaia di morti, rafforza il sospetto. All’Aia bisognerà dimostrare l’intenzione, ed è possibile che ciò non avvenga. Questo esonera Israele? Più fondato è il sospetto che si tratti di piani di pulizia etnica, di cui per ora non si parlerà all’Aia. Qui l’intenzione è aperta e dichiarata. La linea di difesa di Israele, secondo la quale i suoi ministri più anziani non rappresentano il governo, è ridicola. È improbabile che qualcuno la prenda sul serio.

Se il pro-trasferimento Bezalel Smotrich[1] non rappresenta il governo, cosa ci fa al suo interno? Se Benjamin Netanyahu non ha licenziato Itamar Ben-Gvir, come può il primo ministro essere irreprensibile? Ma è l’atmosfera generale in Israele che dovrebbe preoccuparci ancora più di quanto sta accadendo all’Aia. Lo spirito del tempo punta ad un’ampia legittimità per commettere crimini di guerra. La pulizia etnica di Gaza e poi della Cisgiordania è già argomento di dibattito. L’uccisione di massa dei residenti di Gaza non è nemmeno un tema nel discorso israeliano.

Il problema di Gaza è nato da Israele nel 1948 quando espulse centinaia di migliaia di persone nel territorio in quella che fu certamente una completa pulizia etnica del sud di Israele: chiedi a Yigal Allon[2]. Israele non si è mai assunto la responsabilità di ciò. Adesso i membri del gabinetto chiedono che il lavoro venga portato a termine anche nella Striscia.

Il modo disgustoso in cui viene affrontata la questione del “giorno dopo” – la cosa principale è che Israele deciderà cosa e chi sarà a Gaza – dimostra solo che lo spirito del 1948 non è morto. Questo è ciò che Israele fece allora, ed è ciò che vuole fare ancora. La Corte internazionale di giustizia deciderà se ciò è sufficiente per una condanna per genocidio o altri crimini di guerra. Dal punto di vista della coscienza, la risposta è già stata data.

Gideon Levy[3]

Articolo pubblicato il 7 gennaio 2024 sul quotidiano israeliano “Haaretz” e riportato su: www.viandanti.org

https://www.haaretz.com/opinion/2024-01-07/ty-articleopinion/.premium/israelis-should-hope-that-the-icj-issue-measures-to-stopthe-military-operation-in-gaza/0000018c-dfc4-ddba-abad-dfe551fc0000

[1] Bezalel Yoel Smotrich è un avvocato e politico israeliano, membro della Knesset, leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra. Ministro delle Finanze nel governo Netanyahu VI dal dicembre 2022, è stato Ministro dei Trasporti dal 2019 al 2020

[2] Yigal Allon è stato un politico e generale israeliano, già comandante del Palmach e generale delle Forze di difesa israeliane. Durante la guerra arabo-israeliana del 1948 condusse alcune fra le più importanti operazioni belliche, su tutti e tre i fronti, inclusa l’Operazione Danny, l’Operazione Yoav e l’Operazione Horev. Il suo ultimo incarico militare fu quello di comandare il Fronte meridionale. Operazioni che garantirono agli israeliani il controllo dell’intero deserto del Negev per l’assegnazione del quale l’ONU non era riuscita ad esprimersi. La disfatta dell’esercito egiziano e la conquista di Be’er Sheva e di Eilat fecero di Yigal Allon uno degli uomini che hanno maggiormente contribuito a tracciare le linee armistiziali e le frontiere d’Israele.

[3] Gideon Levy è un giornalista israeliano. Dal 1982 scrive per il quotidiano israeliano “Haaretz” e dal 2010 anche per il settimanale italiano “Internazionale”.

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